Pizzo Bidensc (2265 m)
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Lo spunto per questa gita mi viene dato da un oggetto smarrito: di ritorno dal Piz da Termin, all’Alpe di Giümela ho perso la fascia antisudore che uso nelle uscite scialpinistiche. Visto che, nella stessa salita, il Pizzo Bidensc ha mandato il suo richiamo (estivo), prendo i classici due piccioni con una fava e torno dopo pochi giorni in Val Pontirone.
Da Biborgh all’Alpe di Giümela seguo il sentiero segnalato. Purtroppo la mia fascia, dopo attenta ispezione del luogo, non appare: non posso fare altro che proseguire il mio giro e consolarmi con la bellezza della natura e della montagna.
Come da disegno, dall’Alpe mi abbasso fino al letto del fiume; lo costeggio fin quando trovo un guado accettabile (su neve). Bisogna prestare molta attenzione perché il fiume scava da sotto, per cui è indispensabile testare preventivamente la tenuta del manto. Oltrepassato il fiume salgo in mezzo agli ontani, alti e rigogliosi. Le foglie non sono ancora comparse, per cui, a parte la fatica del procedere, la visuale è sempre abbastanza buona. Salgo “a naso” fino al punto in cui larici, ontani e rododendri lasciano spazio al terreno aperto, raggiunto il quale punto senz’altro all’intaglio del Passo Bidensc. C’è da superare qualche pietraia, ma si procede senza ostacoli.
Nella parte alta il pendio si trasforma in canalino, ma della “breve scalata” di cui parla il Brenna, neanche l’ombra. Il terreno è sì ripido, ma questa è l’unica difficoltà.
Inizio a percorrere la cresta Sud: su questo punto non ho ben presente cosa dica il Brenna; a casa scoprirò poi che viene valutata con un “AD” alpinistico. Quando le lame si fanno complesse ed aeree, ritorno sui miei passi, perdo quella ventina di metri di dislivello ed aggiro le placche del versante SW (traverso ripido su erba mista a qualche facile placca) e successivamente, tramite un pendio erboso (purtroppo all’ombra, per cui leggermente scivoloso), salgo in direzione del filo di cresta.
Sbuco proprio davanti al corposo uomo di vetta del Pizzo Bidensc: è ora di fare una breve pausa. Davanti a me sfolgorante appare tutta la costiera formata da Motton- Piz da Termin – Torrone Alto – Torrone Basso – Cima di Müsciói – Motta d’Osogna – Cima di Biasca. Dall’altra parte la Strega. Vale la pena senz’altro soffermarsi un pochino.
Purtroppo, però, per una volta non dispongo di tutto quel tempo che sarebbe necessario per godersi appieno la montagna, così devo anche soprassedere alla (bella) idea di concatenare il Pizzo Scarión.
Torno alla bocchetta (Passo Bidensc), scendo il canalino e, per evitare la “rognosa” via dell’andata, punto direttamente alle cascine dell’Alpe di Pradaccio, sfruttando anche qualche lingua di neve.
Da qui, anziché l’ampio giro consigliato dal Brenna, opto per una via più diretta verso il torrente Lesgiüna. Questa variante mi obbliga a passare ancora in mezzo a rigagnoli ed ontani, ma poca cosa confronto alla via di salita.
Raggiungo il nevaio che copre il torrente – qui il nevaio è bello solido, non esile come nel punto di passaggio precedente – e successivamente risalgo una ventina di metri fino ad incontrare il sentiero sul versante opposto; poi esco dalla gola. Il sentiero si rivelerà essere quello “alto”, cioè quello che porta all’Alpe di Giümela “superiore” (chiamiamola così, per distinguerla dalla zona inferiore dove è situato il Rifugio).
Dopo le cascine superiori raggiungo poi anche il Rifugio, dove mi informo, presso un signore dormiente, se per caso avesse trovato la mia fascia. Risposta negativa, e conseguente prosecuzione dell’itinerario fino a Biborgh.
Un felice ritorno in Val Pontirone: il Pizzo Bidensc non sarà il Piz da Termin, ma vale senz’altro quei quattro passi necessari per salirci. Baricentricamente in posizione fenomenale.
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