Pizzo del Corvo (3015 m): il mio ultimo tremila ticinese
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Che siano 42 o 43 o 44 o 45, fa lo stesso. Ora sono tutti alle spalle. Non che mi fosse mai importato della quota o della collezione di tremila. Però la maggior parte di queste sono davvero montagne fantastiche, per cui, emozione dopo emozione, si arriva ad un punto in cui non ha più senso fermarsi. “Ne mancano così pochi… quindi avanti, e vediamo cosa succede...” Il caso ha voluto che fosse il Corvo a chiudere il cerchio, e nonostante l’evidente facilità della meta, le emozioni non sono mancate nemmeno oggi. Cinquecento metri di discesa immerso nella nebbia più totale, visibilità inferiore a dieci metri, in una zona che conoscevo solo per esserci passato all’andata, mai visitata prima (infatti ho “bucato”, anche se non di molto, anche il punto di partenza: Pradasca, parcheggio presso la stalla delle mucche anziché al parcheggio “ufficiale” vicino al ponte di Pradorin). Le previsioni non erano così torve, altrimenti avrei posticipato l’uscita. Ma tant’è, ormai è andata, anche il Corvo è archiviato. Nella nebbia, ma archiviato.
Aggiungo, per gli amanti delle statistiche, che in hikr non si trovano (finora) mie relazioni ad oggetto Piz Rondadura e Piz Terri, perché sono stati saliti l’uno nel 2006 e l’altro nel 2004, cioè molto prima della mia presenza in hikr quale utente attivo. Per colmare parzialmente la lacuna aggiungo alcune foto delle predette salite. Che poi non è detto che in futuro non possa ripetere: uno è un’allettante meta invernale, e l’altro, forse, tra le più belle montagne dell’intero Ticino. Per quanto riguarda invece le restanti 43 vette (ivi inclusi il Centrale, la Negra e il Cassimoi NW, detto anche Cima d’Aquila), sono tutte relazionate.
Per quanto riguarda la salita odierna, pur senza leggere il Brenna né le relazioni qui presenti per non togliermi il gusto dell’avventura, è bastato uno sguardo alla CNS per capire che, passata la Bovarina e raggiunto il bivio di Orlone, avrei dovuto seguire il costone erboso Sud della Val d’Inferno (versante orografico destro del Ri di Val d’Inferno) e non abbandonarlo mai fino alla fine, dove sarebbe stato sufficiente proseguire sulla cresta che scende precipite in Val di Campo toccando prima la Punta del Corvo e successivamente il Pizzo del Corvo vero e proprio.
La vetta, seppur con difficoltà, la si riconosce in quanto è posizionata nel punto in cui la cresta cambia orientamento: da Est piega verso Nord-Est. Se fosse per gli ometti, il problema sarebbe irrisolvibile, visto che ce ne sono sia prima che dopo, e di dimensioni variabili. In particolare l’anticima Est presenta un grosso ometto, ma per il Pizzo del Corvo "ufficiale" bisogna continuare a salire un po’ (l’ometto di vetta, rispetto ai suoi "vicini”, è un pochino “devastato” e minuscolo).
E visto che la possibilità di errore è comunque alta, per non saper né leggere né scrivere ho deciso di proseguire fino alla gobba 3086 sulla cresta S dello Scopi, che è comunque anche un buon punto panoramico sia sullo Scopi stesso che anche sulla vetta del Pizzo del Corvo.
Come detto, la discesa dal P. 3086 fino alla vetta del Pizzo del Corvo è stata tranquilla e con buona visibilità. Dal Corvo, invece, fino al P.2467 sembrava di essere su di un altro pianeta, giacché il terreno in quelle zone è piuttosto "lunare", ed in più ero avvolto da una foltissima nebbia.
Passo dopo passo, sono sceso con un livello di attenzione sempre ai massimi livelli per cercare di tenere la direzione (del resto cosa abbastanza facile, visto che a destra la cresta precipita ripida in Val di Campo), e con l’orecchio sempre teso alla ricerca del primo gorgheggiare del Ri di Val d’Inferno che mi avrebbe confermato la retta via...
Intravista poi la gola della Val d’Inferno, anche la nebbia ha cominciato a diradarsi, anche se non totalmente, e la discesa sui prati è stata più “normale”.
Per tagliare un po’, nella parte bassa della Foppa di Rèdich sono sceso diretto verso la grande stalla quotata 1993, raggiungendo poi da lì facilmente la Capanna Bovarina e conseguentemente Pradasca.
Una nota riguardo alla difficoltà: se non fosse che dal bivio di Orlone la gita si svolge tutta fuori sentiero, riterrei sufficiente il T3. Dato però questo particolare, e tenendo conto della relativa ripidità dei pratoni (soprattutto quelli iniziali), preferisco quotare T3+.
Bene, chiuso il capitolo “3000”, posso dedicarmi nuovamente a montagne “di puro richiamo”. Sono pronto a stupirmi ed emozionarmi ancora una volta…
Tempi:
Pradasca – Pizzo del Corvo - Cima 3086 : 3 ore
Cima 3086 – Pizzo del Corvo – Pradasca (con nebbia): 3 ore
Commento musicale:
Davide Van De Sfroos - Il Corvo
http://www.youtube.com/watch?v=VoRAI67QCYs
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