Pizzo della Croce (1824 m)
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“Cosa può spingerci ad abbandonare i riferimenti quotidiani della civiltà per immergerci nella natura, per cercare sulle montagne dimensioni che paiono senza utilità, senza scopo? Nel provare a rispondere, troppo spesso ci dimentichiamo della forza dell’immaginazione umana, del fatto che è l’immaginazione, in definitiva, a tenere in piedi la nostra vita…” (Giuseppe Brenna, Grandi cime per i nostri giorni).
Sfogliando una delle bibbie del Brenna mi sono imbattuto in questa frase, che trovo bellissima, e non ho potuto esimermi dal proporre la citazione. In più, trovo che essa si adatti particolarmente alla Valle Onsernone, sede dell’escursione odierna: qui la natura è davvero padrona e pur essendo a pochi minuti d’auto da Locarno, sembra davvero di trovarsi in un altro mondo, dove la fretta e tutti “i valori” della cosiddetta “civiltà” non contano.
Parto poco dopo le 6 da Coletta (806 m) , in prossimità del cartello del CAS che indica a 30 minuti di cammino la mia prossima destinazione, Quiello (1006 m). Qui giunto, abbandono il sentiero ufficiale del CAS che porta verso Russo e Mosogno e salgo per splendidi prati sempre in direzione Est fino alla quota 1160, dove, terminate la cascine, si incontra un acquedotto. Entro nel bosco e per i successivi 250 metri di dislivello incontrerò solo 4 segnavia biancorossi. La traccia è semisepolta dall’abbondante fogliame, l’unica cura è tenere sempre la direzione sul dorso del motto: così facendo ben presto mi ritrovo a Toresìa (1403 m), agglomerato di rovine con un rustico (quello superiore) ben riattato. In prossimità della penultima cascina (diroccata) svolto a destra e proseguo in piano. [Evitare di continuare la salita fino al Monte del Motto (1460 m), bello spiazzo arioso ma “esterno” rispetto alla presente escursione]. Ora si deve prestare attenzione: superato un rigagnolo si prosegue ancora in piano fino ad oltrepassare l’unico vero ruscello della giornata. Successivamente si deve tenere la traccia di sinistra (quella in leggera salita), se si riesce a scorgerla (io l’ho trovata e percorsa solo in discesa). L’alternativa è proseguire in piano e quando si arriva nuovamente sul dorso pieno di questo motto, abbandonare la traccia che prosegue in piano nel Bosco di Toresìa (e che porta - con sentiero a tratti introvabile, come dice il Brenna - alla Forcola), e salire diretti sempre cercando di stare in mezzo al motto. Così facendo, senza sentiero, o con labili tracce a volte individuabili sotto l’abbondante fogliame (ma senza più nessun segnavia), si arriva al primo rudere di Colmanicc, a cui poco sopra ne segue un altro (1601 m), molto evidente, e successivamente, con grande sorpresa da parte mia, un terzo stabile (nuovo) in legno, situato su un bellissimo punto panoramico (1665 m) appena fuori dalla faggeta. Da qui io ho puntato alla cresta sovrastante, e verso la fine della salita ho piegato a destra su di una pietraia situata in un bosco di larici. Sono arrivato sulla cresta che unisce il Pizzo della Croce al Pizzo Peloso in prossimità di uno slargo (a circa 1800 m), dove sono evidenti i resti di una costruzione in pietra. Da qui, in direzione S, parzialmente in cresta e parzialmente sul fianco W (dall’altra parte, sul lato soleggiato, le difficoltà sono, almeno per me, insormontabili: pareti verticali e scivoli d’erba ultra-esposti), con vari saliscendi per superare delle fasce rocciose e chiazze di neve fortunatamente dura, mi sono diretto verso la cima, dovendomi districare tra rododendri e bassa vegetazione. Con percorso logico ma non troppo agevole, alla fine eccomi sulla cima del Pizzo della Croce (1824 m).
Dice ancora il Brenna: “Non porta nessuna croce: un’antica croce di legno di larice (che deve aver dato il nome al monte) si trova invece sull’anticima 1646,8 m che, vista da Berzona, sembra proprio la vetta. Affaccia a meridione (in particolare l’anticima 1646,8) imponenti placconate: se ne ha un quadro suggestivo da Seghelina (frazione di Berzona). Tra l’anticima e la sommità principale, la cresta è rocciosa, frastagliata e lunga più di 500 metri. Nonostante la bassa quota, è una delle più belle e selvagge montagne onsernonesi. Non va affrontata sotto il solleone e con le alte erbe estive; va goduta nelle stagioni più fresche, diventando così un ineguagliabile luogo di contemplazione e d’ammirazione per la montagna, la sua asprezza, i suoi silenzi e i suoi abitatori stabili”.
Dopo la doverosa contemplazione riparto, cercando di abbassarmi sufficientemente per evitare i blocchi rocciosi ed al contempo non dover più effettuare saliscendi. Dalla vetta ho memorizzato la posizione di Colmanicc, ed infatti, dopo un lungo traverso nel bosco di larici, aiutandomi spesso con i rametti di rododendro, arrivo sulla pietraia poco sopra Colmanicc in modo molto più agevole rispetto all’andata. Da qua, senza cercare soluzioni “brillanti”, ripeto il tragitto dell’andata e senza ulteriori sorprese arrivo abbastanza rapidamente all’auto.
Il persistente grado 3 del pericolo valanghe non è venuto per nuocere: il Pizzo della Croce è davvero una montagna di valore!
Tempo totale: 5 ore e 15’
andata: 3 ore e 30’; ritorno: 1 ora e 45’
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