Valle Dell'Oro (rifugio A.Omio)
|
||||||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Fermate la vostra immaginazione galoppante che già correva su valligiani del primo novecento, curvi sui torrenti con un setaccio modello Klondike; neanche un grammo del prezioso metallo è stato estratto qui, oro deriva da "ör",
La Valle dell'oro è un meraviglioso palcoscenico naturale, che allieta la vista dal piccolo complesso termale di Bagni di Masino, prendendo il sentiero che lascia alle spalle l'edificio ottocentesco della stazione curativa.
Si presenta come uno stretto cuneo con il vertice terreno, verdeggiante, boscosa e circondata da tre considerevoli anfiteatri alpini.
Oggi riesco finalmente a coinvolgere anche Luisa in questa scorribanda valtellinese.
Il nostro cammino inizia a fianco di un'allegra e spumeggiante cascata che arriva ridendo dalla Val Porcellizzo, per infilarsi nel fitto bosco di faggi.
La salita al rifugio è uno sparo verso l'alto senza interruzioni, la notevole pendenza un rottweiler che ti azzanna una gamba, e non molla mai fino al confine della terra con il cielo.
Il sentiero si srotola tra i massi affioranti di serpentino, gradini formati dalle radici degli alberi, pozze di fango ed un vero torrente d'acqua, che l'impeto delle piogge dei giorni scorsi ha alimentato come un grasso neonato.
Risaliamo il fianco settentrionale della valle, dopo un'ora circa di vero torrentismo, nella quale sperimento ancora una volta le balle sull'impermeabilità del gore-tex.
Usciamo dalle ombre umide del bosco per lasciarci baciare dalla luce intensa, nella radura del Pian del Fango (m. 1590).
Fiat lux.
Questo alpeggio acquitrinoso dove la sosta è obbligatoria , è un ottimo osservatorio sulla Val Ligoncio a sinistra, e la Val Porcellizzo sulla destra, della quale notiamo una suggestiva istantanea, marcata dall'aguzza cuspide del Pizzo Badile.
Rientriamo nel bosco, sento i tentacoli dell'umidità come una seconda pelle, sempre con il molosso della vericalità attaccato alle gambe.
Proseguendo nella ripida salita attraversiamo la piccola foresta pluviale , fino al suo termine, a quota 1760 metri circa.
La nuvolaglia bianca che si rincorre nel cielo, è presto perforata e dissolta dai raggi fotonici del sole.
Di fronte a noi si presenta una consistente fascia detritica costituita da enormi massi, tagliata da un torrente, (i resti di una frana del 1963) sotto il più grande dei quali osserviamo i ruderi di un ricovero per uomini e piccole mandrie.
Mi capita sempre mentre salgo, di praticare un ridicolo esercizio: respirando a pieni polmoni, cerco di incamerare più litri possibile di aria pura, per quando tornerò laggiù nella pianura di cemento, come se si potessero imbiancare le pareti dei polmoni con l'ossigeno e praticare un lifting all'aspetto degli alveoli.
Ampie balze erbose ci separano dal rifugio, al quale si accede per un sentiero così diretto che sembra tracciato dall'architetto della tettonica valtellinese; mi perdo nel calcolo approssimativo della pendenza:dalla forza con cui lo zaino mi strappa a valle rimane alta.
La nostra meta è a vista ormai, una vicina oasi per i cammellieri, ma gli ultimi tratti di cammino su queste placche rocciose inondate dall'acqua sono i più duri.
Luisa mi precede senza sforzo apparente.
Mentre nel primo tratto ho condotto fieramente la salita, ora il suo diesel sale meglio del mio, i casi sono due: o le gambe più corte funzionano come marce ridotte, oppure ha lo zaino troppo leggero!
Due ore e mezza di cammino, 930 metri di dislivello, i numeri che ci separavano dal rifugio Antonio Omio.
Appollaiato come un aquilotto nel nido, guardo verso il basso, mi sento felice.
Ascolto la liturgia della natura montana attraverso i suoi spiriti guardiani, la roccia l'acqua e il vento.
In pochi secondi passo il confine dei sogni ad occhi aperti, e ritorno all'inizio dei tempi diventando io stesso montagna.
soundtrack:
John Coltrane "Say it (Over and over again)
http://www.youtube.com/watch?v=JFp6FxdcDv8&feature=related
orlo, limite, confine, forse di pascoli o altro.La Valle dell'oro è un meraviglioso palcoscenico naturale, che allieta la vista dal piccolo complesso termale di Bagni di Masino, prendendo il sentiero che lascia alle spalle l'edificio ottocentesco della stazione curativa.
Si presenta come uno stretto cuneo con il vertice terreno, verdeggiante, boscosa e circondata da tre considerevoli anfiteatri alpini.
Oggi riesco finalmente a coinvolgere anche Luisa in questa scorribanda valtellinese.
Il nostro cammino inizia a fianco di un'allegra e spumeggiante cascata che arriva ridendo dalla Val Porcellizzo, per infilarsi nel fitto bosco di faggi.
La salita al rifugio è uno sparo verso l'alto senza interruzioni, la notevole pendenza un rottweiler che ti azzanna una gamba, e non molla mai fino al confine della terra con il cielo.
Il sentiero si srotola tra i massi affioranti di serpentino, gradini formati dalle radici degli alberi, pozze di fango ed un vero torrente d'acqua, che l'impeto delle piogge dei giorni scorsi ha alimentato come un grasso neonato.
Risaliamo il fianco settentrionale della valle, dopo un'ora circa di vero torrentismo, nella quale sperimento ancora una volta le balle sull'impermeabilità del gore-tex.
Usciamo dalle ombre umide del bosco per lasciarci baciare dalla luce intensa, nella radura del Pian del Fango (m. 1590).
Fiat lux.
Questo alpeggio acquitrinoso dove la sosta è obbligatoria , è un ottimo osservatorio sulla Val Ligoncio a sinistra, e la Val Porcellizzo sulla destra, della quale notiamo una suggestiva istantanea, marcata dall'aguzza cuspide del Pizzo Badile.
Rientriamo nel bosco, sento i tentacoli dell'umidità come una seconda pelle, sempre con il molosso della vericalità attaccato alle gambe.
Proseguendo nella ripida salita attraversiamo la piccola foresta pluviale , fino al suo termine, a quota 1760 metri circa.
La nuvolaglia bianca che si rincorre nel cielo, è presto perforata e dissolta dai raggi fotonici del sole.
Di fronte a noi si presenta una consistente fascia detritica costituita da enormi massi, tagliata da un torrente, (i resti di una frana del 1963) sotto il più grande dei quali osserviamo i ruderi di un ricovero per uomini e piccole mandrie.
Mi capita sempre mentre salgo, di praticare un ridicolo esercizio: respirando a pieni polmoni, cerco di incamerare più litri possibile di aria pura, per quando tornerò laggiù nella pianura di cemento, come se si potessero imbiancare le pareti dei polmoni con l'ossigeno e praticare un lifting all'aspetto degli alveoli.
Ampie balze erbose ci separano dal rifugio, al quale si accede per un sentiero così diretto che sembra tracciato dall'architetto della tettonica valtellinese; mi perdo nel calcolo approssimativo della pendenza:dalla forza con cui lo zaino mi strappa a valle rimane alta.
La nostra meta è a vista ormai, una vicina oasi per i cammellieri, ma gli ultimi tratti di cammino su queste placche rocciose inondate dall'acqua sono i più duri.
Luisa mi precede senza sforzo apparente.
Mentre nel primo tratto ho condotto fieramente la salita, ora il suo diesel sale meglio del mio, i casi sono due: o le gambe più corte funzionano come marce ridotte, oppure ha lo zaino troppo leggero!
Due ore e mezza di cammino, 930 metri di dislivello, i numeri che ci separavano dal rifugio Antonio Omio.
Appollaiato come un aquilotto nel nido, guardo verso il basso, mi sento felice.
Ascolto la liturgia della natura montana attraverso i suoi spiriti guardiani, la roccia l'acqua e il vento.
In pochi secondi passo il confine dei sogni ad occhi aperti, e ritorno all'inizio dei tempi diventando io stesso montagna.
soundtrack:
John Coltrane "Say it (Over and over again)
http://www.youtube.com/watch?v=JFp6FxdcDv8&feature=related
Tourengänger:
lebowski

Communities: Hikr in italiano, Ticino Selvaggio
Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden
Kommentare (8)