Pianchette e Pizzo di Gino da San Bartolomeo Val Cavargna
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Oggi, per festeggiare un amico che a breve si sposerà, si decide per un atipico addio al celibato tentando la favolosa cavalcata di cresta tra Cima Pianchette e Pizzo di Gino.
Come ci piace, decidiamo per una partenza poco comoda e non portiamo l'auto sin dove la strada finisce, bensì parcheggiamo nel primo posto disponibile a San Bartolomeo. Da qui, secondo diverse indicazioni, dovrebbe partire un sentiero verso il Rifugio Croce di Campo ma, dopo alcuni tentativi a vuoto, risaliamo il paese per prati tra case e ci immettiamo in via Ai Monti che seguiamo per circa tre chilometri su asfalto. La pendenza è di rispetto, e il tracciato tutto sommato piacevole perchè procede in un bel bosco; dove questo si apre, gli sguardi sulla valle sono da gustare. Alla fine dell'asfalto si perviene in località Corenn dove ha sede un'amena chiesina; più su una croce e, ancora più in alto il Rifugio Croce di Campo è ben visibile. Ci immettiamo dunque su sentiero segnalato e puntiamo il rifugio. In questo punto, di fatto, comincia la cresta che non lasceremo più per l'intera giornata se non per un aggiramento a mezzo costa prorpio nel tratto iniziale che consente di immettersi sulla gippabile proveniente da Tecchio (almeno credo).
Al rifugio ci accoglie un simpatico (e invadente) cane. In perfetta solitudine tiriamo il fiato e cominciamo a percorrere il sentiero ben evidente che, su larga cresta erbosa, conduce alla Cima Pianchette. Sulla parte alta troviamo alcuni nevai che aggiriamo senza problemi, mentre la cima è pressochè pulita.
Uno sguardo all'impressionante cresta che collega questa vetta al Pizzo di Gino mi fa propendere per calzare i ramponi e impugnare la picca: sono infatti evidenti alcuni nevai che andranno attraversati in discesa su traversi piuttosto astiosi. Così sarà, ma procedendo con estrema cautela, arriviamo senza troppe difficoltà alla bocchetta. Da qui ancora traversi ma senza neve, essendo gli stessi esposti a sud ma ancora da attraversare con piede fermo causa i numerosi smottamenti che, in alcuni casi, hanno cancellato il sentiero.
A questo punto, decisamente in cresta con pendenze elevate, si risalgono alcuni canalini che richiedono l'uso dei quattro appoggi e che danno un piacevole senso di divertimento, visto che le difficoltà non superano il primo grado. Una certa tensione ci tiene tuttavia in allerta, infatti tutta la cresta si presenta piuttosto esposta e un volo da qui avrebbe conseguenze tragiche. Già in alto, la via piega sul versante nord della montagna regalandoci splendide vedute sull'alto Lario, la Valtellina e l'Engadina. Si supera un ultimo nevaio con la possibilità di tenere i piedi sull'asciutto e si giunge finalmente in vetta.
Il clima piacevole e il cielo più o meno terso ci inducono ad una permanenza in cima abbastanza lunga che comprende tra l'altro la pausa pranzo in contemplazione del panorama a trecentosessanta gradi con particolari belleviste sul vicino gruppo del Garzirola e del Camoghè. Più in la si vede la Fojorina e i Denti della Vecchia. Su una costa, un piccola costruzione mi ricorda San Lucio e più in basso, il lago di Como con la punta di Bellagio a separarne i due rami.
Discesa dal Pizzo di Gino per cresta Ovest, vale a dire l'opposta di salita. Qui il percorso è decisamente più semplice e, presto, confluisce in pratoni che scendiamo liberamente su pendii molto inclinati e scivolosi ma con l'unica disguido di provocare qualche simpatica caduta. Procedendo in discesa, tagliamo in diagonale verso sinistra puntando i sottostanti stalloni dell'alpe Vacchera che raggiungiamo dopo aver superato facili lingue di neve. Dall'alpe, ora su gippabile, passiamo a fianco del rifugio e torniamo a Corenn, dove, con nostra sorpresa, è in corso una festa della locale pro-loco: c'è tanta gente, di tutte le età, si mangia, si beve e si suona la fisarmonica. Più in basso, nei pressi della chiesina, alcune vacche al pascolo contribuiscono a dare un magnifico senso bucolico a tutta l'area.
Ora su asfalto, in quaranta minuti torniamo all'auto, felici di aver compiuto questo strano modo di festeggiare gli ultimi giorni prima del grande Passo, percorrendo una cresta per niente banale ma di grande soddisfazione paesaggistica, sportiva e contemplativa.
Sviluppo: 21 km, SE: 36 km.
Dislivelli comprensivi di saliscendi di cresta; tempi comprensivi di circa un'ora di sosta.
Come ci piace, decidiamo per una partenza poco comoda e non portiamo l'auto sin dove la strada finisce, bensì parcheggiamo nel primo posto disponibile a San Bartolomeo. Da qui, secondo diverse indicazioni, dovrebbe partire un sentiero verso il Rifugio Croce di Campo ma, dopo alcuni tentativi a vuoto, risaliamo il paese per prati tra case e ci immettiamo in via Ai Monti che seguiamo per circa tre chilometri su asfalto. La pendenza è di rispetto, e il tracciato tutto sommato piacevole perchè procede in un bel bosco; dove questo si apre, gli sguardi sulla valle sono da gustare. Alla fine dell'asfalto si perviene in località Corenn dove ha sede un'amena chiesina; più su una croce e, ancora più in alto il Rifugio Croce di Campo è ben visibile. Ci immettiamo dunque su sentiero segnalato e puntiamo il rifugio. In questo punto, di fatto, comincia la cresta che non lasceremo più per l'intera giornata se non per un aggiramento a mezzo costa prorpio nel tratto iniziale che consente di immettersi sulla gippabile proveniente da Tecchio (almeno credo).
Al rifugio ci accoglie un simpatico (e invadente) cane. In perfetta solitudine tiriamo il fiato e cominciamo a percorrere il sentiero ben evidente che, su larga cresta erbosa, conduce alla Cima Pianchette. Sulla parte alta troviamo alcuni nevai che aggiriamo senza problemi, mentre la cima è pressochè pulita.
Uno sguardo all'impressionante cresta che collega questa vetta al Pizzo di Gino mi fa propendere per calzare i ramponi e impugnare la picca: sono infatti evidenti alcuni nevai che andranno attraversati in discesa su traversi piuttosto astiosi. Così sarà, ma procedendo con estrema cautela, arriviamo senza troppe difficoltà alla bocchetta. Da qui ancora traversi ma senza neve, essendo gli stessi esposti a sud ma ancora da attraversare con piede fermo causa i numerosi smottamenti che, in alcuni casi, hanno cancellato il sentiero.
A questo punto, decisamente in cresta con pendenze elevate, si risalgono alcuni canalini che richiedono l'uso dei quattro appoggi e che danno un piacevole senso di divertimento, visto che le difficoltà non superano il primo grado. Una certa tensione ci tiene tuttavia in allerta, infatti tutta la cresta si presenta piuttosto esposta e un volo da qui avrebbe conseguenze tragiche. Già in alto, la via piega sul versante nord della montagna regalandoci splendide vedute sull'alto Lario, la Valtellina e l'Engadina. Si supera un ultimo nevaio con la possibilità di tenere i piedi sull'asciutto e si giunge finalmente in vetta.
Il clima piacevole e il cielo più o meno terso ci inducono ad una permanenza in cima abbastanza lunga che comprende tra l'altro la pausa pranzo in contemplazione del panorama a trecentosessanta gradi con particolari belleviste sul vicino gruppo del Garzirola e del Camoghè. Più in la si vede la Fojorina e i Denti della Vecchia. Su una costa, un piccola costruzione mi ricorda San Lucio e più in basso, il lago di Como con la punta di Bellagio a separarne i due rami.
Discesa dal Pizzo di Gino per cresta Ovest, vale a dire l'opposta di salita. Qui il percorso è decisamente più semplice e, presto, confluisce in pratoni che scendiamo liberamente su pendii molto inclinati e scivolosi ma con l'unica disguido di provocare qualche simpatica caduta. Procedendo in discesa, tagliamo in diagonale verso sinistra puntando i sottostanti stalloni dell'alpe Vacchera che raggiungiamo dopo aver superato facili lingue di neve. Dall'alpe, ora su gippabile, passiamo a fianco del rifugio e torniamo a Corenn, dove, con nostra sorpresa, è in corso una festa della locale pro-loco: c'è tanta gente, di tutte le età, si mangia, si beve e si suona la fisarmonica. Più in basso, nei pressi della chiesina, alcune vacche al pascolo contribuiscono a dare un magnifico senso bucolico a tutta l'area.
Ora su asfalto, in quaranta minuti torniamo all'auto, felici di aver compiuto questo strano modo di festeggiare gli ultimi giorni prima del grande Passo, percorrendo una cresta per niente banale ma di grande soddisfazione paesaggistica, sportiva e contemplativa.
Sviluppo: 21 km, SE: 36 km.
Dislivelli comprensivi di saliscendi di cresta; tempi comprensivi di circa un'ora di sosta.
Tourengänger:
rochi

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