Prima volta sul Monte Rosa
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Il Monte Rosa è da anni nei miei progetti, ma per un motivo o per l'altro non sono mai riuscito a realizzare questo piccolo sogno. Io sono in vacanza e Valerio può prendere qualche giorno di libero. Si parte!
Giorno 1:
Martedì mattina alle 4.20 sono sotto casa sua, carichiamo gli zaini e partiamo alla volta di Alagna Valsesia. Giungiamo alla meta con mezzora di anticipo e ci concediamo una seconda colazione. Alle 7.30 saliamo sulla prima funivia, che in tre tronconi ci porta ai 3260m di Punta Indren. Scambiamo due parole con l'addetto alla funivia, ieri ci sono stati forti temporali e in quota ha nevicato. Lo spettacolo che ci si presenta davanti all'arrivo della funivia è di quelli da mozzare il fiato: siamo finalmente sul Rosa!
Ci incamminiamo sulla neve, le tracce sono ormai nascoste dalla nevicata del giorno precedente. Dopo un centinaio di metri ci fermiamo ad incordarci e prepararci per la prima meta della giornata, la Punta Giordani.
La Punta Giordani è un cima minore del Monte Rosa, ma pur sempre un 4000! La cima sporge come una spalla sulla cresta SE della Piramide Vincent e può facilmente venir raggiunta risalendo il ghiacciaio dell'Indren. Il pendio è ripido e carico di neve, ma comunque sicuro. Ci incamminiamo prendendo quota con un largo zig zag, poi tenendo la destra risaliamo il ripido pendio che costeggia una costola rocciosa. Superato questo ripido tratto ci portiamo nel mezzo sopra una fascia di seracchi per poi puntare alla piatta cresta nevosa che collega alla vetta. Davanti a noi, a circa un'ora di vantaggio, c'è una cordata che ci precede e che sta battendo la traccia nella neve fresca. Avanzare è comunque faticoso e nell'utlimo tratto fatico a stare in piedi a causa dello zoccolo di neve che si forma sotto i miei ramponi ad ogni passo, tanto che mi fermo a toglierli. In 2 ore e mezzo raggiungiamo i 4046m della Punta Giordani. Indossiamo la giacca e ci concediamo qualche minuto di pausa per rifocillarci e goderci lo spettacolare panorama. Verso N il versante precipita in modo impressionante sul sottostante ghiacciaio delle Piode. Davanti a noi si staglia la parata dei 4000: Piramide Vincent, Corno Nero, Ludwigshöhe, Punta Parrot e la Punta Gnifetti con la capanna Margherita. Dalle creste sporgono impressionanti cornici di neve.
Dopo qualche minuto di pausa iniziamo la discesa che si rivelerà faticosa quanto la salita. A causa della recente nevicata e delle alte temperature che non hanno permesso un buon rigelo notturno, sprofondiamo ad ogni passo fino al ginocchio. È difficile stare in piedi e più scendiamo più le condizioni della neve peggiorano. Dopo una lunga e penosa discesa, raggiungiamo la base del ghiacciaio dell'Indren, stanchi e sudati. Da lì in circa mezz'ora risaliamo il sentiero che ci porta al Rifugio Città di Mantova, dove ho riservato per la notte. Il rifugio, costruito nel 1984, si situa 140 m più in basso del più grande rifugio Gnifetti e ci sembra subito molto accogliente. Sistemiamo le nostre cose, prendiamo possesso dei nostri letti e mangiamo un piatto di minestra calda. Il tempo è brutto e domani ci aspetta ancora una lunga giornata. Siamo stanchi per la salita ma soprattutto per la levataccia e ci ritiriamo nelle nostre brande per recuperare qualche ora di sonno. Più tardi ci ritroviamo nel refettorio, che pian piano si anima e facciamo i programmi per l'indomani, segue la cena, ottima (si poteva addirittura scegliere tra 2 primi e 2 secondi). E poi di nuovo a nanna.
Giorno 2:
Il mattino seguente la sveglia suona di nuovo presto. Alle 4 facciamo colazione e alle 4.20 siamo pronti per partire: riposati, motivati, perfettamente acclimatati, se non fosse per un particolare... i ramponi di Valerio non si trovano più! Li aveva lasciati la sera precedente pronti per essere usati, vicino agli scarponi e alle ghette... SPARITI!!! Ovviamente li cerchiamo dappertutto, chiediamo in giro, ... NIENTE!!!
Dall'entusiasmo passiamo alla speranza di trovare i ramponi, che si sia trattato di uno scambio, una svista. Poi col passare dei tempo cresce la rabbia e la frustrazione, coscienti che senza ramponi non ci resta che scendere a valle e tornare a casa!
E a questo punto mi permetto di aprire una parentesi. Mi piace pensare sempre alla buona fede della gente e sono convinto che possa succedere di sbagliarsi. In fondo piccozze, ramponi e scarponi da montagna sono solitamente di poche marche e modelli, e un errore può succedere. In questo caso però mi risulta difficile pensare a una disattenzione! La sensazione è quella di qualcuno che ha voluto fare il furbo... e se così fosse non vi dico cosa ho augurato a questo individuo!
Proviamo a chiedere ai responsabili del rifugio se per caso hanno attrezzatura da prestare o da affittare, ma purtroppo il materiale è già stato messo a disposizione di un gruppo di ragazzi (forse una scolaresca) che alloggia in capanna. Quando ormai ci eravamo rassegnati a tornarcene a casa con le pive nel sacco, la guida ci dice che uno dei ragazzi non si sente bene e ha rinunciato all'escursione, quindi ci sono un paio di ramponi a disposizione!
Ormai è passata più di un ora da quando pensavamo di partire, ma in quattro e quattr'otto siamo pronti e partiamo. Perlomeno non dovremo rinunciare alla nostra salita. Meta: la Punta Gnifetti con il rifugio più alto di Europa. Il cielo è sereno e durante la notte ha fatto freddo. I ramponi fanno presa sulla neve dura e cominciamo a salire il primo pendio che ci porta dapprima al rifugio Gnifetti, poi a risalire i pendii che conducono al Colle del Lys. È una salita lunga, forse un po' monotona, ma lo spettacolo è impagabile: a destra si susseguono gli impressionanti seracchi della Piramide Vincent, poi l'isolotto del Balmenhorn, lo scivolo nevoso del Corno Nero, la Ludwigshöhe. A destra il Liskamm con la sua bianca cresta si lascia solo intravvedere tra le nuvole. Per tutto il giorno resterà infatti nascosto e non si concederà mai al nostro sguardo. Giunti agli oltre 4000 metri del Colle del Lys, si apre davanti a noi la conca del Grenzgletscher: Sono stanco ma dopo una breve pausa proseguiamo e risaliamo dapprima il pendio che ci porta al Colle Gnifetti, poi l'ultima, ripidissima rampa che porta alla Capanna Margherita. Siamo sull'uscio del rifugio alle 10 in punto, dopo 4 ore e mezzo di cammino. Alcune cordate si stanno già preparando per la discesa. Soffia un vento gelido e ci concediamo una pausa in capanna, dove beviamo del té caldo e una fetta di torta alla quota di 4554m. Alle 10.30 ripartiamo. Il tempo sta cambiando e il fronte freddo previsto si sta avvicinando rapidamente. Dobbiamo scendere! Affrontiamo con attenzione il pendio sotto la capanna, e sul Colle Gnifetti scopriamo che le tracce di salita sono state cancellate dal vento. Ormai abbiamo rinunciato a salire la Punta Zumstein, è tardi e non sappiamo quanto tempo abbiamo a disposizione prima dell'arrivo del brutto tempo. Scendiamo veloci e per fortuna nella conca sottostante, più riparata, le condizioni sono un po' migliori. Incontriamo delle cordate che salgono, probabilmente per pernottare in rifugio. risaliamo al Colle del Lys e poi nuovamente giù verso il rifugio. I riferimenti scompaiono nella nebbia e la nostra discesa diventa a tratti "alla cieca". In queste condizioni sarebbe facile perdersi, fortunatamente le tracce sono ben visibili e noi siamo stati molto attenti durante la salita. Poco dopo mezzogiorno siamo di ritorno al rifugio. Una breve pausa per riordinare il materiale e imbocchiamo il sentiero che porta a Punta Indren. Nel frattempo il maltempo è arrivato, e sul ghiacciaio dell'Indren ci sorprende con una grandinata! Poco male, ormai siamo a una decina di minuti dalla funivia.
Si conclude così, bagnati fradici, la nostra prima avventura sul Monte Rosa. Sicuramente non sarà l'ultima!
P.S. La sera stessa ho "segnato" i miei ramponi e la mia piccozza!
Giorno 1:
Martedì mattina alle 4.20 sono sotto casa sua, carichiamo gli zaini e partiamo alla volta di Alagna Valsesia. Giungiamo alla meta con mezzora di anticipo e ci concediamo una seconda colazione. Alle 7.30 saliamo sulla prima funivia, che in tre tronconi ci porta ai 3260m di Punta Indren. Scambiamo due parole con l'addetto alla funivia, ieri ci sono stati forti temporali e in quota ha nevicato. Lo spettacolo che ci si presenta davanti all'arrivo della funivia è di quelli da mozzare il fiato: siamo finalmente sul Rosa!
Ci incamminiamo sulla neve, le tracce sono ormai nascoste dalla nevicata del giorno precedente. Dopo un centinaio di metri ci fermiamo ad incordarci e prepararci per la prima meta della giornata, la Punta Giordani.
La Punta Giordani è un cima minore del Monte Rosa, ma pur sempre un 4000! La cima sporge come una spalla sulla cresta SE della Piramide Vincent e può facilmente venir raggiunta risalendo il ghiacciaio dell'Indren. Il pendio è ripido e carico di neve, ma comunque sicuro. Ci incamminiamo prendendo quota con un largo zig zag, poi tenendo la destra risaliamo il ripido pendio che costeggia una costola rocciosa. Superato questo ripido tratto ci portiamo nel mezzo sopra una fascia di seracchi per poi puntare alla piatta cresta nevosa che collega alla vetta. Davanti a noi, a circa un'ora di vantaggio, c'è una cordata che ci precede e che sta battendo la traccia nella neve fresca. Avanzare è comunque faticoso e nell'utlimo tratto fatico a stare in piedi a causa dello zoccolo di neve che si forma sotto i miei ramponi ad ogni passo, tanto che mi fermo a toglierli. In 2 ore e mezzo raggiungiamo i 4046m della Punta Giordani. Indossiamo la giacca e ci concediamo qualche minuto di pausa per rifocillarci e goderci lo spettacolare panorama. Verso N il versante precipita in modo impressionante sul sottostante ghiacciaio delle Piode. Davanti a noi si staglia la parata dei 4000: Piramide Vincent, Corno Nero, Ludwigshöhe, Punta Parrot e la Punta Gnifetti con la capanna Margherita. Dalle creste sporgono impressionanti cornici di neve.
Dopo qualche minuto di pausa iniziamo la discesa che si rivelerà faticosa quanto la salita. A causa della recente nevicata e delle alte temperature che non hanno permesso un buon rigelo notturno, sprofondiamo ad ogni passo fino al ginocchio. È difficile stare in piedi e più scendiamo più le condizioni della neve peggiorano. Dopo una lunga e penosa discesa, raggiungiamo la base del ghiacciaio dell'Indren, stanchi e sudati. Da lì in circa mezz'ora risaliamo il sentiero che ci porta al Rifugio Città di Mantova, dove ho riservato per la notte. Il rifugio, costruito nel 1984, si situa 140 m più in basso del più grande rifugio Gnifetti e ci sembra subito molto accogliente. Sistemiamo le nostre cose, prendiamo possesso dei nostri letti e mangiamo un piatto di minestra calda. Il tempo è brutto e domani ci aspetta ancora una lunga giornata. Siamo stanchi per la salita ma soprattutto per la levataccia e ci ritiriamo nelle nostre brande per recuperare qualche ora di sonno. Più tardi ci ritroviamo nel refettorio, che pian piano si anima e facciamo i programmi per l'indomani, segue la cena, ottima (si poteva addirittura scegliere tra 2 primi e 2 secondi). E poi di nuovo a nanna.
Giorno 2:
Il mattino seguente la sveglia suona di nuovo presto. Alle 4 facciamo colazione e alle 4.20 siamo pronti per partire: riposati, motivati, perfettamente acclimatati, se non fosse per un particolare... i ramponi di Valerio non si trovano più! Li aveva lasciati la sera precedente pronti per essere usati, vicino agli scarponi e alle ghette... SPARITI!!! Ovviamente li cerchiamo dappertutto, chiediamo in giro, ... NIENTE!!!
Dall'entusiasmo passiamo alla speranza di trovare i ramponi, che si sia trattato di uno scambio, una svista. Poi col passare dei tempo cresce la rabbia e la frustrazione, coscienti che senza ramponi non ci resta che scendere a valle e tornare a casa!
E a questo punto mi permetto di aprire una parentesi. Mi piace pensare sempre alla buona fede della gente e sono convinto che possa succedere di sbagliarsi. In fondo piccozze, ramponi e scarponi da montagna sono solitamente di poche marche e modelli, e un errore può succedere. In questo caso però mi risulta difficile pensare a una disattenzione! La sensazione è quella di qualcuno che ha voluto fare il furbo... e se così fosse non vi dico cosa ho augurato a questo individuo!
Proviamo a chiedere ai responsabili del rifugio se per caso hanno attrezzatura da prestare o da affittare, ma purtroppo il materiale è già stato messo a disposizione di un gruppo di ragazzi (forse una scolaresca) che alloggia in capanna. Quando ormai ci eravamo rassegnati a tornarcene a casa con le pive nel sacco, la guida ci dice che uno dei ragazzi non si sente bene e ha rinunciato all'escursione, quindi ci sono un paio di ramponi a disposizione!
Ormai è passata più di un ora da quando pensavamo di partire, ma in quattro e quattr'otto siamo pronti e partiamo. Perlomeno non dovremo rinunciare alla nostra salita. Meta: la Punta Gnifetti con il rifugio più alto di Europa. Il cielo è sereno e durante la notte ha fatto freddo. I ramponi fanno presa sulla neve dura e cominciamo a salire il primo pendio che ci porta dapprima al rifugio Gnifetti, poi a risalire i pendii che conducono al Colle del Lys. È una salita lunga, forse un po' monotona, ma lo spettacolo è impagabile: a destra si susseguono gli impressionanti seracchi della Piramide Vincent, poi l'isolotto del Balmenhorn, lo scivolo nevoso del Corno Nero, la Ludwigshöhe. A destra il Liskamm con la sua bianca cresta si lascia solo intravvedere tra le nuvole. Per tutto il giorno resterà infatti nascosto e non si concederà mai al nostro sguardo. Giunti agli oltre 4000 metri del Colle del Lys, si apre davanti a noi la conca del Grenzgletscher: Sono stanco ma dopo una breve pausa proseguiamo e risaliamo dapprima il pendio che ci porta al Colle Gnifetti, poi l'ultima, ripidissima rampa che porta alla Capanna Margherita. Siamo sull'uscio del rifugio alle 10 in punto, dopo 4 ore e mezzo di cammino. Alcune cordate si stanno già preparando per la discesa. Soffia un vento gelido e ci concediamo una pausa in capanna, dove beviamo del té caldo e una fetta di torta alla quota di 4554m. Alle 10.30 ripartiamo. Il tempo sta cambiando e il fronte freddo previsto si sta avvicinando rapidamente. Dobbiamo scendere! Affrontiamo con attenzione il pendio sotto la capanna, e sul Colle Gnifetti scopriamo che le tracce di salita sono state cancellate dal vento. Ormai abbiamo rinunciato a salire la Punta Zumstein, è tardi e non sappiamo quanto tempo abbiamo a disposizione prima dell'arrivo del brutto tempo. Scendiamo veloci e per fortuna nella conca sottostante, più riparata, le condizioni sono un po' migliori. Incontriamo delle cordate che salgono, probabilmente per pernottare in rifugio. risaliamo al Colle del Lys e poi nuovamente giù verso il rifugio. I riferimenti scompaiono nella nebbia e la nostra discesa diventa a tratti "alla cieca". In queste condizioni sarebbe facile perdersi, fortunatamente le tracce sono ben visibili e noi siamo stati molto attenti durante la salita. Poco dopo mezzogiorno siamo di ritorno al rifugio. Una breve pausa per riordinare il materiale e imbocchiamo il sentiero che porta a Punta Indren. Nel frattempo il maltempo è arrivato, e sul ghiacciaio dell'Indren ci sorprende con una grandinata! Poco male, ormai siamo a una decina di minuti dalla funivia.
Si conclude così, bagnati fradici, la nostra prima avventura sul Monte Rosa. Sicuramente non sarà l'ultima!
P.S. La sera stessa ho "segnato" i miei ramponi e la mia piccozza!
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