Anello di Cossogno
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Poche settimane orsono, casualmente, avevo fatto conoscenza sui monti di casa con un escursionista varesino, Giancarlo, autentico patito e conoscitore della Valgrande. Dopo aver condiviso parte di una mia escursione con lui decidiamo di scambiarci i numeri, cosicchè qualche giorno dopo eccolo contattarmi e propormi, appunto, un giro in Valgrande.
Era da molto tempo che avevo in mente di andarci, ma ho sempre rinviato, cosicchè la gentile occasione fornitami da Giancarlo non era affatto da perdere ed ho accettato subito: ho talmente fiducia della mia guida che neanche controllo l'itinerario da lui proposto, piuttosto impegnativo come dislivello. Dall'inizio dell'anno ho fatto ben poco, limitandomi ai monti di casa, dunque spero di esserne all'altezza.
Partiamo dunque da Varese per Cossogno (m.391), raggiunta dopo un'ora abbondante d'auto, dal quale si compirà un lungo anello nella parte meridionale della Valgrande. Seguendo un'antica mulattiera scavata nella roccia, che in realtà è l'antica strada di collegamento per Cicogna il quale lungamente costeggia a mezzacosta il torrente San Bernardino, raggiungiamo dapprima l'Alpe Miunchio (m.530), le rovine dell'Alpe Albanè (m.429) e Ponte Casletto (m.411), ove s'inizia a costeggiare le gole profonde del Rio Pogallo. Ora si segue la sponda opposta e finalmente inizia la salita su sentiero per Cicogna (m.732), sede del Parco Naturale della Valgrande, ove facciamo una sosta dopo due ore di saliscendi in cui non abbiamo incontrato anima viva, escluso un cerbiatto. Cicogna è, viceversa, affollatissima, ma lungo l'itinerario che seguiremo fino all'Alpe Curgei faremo ancora pochissimi incontri.
Scendiamo di nuovo al Rio Pogallo sino a toccare il ponte de La Buia (m.452), dal quale ha inizio la salita più lunga e dura della giornata: 900 metri secchi secchi di dislivello con pendenza assai aspra su sentiero e tracce non sempre evidentissime, anche se i segnali in vernice sono quasi sempre bene in vista. Raggiungiamo dapprima le rovine di Premiago (m.695), ormai inghiottite dal bosco, poi quelle di Varola (m.921), in ottima posizione panoramica, ove ci concediamo una piccola sosta. Qui curiosamente incontriamo un'escursionista che avevamo incontrato alla partenza, il quale sta facendo il nostro stesso anello, ma in senso opposto.
Si continua a salire senza tregua sino a Varolina (m.1029), e infine all'Alpe Curgei (m.1350), ove si trova un bivacco in discrete condizioni: in quest'ultimo tratto ammetto d'aver alquanto faticato, forse anche per il caldo, ma le gambe decisamente non andavano. Qui incontriamo molta gente, giunta perlopiù dal lato opposto, proveniente da Pian Cavallone e Cappella Fina: sostiamo lungamente per il meritato pranzo davanti a un panorama davvero stuzzicante, che comprende anche il Monte Rosa, cui peraltro i Corni del Nibbio fanno discreta concorrenza.
Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con altri escursionisti si riparte per la meta più elevata, dalla quale avrà poi inizio la non meno lunga discesa, il Pizzo Pernice (m.1506): nonostante la salita sia ora assai banale, per ampi prati con cespugli, mi accorgo che qualcosa non va... Le gambe letteralmente si bloccano e ho come dei crampi (ma non lo erano, in quanto postumi non ne ho avuti affatto) ad ambedue le cosce: mi devo fermare per qualche attimo sedendomi su un sasso, e le cose effettivamente migliorano. Cosa sarà successo? Conto di indagare, spero nulla d'importante, ma mai mi era accaduta una cosa simile sinora. Mi riprendo, saliamo in breve sul Pizzo Pernice evitando di spingere, incontrando un altro allegro gruppo di escursionisti, dopo di che ha inizio la discesa: dopo un po' tutto sembra tornare a posto, non accuso più fitte e il movimento torna fluido. Meno male. Tocchiamo la vetta panoramica del Monte Todum (m.1298), dopo di che ha inizio la discesa vera e propria per Cossogno, chiamata "chilometro verticale" poichè copre mille metri esatti di dislivello, se si conta la parte bassa del paese. E' davvero un bel sentiero, e se all'andata avevamo trovato perlopiù rovine, ora invece incontriamo vari villaggi con case ben ristrutturate, di cui il più ampio e animato è senza dubbio Rugno (m.741), col suo oratorio e i massi coppellati. Poco prima delle 18 siamo alla macchina: il mio "battesimo" in Valgrande, seppur parziale, è andato, e sono veramente soddisfatto di aver conosciuto luoghi che non conoscevo e che suscitano emozioni contrastanti. Un ringraziamento a Giancarlo, che mi ha condotto in questi magnifici luoghi.
Era da molto tempo che avevo in mente di andarci, ma ho sempre rinviato, cosicchè la gentile occasione fornitami da Giancarlo non era affatto da perdere ed ho accettato subito: ho talmente fiducia della mia guida che neanche controllo l'itinerario da lui proposto, piuttosto impegnativo come dislivello. Dall'inizio dell'anno ho fatto ben poco, limitandomi ai monti di casa, dunque spero di esserne all'altezza.
Partiamo dunque da Varese per Cossogno (m.391), raggiunta dopo un'ora abbondante d'auto, dal quale si compirà un lungo anello nella parte meridionale della Valgrande. Seguendo un'antica mulattiera scavata nella roccia, che in realtà è l'antica strada di collegamento per Cicogna il quale lungamente costeggia a mezzacosta il torrente San Bernardino, raggiungiamo dapprima l'Alpe Miunchio (m.530), le rovine dell'Alpe Albanè (m.429) e Ponte Casletto (m.411), ove s'inizia a costeggiare le gole profonde del Rio Pogallo. Ora si segue la sponda opposta e finalmente inizia la salita su sentiero per Cicogna (m.732), sede del Parco Naturale della Valgrande, ove facciamo una sosta dopo due ore di saliscendi in cui non abbiamo incontrato anima viva, escluso un cerbiatto. Cicogna è, viceversa, affollatissima, ma lungo l'itinerario che seguiremo fino all'Alpe Curgei faremo ancora pochissimi incontri.
Scendiamo di nuovo al Rio Pogallo sino a toccare il ponte de La Buia (m.452), dal quale ha inizio la salita più lunga e dura della giornata: 900 metri secchi secchi di dislivello con pendenza assai aspra su sentiero e tracce non sempre evidentissime, anche se i segnali in vernice sono quasi sempre bene in vista. Raggiungiamo dapprima le rovine di Premiago (m.695), ormai inghiottite dal bosco, poi quelle di Varola (m.921), in ottima posizione panoramica, ove ci concediamo una piccola sosta. Qui curiosamente incontriamo un'escursionista che avevamo incontrato alla partenza, il quale sta facendo il nostro stesso anello, ma in senso opposto.
Si continua a salire senza tregua sino a Varolina (m.1029), e infine all'Alpe Curgei (m.1350), ove si trova un bivacco in discrete condizioni: in quest'ultimo tratto ammetto d'aver alquanto faticato, forse anche per il caldo, ma le gambe decisamente non andavano. Qui incontriamo molta gente, giunta perlopiù dal lato opposto, proveniente da Pian Cavallone e Cappella Fina: sostiamo lungamente per il meritato pranzo davanti a un panorama davvero stuzzicante, che comprende anche il Monte Rosa, cui peraltro i Corni del Nibbio fanno discreta concorrenza.
Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con altri escursionisti si riparte per la meta più elevata, dalla quale avrà poi inizio la non meno lunga discesa, il Pizzo Pernice (m.1506): nonostante la salita sia ora assai banale, per ampi prati con cespugli, mi accorgo che qualcosa non va... Le gambe letteralmente si bloccano e ho come dei crampi (ma non lo erano, in quanto postumi non ne ho avuti affatto) ad ambedue le cosce: mi devo fermare per qualche attimo sedendomi su un sasso, e le cose effettivamente migliorano. Cosa sarà successo? Conto di indagare, spero nulla d'importante, ma mai mi era accaduta una cosa simile sinora. Mi riprendo, saliamo in breve sul Pizzo Pernice evitando di spingere, incontrando un altro allegro gruppo di escursionisti, dopo di che ha inizio la discesa: dopo un po' tutto sembra tornare a posto, non accuso più fitte e il movimento torna fluido. Meno male. Tocchiamo la vetta panoramica del Monte Todum (m.1298), dopo di che ha inizio la discesa vera e propria per Cossogno, chiamata "chilometro verticale" poichè copre mille metri esatti di dislivello, se si conta la parte bassa del paese. E' davvero un bel sentiero, e se all'andata avevamo trovato perlopiù rovine, ora invece incontriamo vari villaggi con case ben ristrutturate, di cui il più ampio e animato è senza dubbio Rugno (m.741), col suo oratorio e i massi coppellati. Poco prima delle 18 siamo alla macchina: il mio "battesimo" in Valgrande, seppur parziale, è andato, e sono veramente soddisfatto di aver conosciuto luoghi che non conoscevo e che suscitano emozioni contrastanti. Un ringraziamento a Giancarlo, che mi ha condotto in questi magnifici luoghi.
Tourengänger:
Poncione

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