Gridone (2188 m), via Rescerasca, Pianoni, Cruit.
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Paura della Morte.
Cammino in montagna perché ho paura di morire.
Ho paura per i miei cari, quelli anziani, quelli ammalati. Quelli che non possono più camminare liberi per le montagne.
Ho paura quando finisce l' estate, specialmente questa, così solare, calda, afosa, un estate "vera", finalmente! dopo molte così così. Ho paura non torni più la primavera.
Estate? chiedete a qualsiasi bambino, e proprio come questa appena finita la descriverebbe: "Sole brucia, caldo non respiro più, bagni nel lago, nel fiume, metti il cappellino, spalmati di crema solare, apri l' ombrellone..."
Ho paura che un giorno le mie gambe non mi portino più, lassù. Ho paura di lasciare il mio monte, di ritrovarmi a vivere nel cemento, nella bruttezza, nel rumore.
Ho paura di morire, di lasciare per sempre questa terra così generosa di Bellezza. Ho paura che spariscano le meraviglie che incantano gli occhi, i sensi tutti, che fanno battere il cuore, che riempiono l' anima di commozione, di gratitudine. Che fanno colare le lacrime. Ho paura non ci siano Dei. Ho paura di non rivedere i miei cari morti.
Perciò cammino.
Perciò son tornata sul mio Gridone, oggi.
Perciò ho desiderato toccarne ancora una volta il faro, la grande croce rossa, visibile da casa mia. La croce che veglia sul lago, sulle valli, sulle cime di quest' angolo di terra. Sugli uomini.
Ho paura spariscano sentieri per sempre. Sentieri della fatica, del vivere magro, angusto. Sentieri abbandonati che i nostri figli faticheranno a ritrovare, perché ricoperti di vegetazione, di terra, sentieri di piode una volta curati dagli uomini, ora franati nel vuoto.
Perciò racconterò di sentieri che stanno sparendo, che le paline hanno cancellato, e le cartine non riportano più, che non vengono più curati, raramente solcati.
Seguo il sentiero che da Cortaccio sale in direzione del rifugio Al Legn e al Gridone. Un tornante porta un cartello di legno con l' indicazione: Rescerasca, e questa seguo. Subito dopo l' ultima cascina di questo bel alpeggio, ben curato, si inerpica a destra un sentierino erto, dapprima lungamente nel bosco poi nei prati che sottostanno l' alpe Pianoni.
Volete che non vada alla ricerca di un poco di ravano? Macché! Tracce a sinistra (cartello) portano al Passo Percadugine e al Faierone, a destra una scritta sbiadita indica Avaiscia e Gridone. Ma io non voglio passare da Avaiscia, perciò ecco il ravano in mezzo a alte erbe rinsecchite, terriccio franoso, pietraie instabili, col timore di un incontro con una qualche vipera, padrona di questi posti abbandonati.
Un ometto ben visibile sulla sinistra, lontano, uno alto e maestoso lassù a destra. Sopra al mio capo la linea di cresta che porta a Cruit. Punto all' ometto maestoso, e ritrovo un sentiero ben chiaro. Difatti, erto pure lui, e segnalato da vecchi pali di legno mi porta alla bocchetta dell' anticima P. 1963.
Arrampicata! su belle rocce solide, con numerosi appigli e scalini. Qualche catena, che inutile mi sembra...
Lunga, infinita, ma quanto godibile! la lunga traversata che segue la cresta che è frontiera tra Italia e Svizzera. Passi di arrampicata, sentiero stretto, visioni incantevoli sul lago Maggiore lombardo, spaventose sulle nere Rocce del Gridone, eccomi a Cruit, poi al grande pluviometro, imponente costruzione di sasso.
Finalmente! scorgo il Gridone, la rossa sua croce!
Qui una palina, ma nessun accenno a un sentiero che scende alla Bocchetta di Valle, che seguirò in caso di rinuncia al ritorno toccando il Faierone (troppo lungo, troppo tardi, temo...).
Non racconto il seguito del percorso, cento volte descritto su "hikr". Come al solito mi batte forte il cuore ad ogni intaglio tra le rocce, affacciato sul vuoto, lato ticinese! Che terrore incutono queste rocce severe! Rocce per soli Arditi...
A mitigare i battiti impazziti, la serenità del lago.
Sono le 17, accarezzo la croce, contemplo l' immenso panorama a 360°, saluto il Ruscada d' argento, il mio monte...
Gridone, la grazia di una cima perfetta, emozione sempre rinnovata toccarti.
Ritorno sui miei passi, il panino rimane nello zaino: non ho fame, poi, è tardi. Rinuncio all' anello che toccherebbe il Faierone, rinuncio al sentiero "ufficiale" che porta alla Bocchetta di Valle, troppo in ombra, e con resti di neve fresca. Seguo invece quello di cui la palina ha cancellato l' esistenza, prima un canalino, poi il sentierino con marcature sbiadite, infine in bocchetta. Anche qui è sparito un sentiero, quello che porta dritto a Avaiscia senza passare dal rifugio Al Legn. Cancellato! pure lui, dalla palina.
Il tempo, più generoso degli uomini, non ha però cancellato vecchi bolli ne tolto vecchi pali di legno. Molti i passaggi rocciosi, bagnati, e bisogna portare un poco di attenzione a dove si mettono i piedi.
A Avaiscia ritrovo il sentiero "ufficiale" che sale da Cortaccio. Ma meno ameno e tranquillo di quello che potreste pensare, perché attraversato da numerosissime vene rocciose, che obbligano a salti e saltini, a aggiramenti. Molta acqua su rocce e sentiero, perciò attenti a non scivolare!
Un alpeggio dopo l' altro, cascine riattate, cascine diventate ruderi.
Il sentiero è ora tranquillo e mansueto. Ritrovo il bivio che porta a Rescerasca, poi, tornante gentile dopo tornante, Cortaccio. Non mi sazio di ammirare il lago, ora la sponda ticinese, ora la lombarda, al chiarore della luna.
Mai sazia di vita...
Cammino in montagna perché ho paura di morire.
Ho paura per i miei cari, quelli anziani, quelli ammalati. Quelli che non possono più camminare liberi per le montagne.
Ho paura quando finisce l' estate, specialmente questa, così solare, calda, afosa, un estate "vera", finalmente! dopo molte così così. Ho paura non torni più la primavera.
Estate? chiedete a qualsiasi bambino, e proprio come questa appena finita la descriverebbe: "Sole brucia, caldo non respiro più, bagni nel lago, nel fiume, metti il cappellino, spalmati di crema solare, apri l' ombrellone..."
Ho paura che un giorno le mie gambe non mi portino più, lassù. Ho paura di lasciare il mio monte, di ritrovarmi a vivere nel cemento, nella bruttezza, nel rumore.
Ho paura di morire, di lasciare per sempre questa terra così generosa di Bellezza. Ho paura che spariscano le meraviglie che incantano gli occhi, i sensi tutti, che fanno battere il cuore, che riempiono l' anima di commozione, di gratitudine. Che fanno colare le lacrime. Ho paura non ci siano Dei. Ho paura di non rivedere i miei cari morti.
Perciò cammino.
Perciò son tornata sul mio Gridone, oggi.
Perciò ho desiderato toccarne ancora una volta il faro, la grande croce rossa, visibile da casa mia. La croce che veglia sul lago, sulle valli, sulle cime di quest' angolo di terra. Sugli uomini.
Ho paura spariscano sentieri per sempre. Sentieri della fatica, del vivere magro, angusto. Sentieri abbandonati che i nostri figli faticheranno a ritrovare, perché ricoperti di vegetazione, di terra, sentieri di piode una volta curati dagli uomini, ora franati nel vuoto.
Perciò racconterò di sentieri che stanno sparendo, che le paline hanno cancellato, e le cartine non riportano più, che non vengono più curati, raramente solcati.
Seguo il sentiero che da Cortaccio sale in direzione del rifugio Al Legn e al Gridone. Un tornante porta un cartello di legno con l' indicazione: Rescerasca, e questa seguo. Subito dopo l' ultima cascina di questo bel alpeggio, ben curato, si inerpica a destra un sentierino erto, dapprima lungamente nel bosco poi nei prati che sottostanno l' alpe Pianoni.
Volete che non vada alla ricerca di un poco di ravano? Macché! Tracce a sinistra (cartello) portano al Passo Percadugine e al Faierone, a destra una scritta sbiadita indica Avaiscia e Gridone. Ma io non voglio passare da Avaiscia, perciò ecco il ravano in mezzo a alte erbe rinsecchite, terriccio franoso, pietraie instabili, col timore di un incontro con una qualche vipera, padrona di questi posti abbandonati.
Un ometto ben visibile sulla sinistra, lontano, uno alto e maestoso lassù a destra. Sopra al mio capo la linea di cresta che porta a Cruit. Punto all' ometto maestoso, e ritrovo un sentiero ben chiaro. Difatti, erto pure lui, e segnalato da vecchi pali di legno mi porta alla bocchetta dell' anticima P. 1963.
Arrampicata! su belle rocce solide, con numerosi appigli e scalini. Qualche catena, che inutile mi sembra...
Lunga, infinita, ma quanto godibile! la lunga traversata che segue la cresta che è frontiera tra Italia e Svizzera. Passi di arrampicata, sentiero stretto, visioni incantevoli sul lago Maggiore lombardo, spaventose sulle nere Rocce del Gridone, eccomi a Cruit, poi al grande pluviometro, imponente costruzione di sasso.
Finalmente! scorgo il Gridone, la rossa sua croce!
Qui una palina, ma nessun accenno a un sentiero che scende alla Bocchetta di Valle, che seguirò in caso di rinuncia al ritorno toccando il Faierone (troppo lungo, troppo tardi, temo...).
Non racconto il seguito del percorso, cento volte descritto su "hikr". Come al solito mi batte forte il cuore ad ogni intaglio tra le rocce, affacciato sul vuoto, lato ticinese! Che terrore incutono queste rocce severe! Rocce per soli Arditi...
A mitigare i battiti impazziti, la serenità del lago.
Sono le 17, accarezzo la croce, contemplo l' immenso panorama a 360°, saluto il Ruscada d' argento, il mio monte...
Gridone, la grazia di una cima perfetta, emozione sempre rinnovata toccarti.
Ritorno sui miei passi, il panino rimane nello zaino: non ho fame, poi, è tardi. Rinuncio all' anello che toccherebbe il Faierone, rinuncio al sentiero "ufficiale" che porta alla Bocchetta di Valle, troppo in ombra, e con resti di neve fresca. Seguo invece quello di cui la palina ha cancellato l' esistenza, prima un canalino, poi il sentierino con marcature sbiadite, infine in bocchetta. Anche qui è sparito un sentiero, quello che porta dritto a Avaiscia senza passare dal rifugio Al Legn. Cancellato! pure lui, dalla palina.
Il tempo, più generoso degli uomini, non ha però cancellato vecchi bolli ne tolto vecchi pali di legno. Molti i passaggi rocciosi, bagnati, e bisogna portare un poco di attenzione a dove si mettono i piedi.
A Avaiscia ritrovo il sentiero "ufficiale" che sale da Cortaccio. Ma meno ameno e tranquillo di quello che potreste pensare, perché attraversato da numerosissime vene rocciose, che obbligano a salti e saltini, a aggiramenti. Molta acqua su rocce e sentiero, perciò attenti a non scivolare!
Un alpeggio dopo l' altro, cascine riattate, cascine diventate ruderi.
Il sentiero è ora tranquillo e mansueto. Ritrovo il bivio che porta a Rescerasca, poi, tornante gentile dopo tornante, Cortaccio. Non mi sazio di ammirare il lago, ora la sponda ticinese, ora la lombarda, al chiarore della luna.
Mai sazia di vita...
Tourengänger:
micaela
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