Monte Rosa p. Gnifetti, Capanna Margherita (q4559) e Cristo delle Vette (q4167)
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Era il 1975, una mattina limpidissima di gennaio. Mia mamma mi caricò sul motorino per accompagnarmi all'asilo, partì, svoltò a destra appena dietro casa. Lì mi accorsi della sua presenza per la prima volta, avevo 4 anni.
"Che montagna è quella là?" chiesi a mia mamma.
"E' il monte Rosa" rispose
"E si può salire in cima?"
"In cima ci vanno solo gli alpinisti, e talvolta qualcuno ci resta"
Da allora, ho voglia di andarci.
Questi pensieri girano per la mia testa, oggi 11 luglio 2011 (adesso di anni ne ho 40) mentre con il mio amico Carmine, sul piazzale delle funivie di Alagna Valsesia, attendiamo Luca e Rosanna, nostri compagni di spedizione alla Capanna Regina Margherita, sulla punta Gnifetti, una delle principali cime del monte Rosa. Sono un po' preoccupato, non tanto per il ricordo delle ultime parole di mia mamma, tanti anni fa, quanto per la possibilità di non farcela. Due le variabile critiche: come reagirà il mio fisico (peraltro allenato) sopra i 4000 e le condizioni meteo che le previsioni danno con un poco incoraggiante "variabile". Comunque si parte: con tre tronconi di una moderna funivia si giunge alla punta Indren, poco distanti dalla vecchia stazione di arrivo ormai in disuso e ci si incammina subito su un facile ghiacciaio che, dapprima in salita e poi in falsopiano a mezza costa giunge ad uno sperone roccioso che si supera abbastanza agevolmente perchè attrezzato con un bel canapone e gradini di ferro e legno (I). In cima allo sperone, la Capanna Gnifetti (q3467) è ormai visibile ed un ulteriore facile attraversamento su ghiaccio praticamente in piano ne consente l'approdo. Preso posto nelle camerate a 4/6 letti, tra una chiacchierata e l'altra (sempre accompagnata da un buon bicchiere), tiriamo l'ora di cena che si rileverà ottima ed abbondante, quindi andiamo a dormire. Sin'ora il mal di montagna se ne sta quieto, solo qualche palpitazione ed un po' di difficoltà a prender sonno, ma forse è solo l'emozione per quel che ci aspetta l'indomani.
Sveglia alle quattro, una buona colazione e alle cinque e trenta siamo vestiti, imbragati e ramponati. Molte cordate sono già partite, alcune al buio con l'ausilio delle torce frontali. Noi ce la prendiamo decisamente comoda, e una volta legati partiamo che sono le sei. Si attraversa dapprima il fronte terminale del ghiacciaio del Lys in falsopiano e poi, camminati 3/400 mt, si comincia a salire la prima rampa che per una buona ora di cammino non da tregua, fatto salvi qualche pianoro, d'altra parte molte brevi. Le condizioni meteo che alla partenza sembravano accettabili, vanno via via peggiorando con ampi annuvolamenti che, veloci, ci passano sopra la testa e ci fanno girare le balle perchè qualche cordata torna indietro. Proviamo a proseguire. Sul colle del Lys, finalmente in falso piano entriamo nella nebbia, visibilità ridottissima. Per fortuna Luca è un grande conoscitore di queste zone e procede sicuro. Senza esperienza del territorio, con la nebbia perdersi è facilissimo. Ogni tanto una folata di vento gelido libera la visibilità,scoprendo sulle nostre teste immense seraccate pensili che sembrano volerci cadere in testa da un momento all'altro. Ci troviamo sopra i 4000, l'ambiente - ovattato dalle nebbie - è semplicemente irreale: nessuna descrizione e nessuna foto possono rendere appieno l'idea. Bisogna essere lì per capire.
Proseguiamo ancora incoraggiati da schiarite sempre più frequenti, sinchè, dopo un'altra ora di cammino, il cielo si apre all'improvviso. Davanti a noi lo spettacolo è imponente: si vedono tutti i 4000 della zona, dai più vicini (Dofour, Zumstein e Nordend), ai più lontani (Cervino, Monte bianco per citarne alcuni). Si vede anche la punta Gnifetti su cui si erge, nera, la Capanna Margherita. E' la nostra meta, ormai siamo sicuri di arrivarci e questo entusiasmo lima l'evidente ultima salita tutta lacrime e sangue per la pendenza ma soprattutto per il vento che tira violento, sollevando neve ghiacciata che si infila nelle orecchie, negli occhi e in tutta un'altra serie di posti che preferirebbero stare caldi.
Passo dopo passo la vetta è raggiunta con enorme soddisfazione, soprattutto mia e del Carmine che per la prima volta conquistiamo un 4000 e che 4000.
Dalla capanna Gnifetti, 3 ore comprese le soste. Luca ci assicura che si tratta di un tempo di tutto rispetto e ciò ci consente di passare del tempo in Capanna riposandoci, contandoci su le nostre sensazioni e bevendo ettolitri di tea caldo, non si capisce se per effettiva necessità o per attaccare bottone con le due splendide signorine che (estremamente professionali, parlano perfettamente 3 lingue) gestiscono il rifugio. Quindi di nuovo fuori, nella bufera di vento, ci ramponiamo e leghiamo e iniziamo la difficile discesa. Giunti di nuovo sul colle del Lys, ora il cielo è limpidissimo e lo spettacolo del ghiacciaio con i suoi crepacci e i suoi seracchi si evidenzia in tutta la sua drammatica, impetuosa meraviglia. Vien voglia di metter giù uno sdraio, farsi portare un Margarita e rimanere a prendere il sole.
Ma bisogna continuare perchè la prossima tappa è il Cristo delle Vette, posto su una modesta cima a q4167. Giunti alla fine del colle, invece di scendere diretti puntando la Capanna Gnifetti, si rimane alti virando a sinistra su traccia evidente e si giunge sotto uno sperone roccioso che in pochi minuti si supera agevolmente perchè attrezzato (I). In cima c'è la statua di un Cristo alto tre metri e poco sotto il bivacco Giordani dove ci proponiamo, in un prossimo futuro, di venire a fare una grigliata!! Peccato che l'interno del bivacco non sia esattamente in ottime condizioni, in particolare la toilette.
Con qualche difficoltà (non ho tolto i ramponi per far presto) ridiscendo lo sperone di roccia e cominciamo la discesa finale passando accanto alla piramide Vincent la cui ascesa sembra fattibile. Tuttavia il tempo stringe e proseguiamo passando accanto alla Capanna Gnifetti e proseguendo dritti verso la funivia di punta Indren che raggiungiamo quattro ore circa dalla partenza della Margherita.
A questo punto sarebbe bello soffermarsi facendo poetiche considerazioni sulle emozioni mosse (personali e collettive) da una tale spedizione, ma preferisco tenerle per me suscitando magari la curiosità in chi legge. Questa è una tappa che,chi ama la montagna, deve assolutamente fare. Non è difficile ma non è banale: occorrono allenamento, determinazione e buona capacità di orientamento in ambiente di alta montagna. Occorre anche un po' di fortuna per quanto riguarda le condizioni meteo e la capacità di rapido acclimatamento in quota.
Mi scuso per la pessima qualità delle foto prese con un apparecchio scadente da un operatore ancor più scadente.
"Che montagna è quella là?" chiesi a mia mamma.
"E' il monte Rosa" rispose
"E si può salire in cima?"
"In cima ci vanno solo gli alpinisti, e talvolta qualcuno ci resta"
Da allora, ho voglia di andarci.
Questi pensieri girano per la mia testa, oggi 11 luglio 2011 (adesso di anni ne ho 40) mentre con il mio amico Carmine, sul piazzale delle funivie di Alagna Valsesia, attendiamo Luca e Rosanna, nostri compagni di spedizione alla Capanna Regina Margherita, sulla punta Gnifetti, una delle principali cime del monte Rosa. Sono un po' preoccupato, non tanto per il ricordo delle ultime parole di mia mamma, tanti anni fa, quanto per la possibilità di non farcela. Due le variabile critiche: come reagirà il mio fisico (peraltro allenato) sopra i 4000 e le condizioni meteo che le previsioni danno con un poco incoraggiante "variabile". Comunque si parte: con tre tronconi di una moderna funivia si giunge alla punta Indren, poco distanti dalla vecchia stazione di arrivo ormai in disuso e ci si incammina subito su un facile ghiacciaio che, dapprima in salita e poi in falsopiano a mezza costa giunge ad uno sperone roccioso che si supera abbastanza agevolmente perchè attrezzato con un bel canapone e gradini di ferro e legno (I). In cima allo sperone, la Capanna Gnifetti (q3467) è ormai visibile ed un ulteriore facile attraversamento su ghiaccio praticamente in piano ne consente l'approdo. Preso posto nelle camerate a 4/6 letti, tra una chiacchierata e l'altra (sempre accompagnata da un buon bicchiere), tiriamo l'ora di cena che si rileverà ottima ed abbondante, quindi andiamo a dormire. Sin'ora il mal di montagna se ne sta quieto, solo qualche palpitazione ed un po' di difficoltà a prender sonno, ma forse è solo l'emozione per quel che ci aspetta l'indomani.
Sveglia alle quattro, una buona colazione e alle cinque e trenta siamo vestiti, imbragati e ramponati. Molte cordate sono già partite, alcune al buio con l'ausilio delle torce frontali. Noi ce la prendiamo decisamente comoda, e una volta legati partiamo che sono le sei. Si attraversa dapprima il fronte terminale del ghiacciaio del Lys in falsopiano e poi, camminati 3/400 mt, si comincia a salire la prima rampa che per una buona ora di cammino non da tregua, fatto salvi qualche pianoro, d'altra parte molte brevi. Le condizioni meteo che alla partenza sembravano accettabili, vanno via via peggiorando con ampi annuvolamenti che, veloci, ci passano sopra la testa e ci fanno girare le balle perchè qualche cordata torna indietro. Proviamo a proseguire. Sul colle del Lys, finalmente in falso piano entriamo nella nebbia, visibilità ridottissima. Per fortuna Luca è un grande conoscitore di queste zone e procede sicuro. Senza esperienza del territorio, con la nebbia perdersi è facilissimo. Ogni tanto una folata di vento gelido libera la visibilità,scoprendo sulle nostre teste immense seraccate pensili che sembrano volerci cadere in testa da un momento all'altro. Ci troviamo sopra i 4000, l'ambiente - ovattato dalle nebbie - è semplicemente irreale: nessuna descrizione e nessuna foto possono rendere appieno l'idea. Bisogna essere lì per capire.
Proseguiamo ancora incoraggiati da schiarite sempre più frequenti, sinchè, dopo un'altra ora di cammino, il cielo si apre all'improvviso. Davanti a noi lo spettacolo è imponente: si vedono tutti i 4000 della zona, dai più vicini (Dofour, Zumstein e Nordend), ai più lontani (Cervino, Monte bianco per citarne alcuni). Si vede anche la punta Gnifetti su cui si erge, nera, la Capanna Margherita. E' la nostra meta, ormai siamo sicuri di arrivarci e questo entusiasmo lima l'evidente ultima salita tutta lacrime e sangue per la pendenza ma soprattutto per il vento che tira violento, sollevando neve ghiacciata che si infila nelle orecchie, negli occhi e in tutta un'altra serie di posti che preferirebbero stare caldi.
Passo dopo passo la vetta è raggiunta con enorme soddisfazione, soprattutto mia e del Carmine che per la prima volta conquistiamo un 4000 e che 4000.
Dalla capanna Gnifetti, 3 ore comprese le soste. Luca ci assicura che si tratta di un tempo di tutto rispetto e ciò ci consente di passare del tempo in Capanna riposandoci, contandoci su le nostre sensazioni e bevendo ettolitri di tea caldo, non si capisce se per effettiva necessità o per attaccare bottone con le due splendide signorine che (estremamente professionali, parlano perfettamente 3 lingue) gestiscono il rifugio. Quindi di nuovo fuori, nella bufera di vento, ci ramponiamo e leghiamo e iniziamo la difficile discesa. Giunti di nuovo sul colle del Lys, ora il cielo è limpidissimo e lo spettacolo del ghiacciaio con i suoi crepacci e i suoi seracchi si evidenzia in tutta la sua drammatica, impetuosa meraviglia. Vien voglia di metter giù uno sdraio, farsi portare un Margarita e rimanere a prendere il sole.
Ma bisogna continuare perchè la prossima tappa è il Cristo delle Vette, posto su una modesta cima a q4167. Giunti alla fine del colle, invece di scendere diretti puntando la Capanna Gnifetti, si rimane alti virando a sinistra su traccia evidente e si giunge sotto uno sperone roccioso che in pochi minuti si supera agevolmente perchè attrezzato (I). In cima c'è la statua di un Cristo alto tre metri e poco sotto il bivacco Giordani dove ci proponiamo, in un prossimo futuro, di venire a fare una grigliata!! Peccato che l'interno del bivacco non sia esattamente in ottime condizioni, in particolare la toilette.
Con qualche difficoltà (non ho tolto i ramponi per far presto) ridiscendo lo sperone di roccia e cominciamo la discesa finale passando accanto alla piramide Vincent la cui ascesa sembra fattibile. Tuttavia il tempo stringe e proseguiamo passando accanto alla Capanna Gnifetti e proseguendo dritti verso la funivia di punta Indren che raggiungiamo quattro ore circa dalla partenza della Margherita.
A questo punto sarebbe bello soffermarsi facendo poetiche considerazioni sulle emozioni mosse (personali e collettive) da una tale spedizione, ma preferisco tenerle per me suscitando magari la curiosità in chi legge. Questa è una tappa che,chi ama la montagna, deve assolutamente fare. Non è difficile ma non è banale: occorrono allenamento, determinazione e buona capacità di orientamento in ambiente di alta montagna. Occorre anche un po' di fortuna per quanto riguarda le condizioni meteo e la capacità di rapido acclimatamento in quota.
Mi scuso per la pessima qualità delle foto prese con un apparecchio scadente da un operatore ancor più scadente.
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