Stotzigen Firsten
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“Ripide creste”.
Questo, dopo lunga ricerca, ho deciso essere il significato del nome, dal vago sapore di sito porno tedesco, di questa montagna.
Lunga ricerca, perché, se in tedesco “Firsten”, scopri subito significare “Creste”, non così facile è per la parola Stotzigen; che è plurale, ma de che?
In tedesco, dice Google, non c’è.
Ma cerca e ricerca, (probabilmente bastava scrivere la domanda a Tapio), appuri che Stotzig è lemma tipicamente svizzero, sinonimo di steil, schräg, abfallend, absteigend, jäh, schroff, che, più o meno, portano tutti lì.
Sia ben chiaro che non sto millantando nulla: la mia padronanza del tedesco, si ferma a danke; gloria ad internet che facilita la ricerca e stimola la conoscenza!
Alla fine, scopri che Stotzig è traducibile anche con l’allocuzione mit starkem Gefälle, con pendenze ripide: bingo!
Le pendenze, per la verità, non sono poi così ripide; e pietoso velo va steso sulla “pendenza media”, ammazzata subito, in ogni sua possibile velleità, dall’esordio su asfalto che, con 1900 metri di sviluppo, 70 metri di dislivello e mezz’ora di scarponage, ti porta dal parcheggio “duefranchicinqueoretrefranchidiciottoore”, (io, astuto, ho pure beccato quello più lontano), al fatidico ponte dove il tuo destino si separa dal buon odore rugginoso della mitica Furka-Oberalp-Bahn, la ferrovia che, da giugno ad ottobre, ancora arrampica i suoi trenini verso il Passo del Furka, promettendo grandi emozioni agli appassionati in grado di superare la prima, più forte emozione, quella dell’acquisto del biglietto.
Finalmente, calzati gli sci, cominciamo a salire. Meteos, che ci ha spinto a nord delle Alpi, si attiene scupolosamente alle previsioni: qualche nuvola, sul presto, poi sole sparato, poi di nuovo nuvole in progressivo aumento, con copertura totale già in fase Gasthaus.
La temperatura mite ma non troppo, lavora al giusto grado la neve nella parte bassa, ma ci farà trovare parecchio gesso in alto dove, probabilmente venerdì, si sono depositati una quindicina di centimetri di neve nuova.
La parte "Stotzig" della salita è quella iniziale: tre redditizi chilometri che affrontiamo con piglio battagliero a dispetto delle non brillantissime condizioni psicofisiche .
"Psico", perché Piero, dopo aver approntato con materno amore e certosina pazienza due panini che rispondessero a tutti i protocolli "bio" che si è redatto per complicarsi la vita, li ha bellamente dimenticati a casa, procurandosi una crisi depressiva che non lo abbandonerà fino alla già citata fase Gasthaus.
“Fisiche”, per parte mia, perché ho caricato lo zaino con un raffreddore che mi ostino ad ignorare da un mese, il Boletto di venerdì sera, il Bisbino di sabato mattina e la pesante presciistica “chili e cerveza” di sabato sera. “Chili”, ovviamente, si legge “cili”; ma son sempre chili.
Ma, avendo risparmiato un franco al parcheggio, dobbiamo cercare di stare nelle cinque ore, per cui, come detto, spirito battagliero: raggiungiamo una coppia, poi un’altra coppia, poi un gruppone che si sta allegramente rifocillando al sole.
Qui, rifiata anche il pendio, che si concede un breve tratto pianeggiante, dal quale possiamo valutare bene quanto ancora ci manca.
Il caldo, ora, si fa sentire; le pendenze sono più miti, ma, così, il brodo si allunga, dandoti più tempo per meditare e il Capitano, orfano dei biopanini, soffre un po’.
Al successivo pianoro supero un ultimo gruppo di quattro, tre donne sciatrici accompagnate da un ciaspolante e attacco il breve pendio finale.
Quando anche l’ultima “trappista”, attraversata la maglietta, è ormai evaporata nel cielo urano, approdo in vetta e realizzo di non aver niente da bere: tolgo gli sci e vado a scattare qualche foto, aspettando l’arrivo del tè “bio”.
Meteos, intanto, fa il suo corso; i rannuvolamenti anticipano un po' e si alza un venticello gelido che induce ad abbandonare le tenute estive.
Il Capitano arriva, mi disseta e si rifocilla a suon di frutta secca. Sì, sì: bio, certo.
Tra un'operazione e l'altra ho passato in vetta più di quaranta minuti e vedo sfumare l'obiettivo di stare nelle 5 ore. Si passa all'opzione 2: far conto sulla distrazione degli ausiliari della sosta locali.
La parte alta della discesa, come detto, non è in condizioni strepitose: le pendenze son quello che sono e il "gesso" concede poco allo spettacolo, inducendomi alla prudenza.
Non così, il Capitano che, da par suo, solca deciso, senza derogare al suo impeccabile stile a sci incollati. Un po' vintage ... "Vecchia Austria” , secondo qualche fan di Facebook, ma con una padronanza della tecnica, sinceramente invidiabile.
Più in basso, mi diverto anch’io: la neve è ben frollata, ma solo superficialmente e, alternando discese sui pendii laterali al crestone, questi sì, veramente Stotzig, a rapidi “rientri” in diagonale, si ottengono eccellenti risultati.
Poi la strada ... interminabile mezz’ora ... quella che sfora dalle cinque ore; gli ausiliari distratti, (o benevoli, chissà?). E poi, alla fine della storia, la Gasthaus e la birra, tanta birra.
Ma sarà stata bio?
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