A caccia di camosci in Valnontey
|
||||||||||||
Il passo del leopardo è d'obbligo per avvicinarsi silenziosamente alla preda.
Incurante dell'erba inzuppata dalla rugiada mattutina, striscio sul piccolo dosso erboso che ho raggiunto deviando dal sentiero.
Il termometro segna cinque gradi.
Oltre i duemila metri a fine settembre l'autunno non è alle porte, è già in soggiorno che beve un aperitivo e fuma un sigaro in pantofole di feltro.
Ho seguito una traccia di palline di sterco inequivocabile mentre avanzavo, trovandone via via sempre più fresche, dalla quantità dovrebbe trattarsi di un gruppo di almeno cinque o sei esemplari.
Aggiro una roccia tappezzata di licheni, un riflesso arancione mi comunica che sullo sfondo il sole sta guadagnando le cime del massiccio del Gran Paradiso.
Mancano pochi minuti alle otto, la valle è ancora abbracciata dalle mani incolore dell'ombra, io ho lasciato il letto alle sei per essere qui, del resto gli esemplari migliori si cacciano al mattino presto.
Da una macchia di cespugli giallastri, come da una quinta teatrale esce spedito un magnifico esemplare di camoscio, sfrecciando davanti ai miei occhi a tre quattro metri.
E' una femmina adulta.
Poco distante, più a valle, il resto del gruppo trotterella, cucciolo compreso.
Con una traslazione laterale al livello del terreno, guadagno una posizione migliore per la mira.
Una ventata d'aria gelida mi ghiaccia la schiena sudata, mettendomi immediatamente al corrente della mia poca perizia venatoria, sono sopravento.
Infatti i camosci percepita la pericolosa presenza dell' uomo, si spostano in gruppo a valle riparando dietro una cengia rocciosa.
Non è vero che in mezzo alla natura è sempre sufficiente abbassarsi di livello, anzi bisogna elevarsi al massimo delle capacità per procurarsi il cibo, non soccombere alle sue leggi e sopravvivere.
Con la lentezza del cacciatore in punta, camminando chino compio un lungo giro che mi permette infine di vedere di lato il piccolo gruppo di animali, al riparo di un masso erratico, piantato nel prato come un misterioso dolmen.
Ora li inquadro meglio, sono ad una ragionevole distanza per coglierli, devo solo scegliere la prima "vittima".
Escludo il cucciolo e la madre, per un impeto di sentimentalismo.
Certo, quel magnifico esemplare maschio dal pelo marrone tabacco, è perfetto.
Starà d'incanto appeso sopra al mio caminetto.
Prendo la mira.
Uso un sistema suggerito da un cecchino russo che ha fatto la guerra in Cecenia: dopo la valutazione della distanza e della possibile influenza del vento, chiudo per pochi secondi gli occhi per riordinare i bastoncelli della retina, li riapro, trattengo il fiato e conto mentalmente.
Al numero tre il dito indice si flette deciso e parte il colpo.
Clic.
Un altro.
Clic.
Ancora.
Clic.
Ora punto la macchina fotografica sull'esemplare maschio più giovane, mentre il piccolo continua indisturbato a brucare l'erba stopposa.
Scatto diverse fotografie dalla mia postazione riparata, ora i camosci mi hanno visto, mi tengono d'occhio.
Non so se un camoscio è in grado di percepire la differenza tra un fucile ed una macchina fotografica, l'uomo però la comprende benissimo.
Pollice verso alla caccia dunque, da parte mia, l'unica sua forma che approvo - oltre a quella fotografica - è quella delle tribù disperse nelle foreste pluviali, dei nomadi delle steppe asiatiche o altre popolazioni vivono in luoghi ostili del pianeta.
Quelli insomma dove non è ancora arrivato Mc Donald's.
La fotografia più bella, come mia intenzione, verrà appesa sopra al camino.
soundtrack: Petra Magoni & Ferruccio Spinetti " I will survive"
http://www.youtube.com/watch?v=qZp2b4wDqjE&feature=related
Incurante dell'erba inzuppata dalla rugiada mattutina, striscio sul piccolo dosso erboso che ho raggiunto deviando dal sentiero.
Il termometro segna cinque gradi.
Oltre i duemila metri a fine settembre l'autunno non è alle porte, è già in soggiorno che beve un aperitivo e fuma un sigaro in pantofole di feltro.
Ho seguito una traccia di palline di sterco inequivocabile mentre avanzavo, trovandone via via sempre più fresche, dalla quantità dovrebbe trattarsi di un gruppo di almeno cinque o sei esemplari.
Aggiro una roccia tappezzata di licheni, un riflesso arancione mi comunica che sullo sfondo il sole sta guadagnando le cime del massiccio del Gran Paradiso.
Mancano pochi minuti alle otto, la valle è ancora abbracciata dalle mani incolore dell'ombra, io ho lasciato il letto alle sei per essere qui, del resto gli esemplari migliori si cacciano al mattino presto.
Da una macchia di cespugli giallastri, come da una quinta teatrale esce spedito un magnifico esemplare di camoscio, sfrecciando davanti ai miei occhi a tre quattro metri.
E' una femmina adulta.
Poco distante, più a valle, il resto del gruppo trotterella, cucciolo compreso.
Con una traslazione laterale al livello del terreno, guadagno una posizione migliore per la mira.
Una ventata d'aria gelida mi ghiaccia la schiena sudata, mettendomi immediatamente al corrente della mia poca perizia venatoria, sono sopravento.
Infatti i camosci percepita la pericolosa presenza dell' uomo, si spostano in gruppo a valle riparando dietro una cengia rocciosa.
Non è vero che in mezzo alla natura è sempre sufficiente abbassarsi di livello, anzi bisogna elevarsi al massimo delle capacità per procurarsi il cibo, non soccombere alle sue leggi e sopravvivere.
Con la lentezza del cacciatore in punta, camminando chino compio un lungo giro che mi permette infine di vedere di lato il piccolo gruppo di animali, al riparo di un masso erratico, piantato nel prato come un misterioso dolmen.
Ora li inquadro meglio, sono ad una ragionevole distanza per coglierli, devo solo scegliere la prima "vittima".
Escludo il cucciolo e la madre, per un impeto di sentimentalismo.
Certo, quel magnifico esemplare maschio dal pelo marrone tabacco, è perfetto.
Starà d'incanto appeso sopra al mio caminetto.
Prendo la mira.
Uso un sistema suggerito da un cecchino russo che ha fatto la guerra in Cecenia: dopo la valutazione della distanza e della possibile influenza del vento, chiudo per pochi secondi gli occhi per riordinare i bastoncelli della retina, li riapro, trattengo il fiato e conto mentalmente.
Al numero tre il dito indice si flette deciso e parte il colpo.
Clic.
Un altro.
Clic.
Ancora.
Clic.
Ora punto la macchina fotografica sull'esemplare maschio più giovane, mentre il piccolo continua indisturbato a brucare l'erba stopposa.
Scatto diverse fotografie dalla mia postazione riparata, ora i camosci mi hanno visto, mi tengono d'occhio.
Non so se un camoscio è in grado di percepire la differenza tra un fucile ed una macchina fotografica, l'uomo però la comprende benissimo.
Pollice verso alla caccia dunque, da parte mia, l'unica sua forma che approvo - oltre a quella fotografica - è quella delle tribù disperse nelle foreste pluviali, dei nomadi delle steppe asiatiche o altre popolazioni vivono in luoghi ostili del pianeta.
Quelli insomma dove non è ancora arrivato Mc Donald's.
La fotografia più bella, come mia intenzione, verrà appesa sopra al camino.
soundtrack: Petra Magoni & Ferruccio Spinetti " I will survive"
http://www.youtube.com/watch?v=qZp2b4wDqjE&feature=related
Tourengänger:
lebowski
Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden
Kommentare (13)