Monte Faierone (1715 m) e Monte Giove (1298 m) - SKT
|
||||||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Stante una situazione valanghe non troppo favorevole, continuo l’esplorazione delle montagne di casa in veste scialpinistica. Chiarisco quest’ultimo termine: se depuriamo la gita dal tratto con gli sci portati a spalla, di “scialpinistico” rimane ben poco: ma in ogni caso, anche il portage è un aspetto integrante di questa disciplina, per cui l’aggettivo rimane.
Come dicevo, partendo da Sant’Agata (464 m) riesco a mettere gli sci ai piedi a Pian Betulle (1090 m), dove c’è il bivio tra la strada che sale verso il Giove ed il sentiero che, tagliando sul lato Nord della montagna, porta a Rombiago. Io rimango sulla strada (scelta da consigliare anche al ritorno in questa stagione; io purtroppo ho fatto diversamente, ma il sentiero è insciabile: pieno di neve, strettissimo, scalinato a tratti, e a picco sul vallone di Cinzago, con protezioni che attualmente sono più basse del livello della neve: insomma, in inverno, un rischio inutile). Al successivo bivio con il sentierino che sale verso la vetta, salgo anch’io per via diretta e con alcune inversioni raggiungo la vetta del Monte Giove.
La discesa a Nord sembra ghiacciata, per cui spello (su polvere avrei volentieri evitato l’incombenza) e in assetto da discesa percorro quei 122 m di dislivello completamente gelati. È vero che è presto, ma a queste quote non immaginavo di trovare il vetro. Ci ha senz’altro piovuto sopra, poi di sole ne arriva comunque poco e in ogni caso, se voglio continuare la gita, di lì devo scendere (e fare lo slalom tra gli alberi).
Bene, passata la discesa, ripello e continuo sull’ampia sterrata, attualmente bianca. Perdo un po’ di dislivello (da recuperare al ritorno) prima di arrivare a Scierz e successivamente seguo i segnavia del sentiero estivo che si addentra nel bosco di betulle. Passato il bosco salgo su terreno aperto. Visto che sul versante “lago” si nota un distacco – già avvenuto - di cospicue dimensioni (quel versante è molto ripido, per cui ci si può aspettare questo e altro), cerco di rimanere sulla sinistra rispetto alla cresta. Con un’ultima manovra aggirante arrivo in vetta (la Sud, 1706 m) da SW. Rimane la cresta leggermente ondulata che porta alla vetta vera e propria, situata più a Nord.
La percorro con attenzione: entrambi i versanti sono ripidi ma, se posso, cerco di rimanere più verso la Valle di Cavaglio (o è forse già Val Bianca lì sotto?), visto che verso il lago una scivolata non potrebbe essere arrestata (oltre al fatto che il versante è soggetto a distacchi e scarichi). Arrivo sulla cima Nord, cioè la vetta vera e propria (di statue o cippi di vetta neanche l’ombra, l’innevamento sembra copioso, anzi, totale) e senza spellare faccio un 180° e torno alla cima S, più “docile” ed adatta al cambio d’assetto.
La discesa fino al bosco è bella, particolare direi, su neve dura portante ed in contropendenza (sempre per il fatto che preferisco restare “al di qua” della cresta). Sembra di essere in pista, ma pista “da gara”, cioè con neve che è stata bagnata apposta per garantirne la durezza. Nel bosco di betulle invece è una battaglia: si affonda, per cui cerco unicamente di “portare a casa le gambe”. La stradina, poi, è di nuovo dura, per cui, a parte la leggera risalita, scivola via in un attimo.
Come detto, sopra Rombiago commetto l’errore di non ripellare quei miseri 60 metri che salgono verso il Monte Giove, i quali mi avrebbero garantito ancora un po’ di stradina – in discesa - in buone condizioni. Prendo invece il sentiero estivo; ma dopo pochi metri devo togliere gli sci: troppo rischioso, la traccia sarà larga sì e no 40 cm. Arrivo con affanno a Pian Betulle e scendo fino a quota 1020 m (il tratto in pianura) con gli sci. Poi me li carico in spalla ed in siffatta guisa raggiungo Sant’Agata da cui, in auto, in 10 minuti sono a casa.
Il piacere di poter sciare sui monti di casa è senz’altro grande. E se per poterlo provare bisogna caricarsi gli sci addosso, nessun problema, lo si fa.

Kommentare (12)