ALTA VIA ALPI BIELLESI
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Ultimamente i prodotti a“km zero” fanno tendenza. Una rivincita, piccola per la verità, del local sul global. Forse come tendenza é un po’ autarchica tuttavia ritengo sia una buona notizia, ecologica ed economica. Varrebbe la pena, almeno ogni tanto, di provare ad applicare questa filosofia di vita anche alle frequentazioni dell’ambiente alpino, riscoprendo le risorse che spesso abbiamo a portata di mano e non sappiamo, o non vogliamo, valorizzare. Con questi presupposti, onde evitare di unire la mia voce alla tante che predicano bene e razzolano malissimo, ho pensato di sfruttare il ponte di ferragosto per ripercorrere integralmente (o quasi, ma questo lo racconto poi...) l’Alta Via dei Monti Biellesi.
Ometto volutamente una descrizione didascalica delle tappe dato che risulterebbe essere poco originale e rischierebbe di annoiare. Mi limiterò ad esprimere alcune considerazioni e, perché no, a raccontare qualche emozione scaturita lungo il cammino. A tal proposito dico subito che la gioia più grande è senz’altro stata quella di camminare per tre giorni in compagnia di mio figlio Pietro. Da un sacco di tempo non trascorrevo 36 ore filate con lui. Il primo giorno di trekking, guardandolo salire davanti a me verso il Rivetti, pensavo alla prima volta che abbiamo percorso insieme quel sentiero: lui era nello zainetto porta-bimbi e ha dormito tutto il tempo! Adesso ha appena compiuto 20 anni ed è li davanti a confermarmi che l’anagrafe incide implacabilmente sulle tabelle di marcia.
Giovedì 16 agosto alla partenza da Piedicavallo il meteo é tipicamente "biellese" e qualche goccia di pioggia sembra voler testare le nostre motivazioni. Tutto nella norma. Lungo il primo tratto di sentiero il Comune di Piedicavallo ha predisposto una piccola area recintata da una staccionata, destinata alla dispersione delle ceneri funerarie. Mi chiedo se ne sorgeranno altre e soprattutto se ne verrà predisposta una in punta al Mucrone: mio padre ogni tanto mi rammenta che a tempo debito, il più tardi possibile, quello sarà il suo posto. Poco più avanti ci appare l'ex ristoro Olimpia, ridotto ad un rudere. Ormai sembra contendere alla stazione dell'Anticima la palma di ecomostro nostrano. Dopo un rapido saluto a Sandro, storico gestore del Rivetti, raggiungiamo il colle della Mologna Grande, punto di inizio della lunga cavalcata in cresta. Come di consueto sul versante valdostano il tempo è nettamente migliore. Si comincia ad arrampicare un po' ed il percorso è evidente, mantenendosi prevalentemente sulla cresta spartiacque. Solo in rari casi siamo costretti a cercare i bollini blu che tracciano la via e che, seppur sbiaditi, ci orientano in mezzo alle nubi e alla nebbia. Superato il secondo gemello scendiamo rapidi verso il colle della Mologna Piccola, traversando appena sopra al lago Riazzale e percorrendo il sentiero che congiunge il rifugio Rivetti al rifugio della Vecchia attraverso il passo Ambruse ed il colle Gruviera. Quest'ultimo rifugio, normalmente frequentatissimo, al momento è inagibile perché in fase di ristrutturazione. Purtroppo i lavori hanno subito un rallentamento a causa del fallimento della ditta appaltatrice ma i tecnici della Comunità Montana Valle Cervo, proprietaria del rifugio, garantiscono che dopo ferragosto il cantiere verrà riaperto. Speriamo sia pronto almeno per la prossima stagione (lo spera anche Valeria immagino...) Ceniamo improvvisando una piccola grigliata e passiamo la notte nel locale invernale, in completa solitudine, e ci risvegliamo al sorgere del sole che spunta dietro il Bo e illumina la bastionata del monte Cresto e tutta la conca del Lago della Vecchia.
La seconda tappa è lunga e magnifica al tempo stesso. Il tempo rispetto a ieri è leggermente migliorato e anche se si mantiene in prevalenza nuvoloso sul versante biellese, ci permette di godere di stupendi panorami verso nord: Monte Rosa, Cervino, Gran Combin e Monte Bianco sembrano lì ad un passo. Dopo aver valicato il Colle della Vecchia recuperiamo la linea di cresta al Colle delle Tote e saliamo nell'ordine: Monte Cresto, Colle del Lupo, Pietra Bianca, Punta Gragliasca, Gran Gabe, Lej Long, Punta della Barma e Monte Camino. Lungo la linea di cresta non incontriamo nessun problema relativo alla sicurezza. I brevi tratti esposti sono attrezzati con funi e in alcuni casi con catene. Nei lunghi traversi tra le pietraie invece occore prestare attenzione all'orientamento. Si procede cercando i classici ometti perché i bolli azzurri sono sbiaditi, in certi casi quasi invisibili. Le targhette rettangolari con il logo, una volta presenti lungo tutto il percorso, saranno rimaste una decina. Per fortuna oggi la visibilità è buona, in caso di nebbia la probabilità di perdersi è elevata. Pietro se ne esce con una frase che mi fa riflettere: "dovrebbero ridipingerli finché si vedono ancora". Già! Ma dovrebbero chi? Glielo chiedo ma la domanda cade nel vuoto, probabilmente non sente perché è troppo distante, oppure nemmeno lui sa cosa rispondere. Una decina di anni fa le guide alpine di Tike Saab, con la collaborazione di alcuni Enti Territoriali, idearono, tracciarono e attrezzarono questa Alta Via collegando fra loro "spezzoni" di cresta delle valli Cervo, Oropa ed Elvo. Oggi la necessità di una manutenzione è evidente così come è evidente che, senza un'adeguata promozione e publicizzazione dell'opera, l'Alta Via dei Monti Biellesi sembra essere destinata ad un lento oblio. Verso le 15,30 finalmente raggiungiamo la Capanna Renata. Riusciamo perfino a farci una doccia, fredda naturalmente. Rimango sulla terrazza del rifugio ad osservare i turisti che si affrettano a salire sulle "gabbiette" prima della chiusura degli impianti. Guardo a sud, verso il Mucrone e la pianura. Il rudere dell'Anticima è li di fronte, quasi alla stessa altezza. Fa orrore, lo so, eppure ci sono affezionato. Quando è stata smantellata ero un ragazzino. Appartengo all'ultima generazione che d'inverno saliva su quella micro-funivia arancione per raggiungere quella che secondo me era la pista da sci più bella del comprensorio biellese. Pietro ha preso un libro con sé ed è risalito in punta al Camino ad attendere il tramonto. Per lui la funivia dell'anticima è il MOV-ING, a Chiavazza, ma va bene anche così... Ceniamo e pernottiamo in compagnia dei gentilissimi e simpatici gestori Chiara e Yosel.
Terzo e ultimo giorno. Riprendiamo la marcia in quella che, secondo i piani, dovrebbe essere la tappa più lunga del nostro tour, dalla Capanna Renata al villaggio alpino di Bagneri. Dal Monte Camino saliamo al Monte Rosso, raggiungiamo il Colle Chardon, ci arrampichiamo lungo la ferrata "Ciao Michi" fino alla vetta del Monte Mars (2600mt punto più elevato del Biellese).
Una volta scesi al Colle Sella in breve raggiungiamo il Rif.Coda. La stanchezza purtroppo comincia a farsi sentire (quasi quanto le vesciche che mi tormentano i mignoli) ed il mio passo si rivela essere troppo lento per una tirata unica fino a Bagneri in giornata. Sarebbe opportuno pernottare al Coda o al massimo al Monbarone e concludere il trekking l'indomani. Purtroppo però Pietro deve assolutamente rientrare perché ha un impegno in serata. Non mi sento sufficientemente motivato per continuare da solo anche perché la cresta che conduce dal Coda al Monbarone l'ho già percorsa altre volte e in entrambi i sensi. Dopo un breve consulto decidiamo quindi di scendere dal Coda verso la Valle Elvo e ci concediamo un bagno rigenerante in una magnifica "lama" a due passi dal ponte sull'Elvo.
Ometto volutamente una descrizione didascalica delle tappe dato che risulterebbe essere poco originale e rischierebbe di annoiare. Mi limiterò ad esprimere alcune considerazioni e, perché no, a raccontare qualche emozione scaturita lungo il cammino. A tal proposito dico subito che la gioia più grande è senz’altro stata quella di camminare per tre giorni in compagnia di mio figlio Pietro. Da un sacco di tempo non trascorrevo 36 ore filate con lui. Il primo giorno di trekking, guardandolo salire davanti a me verso il Rivetti, pensavo alla prima volta che abbiamo percorso insieme quel sentiero: lui era nello zainetto porta-bimbi e ha dormito tutto il tempo! Adesso ha appena compiuto 20 anni ed è li davanti a confermarmi che l’anagrafe incide implacabilmente sulle tabelle di marcia.
Giovedì 16 agosto alla partenza da Piedicavallo il meteo é tipicamente "biellese" e qualche goccia di pioggia sembra voler testare le nostre motivazioni. Tutto nella norma. Lungo il primo tratto di sentiero il Comune di Piedicavallo ha predisposto una piccola area recintata da una staccionata, destinata alla dispersione delle ceneri funerarie. Mi chiedo se ne sorgeranno altre e soprattutto se ne verrà predisposta una in punta al Mucrone: mio padre ogni tanto mi rammenta che a tempo debito, il più tardi possibile, quello sarà il suo posto. Poco più avanti ci appare l'ex ristoro Olimpia, ridotto ad un rudere. Ormai sembra contendere alla stazione dell'Anticima la palma di ecomostro nostrano. Dopo un rapido saluto a Sandro, storico gestore del Rivetti, raggiungiamo il colle della Mologna Grande, punto di inizio della lunga cavalcata in cresta. Come di consueto sul versante valdostano il tempo è nettamente migliore. Si comincia ad arrampicare un po' ed il percorso è evidente, mantenendosi prevalentemente sulla cresta spartiacque. Solo in rari casi siamo costretti a cercare i bollini blu che tracciano la via e che, seppur sbiaditi, ci orientano in mezzo alle nubi e alla nebbia. Superato il secondo gemello scendiamo rapidi verso il colle della Mologna Piccola, traversando appena sopra al lago Riazzale e percorrendo il sentiero che congiunge il rifugio Rivetti al rifugio della Vecchia attraverso il passo Ambruse ed il colle Gruviera. Quest'ultimo rifugio, normalmente frequentatissimo, al momento è inagibile perché in fase di ristrutturazione. Purtroppo i lavori hanno subito un rallentamento a causa del fallimento della ditta appaltatrice ma i tecnici della Comunità Montana Valle Cervo, proprietaria del rifugio, garantiscono che dopo ferragosto il cantiere verrà riaperto. Speriamo sia pronto almeno per la prossima stagione (lo spera anche Valeria immagino...) Ceniamo improvvisando una piccola grigliata e passiamo la notte nel locale invernale, in completa solitudine, e ci risvegliamo al sorgere del sole che spunta dietro il Bo e illumina la bastionata del monte Cresto e tutta la conca del Lago della Vecchia.
La seconda tappa è lunga e magnifica al tempo stesso. Il tempo rispetto a ieri è leggermente migliorato e anche se si mantiene in prevalenza nuvoloso sul versante biellese, ci permette di godere di stupendi panorami verso nord: Monte Rosa, Cervino, Gran Combin e Monte Bianco sembrano lì ad un passo. Dopo aver valicato il Colle della Vecchia recuperiamo la linea di cresta al Colle delle Tote e saliamo nell'ordine: Monte Cresto, Colle del Lupo, Pietra Bianca, Punta Gragliasca, Gran Gabe, Lej Long, Punta della Barma e Monte Camino. Lungo la linea di cresta non incontriamo nessun problema relativo alla sicurezza. I brevi tratti esposti sono attrezzati con funi e in alcuni casi con catene. Nei lunghi traversi tra le pietraie invece occore prestare attenzione all'orientamento. Si procede cercando i classici ometti perché i bolli azzurri sono sbiaditi, in certi casi quasi invisibili. Le targhette rettangolari con il logo, una volta presenti lungo tutto il percorso, saranno rimaste una decina. Per fortuna oggi la visibilità è buona, in caso di nebbia la probabilità di perdersi è elevata. Pietro se ne esce con una frase che mi fa riflettere: "dovrebbero ridipingerli finché si vedono ancora". Già! Ma dovrebbero chi? Glielo chiedo ma la domanda cade nel vuoto, probabilmente non sente perché è troppo distante, oppure nemmeno lui sa cosa rispondere. Una decina di anni fa le guide alpine di Tike Saab, con la collaborazione di alcuni Enti Territoriali, idearono, tracciarono e attrezzarono questa Alta Via collegando fra loro "spezzoni" di cresta delle valli Cervo, Oropa ed Elvo. Oggi la necessità di una manutenzione è evidente così come è evidente che, senza un'adeguata promozione e publicizzazione dell'opera, l'Alta Via dei Monti Biellesi sembra essere destinata ad un lento oblio. Verso le 15,30 finalmente raggiungiamo la Capanna Renata. Riusciamo perfino a farci una doccia, fredda naturalmente. Rimango sulla terrazza del rifugio ad osservare i turisti che si affrettano a salire sulle "gabbiette" prima della chiusura degli impianti. Guardo a sud, verso il Mucrone e la pianura. Il rudere dell'Anticima è li di fronte, quasi alla stessa altezza. Fa orrore, lo so, eppure ci sono affezionato. Quando è stata smantellata ero un ragazzino. Appartengo all'ultima generazione che d'inverno saliva su quella micro-funivia arancione per raggiungere quella che secondo me era la pista da sci più bella del comprensorio biellese. Pietro ha preso un libro con sé ed è risalito in punta al Camino ad attendere il tramonto. Per lui la funivia dell'anticima è il MOV-ING, a Chiavazza, ma va bene anche così... Ceniamo e pernottiamo in compagnia dei gentilissimi e simpatici gestori Chiara e Yosel.
Terzo e ultimo giorno. Riprendiamo la marcia in quella che, secondo i piani, dovrebbe essere la tappa più lunga del nostro tour, dalla Capanna Renata al villaggio alpino di Bagneri. Dal Monte Camino saliamo al Monte Rosso, raggiungiamo il Colle Chardon, ci arrampichiamo lungo la ferrata "Ciao Michi" fino alla vetta del Monte Mars (2600mt punto più elevato del Biellese).
Una volta scesi al Colle Sella in breve raggiungiamo il Rif.Coda. La stanchezza purtroppo comincia a farsi sentire (quasi quanto le vesciche che mi tormentano i mignoli) ed il mio passo si rivela essere troppo lento per una tirata unica fino a Bagneri in giornata. Sarebbe opportuno pernottare al Coda o al massimo al Monbarone e concludere il trekking l'indomani. Purtroppo però Pietro deve assolutamente rientrare perché ha un impegno in serata. Non mi sento sufficientemente motivato per continuare da solo anche perché la cresta che conduce dal Coda al Monbarone l'ho già percorsa altre volte e in entrambi i sensi. Dopo un breve consulto decidiamo quindi di scendere dal Coda verso la Valle Elvo e ci concediamo un bagno rigenerante in una magnifica "lama" a due passi dal ponte sull'Elvo.
Alla fine il nostro percorso di cresta non è stato "integrale" ma che importanza ha? E' stato un po' come quando fai una bella gita, o una scalata impegnativa, ma per una ragione o per l'altra non raggiungi la cima. Quante volte... Eppure, sebbene raggiungere la meta che ci siamo posti sia sempre fonte di grande soddisfazione, io continuo a trarre maggior gratificazione dal viaggio...
..."per la sola ragione del viaggio, viaggiare"...
Tourengänger:
margan

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