Monte Rosa ed. 2014: Punta Zumstein 4563 e Cristo delle Vette 4162
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La salita alla Zumstein, terza cima in ordine di altezza del gruppo del Monte Rosa, si inserisce in un personalissimo programma di esplorazione di questa montagna che prevede almeno un pellegrinaggio all’anno. Il Rosa, forse perché ce l’ho negli occhi (e nel cuore) da quando sono nato, è la montagna che amo di più.
Con gli amici
POLI89 e Cristiano, dopo diversi rimandi, decidiamo dunque per una ascesa classica di due giorni che contempla il pernottamento al campo base, la storica capanna Gnifetti. A dire il vero, i nostri progetti erano anche più ambiziosi, a partire dalla salita alla facile Giordani prima di raggiungere la Gnifetti, ma, all’uscita dagli impianti di Indren (e dunque all’attacco della via) una bufera con neve ci fa propendere per la rinuncia e puntiamo diretti alla Capanna passando per la fascia rocciosa attrezzata con canaponi.
Trascorriamo il pomeriggio bighellonando in rifugio e dopo un’ottima cena ci ritiriamo. Al solito, e contrariamente alla maggior parte dei fruitori di questo posto situato a quota 3670, trascorriamo una notte tranquilla con abbondante sonno.
Al mattino, il cielo terso, l’assenza di vento e il clima gradevolissimo ci mettono di buon umore e, alla luce delle frontali, ci prepariamo e cominciamo la risalita del ghiacciaio che comincia alle spalle della Capanna e che, sino alla diramazione per la Vincent si presenta particolarmente crepacciato. Fortunatamente, i ponti di neve hanno ben retto il nostro e l’altrui passaggio.
Giugiamo al colle del Lys e, una volta ancora, rimango estasiato dallo scenario che questo posto offre. Sembra di essere su una spiaggia bianca, contornata da giganti alpini che hanno nomi come nord del Lyskamm, Parrotspitze, SignalKuppe, Zunsteinspitze. Più in là, fa capolino il Cervino.
Dal colle dopo breve discesa, si costeggia il versante della Parrot su cui incombono minacciose seraccate che ci fanno propendere per un transito senza indugi, dopo di che si risale un anfiteatro di unica bellezza che adduce al colle Gnifetti. Niente vento, solo sole e caldo: in questa zona ed è un evento.
Dal colle, sono visibilissime e vicine la punta Zumstein a sinistra e la Margherita a destra. Prendiamo a sinistra, e saliamo un dolce pendio. Sin qui, la gita si può dire facilissima, niente più che una lunga camminata su ghiaccio. Da questo punto, tuttavia, le difficoltà aumentano con l’inclinazione del pendio che si porta a quaranta gradi. Superato questo breve muro si esce su semplice cresta tuttavia espostissima. Occorre non pensare che sotto ci sono i 2000 metri della mitica Est inclinati a cinquantacinque gradi per affrontare con serenità questo tratto. Dopo la cresta, occorre ancora superare delle roccette con qualche breve ma infingardo tratto di misto per uscire finalmente in vetta dove risiede una Madonnina e dove il panorama sulla vicina Doufur con la cresta affilata di collegamento la fanno da padrone. Più lontano si vede la Nordend mentre le praterie sconfinate della pianura Padana sono celate dalle nebbie.
Ci fermiamo per i soliti riti di vetta e mi ritrovo a pensare che una cima del genere, per quanto non impossibile, sino a qualche tempo fa per me era solo un sogno e da oggi invece rappresenterà un ricordo, forse uno dei più belli, leisure time parlando. Come è stato possibile? Provo a darmi una ragione, al di là della quota, della stanchezza e dell’emozione che mi alterano i pensieri. Se siamo arrivati sin quassù a vedere l’Europa dall’alto, probabilmente il merito sta nella squadra e nelle caratteristiche che ogni componente ha apportato: Cristiano la tecnica fine,
POLI89 la forza strepitosa ed io, beh io mi faccio vanto della determinazione. Le singole caratteristiche valgono poco se prese da sole; insieme diventano dirompenti. E’ questo l’uomo migliore e ancora una volta, si manifesta in montagna.
Il primo tratto di discesa su roccette misto neve rimane piuttosto delicato ma con Cristiano che ci fa sicura dall’alto scendiamo relativamente tranquilli. Poi molta cautela sulla cresta e l’ultimo pendio resta un divertente scivolo. Di nuovo al colle Gnifetti ci fermiamo per un minimo di relax e dobbiamo constatare a malincuore che la punta Gnifetti con la Margherita non si potranno fare a causa del tempo che scarseggia e di nuvoloni nerissimi che veloci salgono dai valloni.
Prendiamo allora la via di discesa pestando faticosamente neve sfondosa abbondantemente caduta nella notte e giungiamo al colle del Lys. Qui ci manteniamo a sinistra e, veloci senza perdere dislivello arriviamo alla base del Balmheron dove risiedono il Cristo delle Vette e il bivacco Giordano. Risaliamo le roccette facilitati da pioli metallici e canapone e ci prendiamo giusto il tempo per qualche selfies e per un’occhiata alle vicine Vincent e Corno Nere, per ridiscendere (con qualche difficoltà sui pioli, per quanto mi riguarda) passando dal Colle Vincent dove ci ricongiungiamo alla via di salita e arriviamo veloci alla Capanna Gnifetti, procedendo con estrema cautela sui crepacci che nel frattempo, causa clima tropicale, si sono ingigantiti.
Dalla Gnifetti, sempre per la fascia rocciosa attrezzata con il canapone che ci procura qualche rallentamento in discesa (siamo molto stanchi) torniamo alla stazione della funivia di Indren completamente immersa nella nebbia e rischiamo di perderci a poche centinaia di metri dalla meta. E’ una bella lezione, questa, sulle insidie dell’alta montagna che possono complicare anche il più semplice dei percorsi.
Appena in tempo per l’ultima corsa, prendiamo gli impianti che vanno un po’ a singhiozzo causa temporale e, ad Alagna, un bell’acquazzone per raggiungere l’auto rappresenta l’ultima (e indesiderata) emozione di giornata.
Sviluppo: 17 km; SE: 30 km.
Tempi, sviluppo e dislivello si considerano dalla stazione di Indren. Da questa alla capanna Gnifetti ci sono un paio di km che si percorrono in 60/90 minuti che vanno scalati alla salita perché effettuati il giorno precedente. A chi non piace la via attrezzata delle roccette, può proseguire diritto sino al rifugio Mantova e da lì, in breve , alla Gnifetti.
Le fotografie non sono esattamente in ordine cronologico perché prese da tre apparecchi diversi. Per ciò, mi scuso.
Con gli amici

Trascorriamo il pomeriggio bighellonando in rifugio e dopo un’ottima cena ci ritiriamo. Al solito, e contrariamente alla maggior parte dei fruitori di questo posto situato a quota 3670, trascorriamo una notte tranquilla con abbondante sonno.
Al mattino, il cielo terso, l’assenza di vento e il clima gradevolissimo ci mettono di buon umore e, alla luce delle frontali, ci prepariamo e cominciamo la risalita del ghiacciaio che comincia alle spalle della Capanna e che, sino alla diramazione per la Vincent si presenta particolarmente crepacciato. Fortunatamente, i ponti di neve hanno ben retto il nostro e l’altrui passaggio.
Giugiamo al colle del Lys e, una volta ancora, rimango estasiato dallo scenario che questo posto offre. Sembra di essere su una spiaggia bianca, contornata da giganti alpini che hanno nomi come nord del Lyskamm, Parrotspitze, SignalKuppe, Zunsteinspitze. Più in là, fa capolino il Cervino.
Dal colle dopo breve discesa, si costeggia il versante della Parrot su cui incombono minacciose seraccate che ci fanno propendere per un transito senza indugi, dopo di che si risale un anfiteatro di unica bellezza che adduce al colle Gnifetti. Niente vento, solo sole e caldo: in questa zona ed è un evento.
Dal colle, sono visibilissime e vicine la punta Zumstein a sinistra e la Margherita a destra. Prendiamo a sinistra, e saliamo un dolce pendio. Sin qui, la gita si può dire facilissima, niente più che una lunga camminata su ghiaccio. Da questo punto, tuttavia, le difficoltà aumentano con l’inclinazione del pendio che si porta a quaranta gradi. Superato questo breve muro si esce su semplice cresta tuttavia espostissima. Occorre non pensare che sotto ci sono i 2000 metri della mitica Est inclinati a cinquantacinque gradi per affrontare con serenità questo tratto. Dopo la cresta, occorre ancora superare delle roccette con qualche breve ma infingardo tratto di misto per uscire finalmente in vetta dove risiede una Madonnina e dove il panorama sulla vicina Doufur con la cresta affilata di collegamento la fanno da padrone. Più lontano si vede la Nordend mentre le praterie sconfinate della pianura Padana sono celate dalle nebbie.
Ci fermiamo per i soliti riti di vetta e mi ritrovo a pensare che una cima del genere, per quanto non impossibile, sino a qualche tempo fa per me era solo un sogno e da oggi invece rappresenterà un ricordo, forse uno dei più belli, leisure time parlando. Come è stato possibile? Provo a darmi una ragione, al di là della quota, della stanchezza e dell’emozione che mi alterano i pensieri. Se siamo arrivati sin quassù a vedere l’Europa dall’alto, probabilmente il merito sta nella squadra e nelle caratteristiche che ogni componente ha apportato: Cristiano la tecnica fine,

Il primo tratto di discesa su roccette misto neve rimane piuttosto delicato ma con Cristiano che ci fa sicura dall’alto scendiamo relativamente tranquilli. Poi molta cautela sulla cresta e l’ultimo pendio resta un divertente scivolo. Di nuovo al colle Gnifetti ci fermiamo per un minimo di relax e dobbiamo constatare a malincuore che la punta Gnifetti con la Margherita non si potranno fare a causa del tempo che scarseggia e di nuvoloni nerissimi che veloci salgono dai valloni.
Prendiamo allora la via di discesa pestando faticosamente neve sfondosa abbondantemente caduta nella notte e giungiamo al colle del Lys. Qui ci manteniamo a sinistra e, veloci senza perdere dislivello arriviamo alla base del Balmheron dove risiedono il Cristo delle Vette e il bivacco Giordano. Risaliamo le roccette facilitati da pioli metallici e canapone e ci prendiamo giusto il tempo per qualche selfies e per un’occhiata alle vicine Vincent e Corno Nere, per ridiscendere (con qualche difficoltà sui pioli, per quanto mi riguarda) passando dal Colle Vincent dove ci ricongiungiamo alla via di salita e arriviamo veloci alla Capanna Gnifetti, procedendo con estrema cautela sui crepacci che nel frattempo, causa clima tropicale, si sono ingigantiti.
Dalla Gnifetti, sempre per la fascia rocciosa attrezzata con il canapone che ci procura qualche rallentamento in discesa (siamo molto stanchi) torniamo alla stazione della funivia di Indren completamente immersa nella nebbia e rischiamo di perderci a poche centinaia di metri dalla meta. E’ una bella lezione, questa, sulle insidie dell’alta montagna che possono complicare anche il più semplice dei percorsi.
Appena in tempo per l’ultima corsa, prendiamo gli impianti che vanno un po’ a singhiozzo causa temporale e, ad Alagna, un bell’acquazzone per raggiungere l’auto rappresenta l’ultima (e indesiderata) emozione di giornata.
Sviluppo: 17 km; SE: 30 km.
Tempi, sviluppo e dislivello si considerano dalla stazione di Indren. Da questa alla capanna Gnifetti ci sono un paio di km che si percorrono in 60/90 minuti che vanno scalati alla salita perché effettuati il giorno precedente. A chi non piace la via attrezzata delle roccette, può proseguire diritto sino al rifugio Mantova e da lì, in breve , alla Gnifetti.
Le fotografie non sono esattamente in ordine cronologico perché prese da tre apparecchi diversi. Per ciò, mi scuso.
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