Monte Sodadura (invernale, cresta S-W + N-W)
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L'elegante piramide innevata del Monte Sodadura era, da un pò di tempo, un pensiero ricorrente: merito di racconti di famiglia, in cui mio padre in primis aveva solcato le nevi della sua vetta. Vuoi per il piacere di scoprire il Sodadura, oltre al desiderio di ricalcare parte delle orme paterne, mi sono finalmente ritrovato a far spaziare il mio sguardo tutt'attorno alla vetta del Monte Sodadura; grazie ad un'ottima meteo, nonostante le basse temperatura (-9° ca alla partenza), ho potuto vivere anch'io questa esperienza con grande soddisfazione.
Visto che c'ero, non avendola mai provata in vita mia, mi sono programmato la salita ai Piani di Artavaggio (http://www.artavaggio.com/) con la funivia che parte dal comune di Moggio (LC); e meno male che mi sono mosso di Sabato, perchè quando si è lì ai parcheggi della funivia non c'è tanto tempo da perdere a prepararsi, vista la tanta gente che - oltre ad affollare i parcheggi - si "inscatolava" per bene nella cabina della funivia.
Giunti alla piana di Artavaggio, appena fuori dall'impianto della funivia, il Sodadura è li che si staglia all'orizzonte con la sua inconfondibile bianca cima piramidale; basta poi spostare lo sguardo sulla destra e si può far scorrere l'occhio sulla sinuosa cresta S-W che conduce alla sua vetta. La cresta si raggiunge attraversando la piana, tra sciatori bobbisti e ciaspolatori, fino all'ormai in disuso Albergo Sciatori e alla vicina chiesetta.
Sbarcato all'arrivo della funivia, sono già bardato per il freddo; non mi resta che calzare la ciaspole, quasi superflue con le condizioni della neve trovate fuori dalle zone pistate (neve ghiacciata, compatta, molto dura) che - col senno di poi - mi avrebbero fatto optare per una bella ramponatura integrale. Tuttavia, avevo interesse a provare le mie amate ciaspole anche con simili condizioni del manto nevoso.
Senza problemi mi dirigo attraverso la piana, tenendomi sulla destra, finchè non arrivo all'ex Albergo Sciatori a alla vicina chiesetta; da qui la vista cade sul Campelli, sulla Cima di Piazzo, sul Sodadura e sull'invitante cresta, verso la quale mi incammino prendendola piuttosto alla base per poterla fare integralmente.
La neve, compatta e veramente molto dura, mi impone di prestare una certa attenzione nella prosecuzione con le ciaspole; solchi lasciati da skialp, scarponi e increspature da vento (tutti "marmorizzati" nella neve) rendono la superficie del manto nevoso assai irregolare e, insieme alla generosa perndenza dei diversi tratti in salita, tutto concorre a dover far rampare bene le ciaspole.
Giungo nella sella di una grossa "V" che spacca - in maniera decisa - la prosecuzione dei precedenti avvallamenti: qui abbandono le ciaspole per i necessari ramponi; subito si presenta il primo e ultimo vero ostacolo della salita, rappresentato da un "muretto" alquanto duro, che mi fa aggirare un risalto di rocce strapiombanti, e dove ho la fortuna di trovare una traccia già gradinata dove è comunque raccomandabile di pestarvi dentro per bene le punte dei ramponi.
Non avendo con me nessuna "picca" (picozza) ho sfruttato fino all'ultimo i bastoncini telescopici, salvo poi - visto che il "muretto" non è poi tanto breve e alquanto in piedi nella parte centrale - metter mano sulla neve dura come il sasso e affidarmi ai ramponi.
Passato questo tratto, non mi è rimasto altro che mettere uno avanti all'altro i passi necessari a fare quegli ultimi metri fino alla panoramica vetta del Sodadura (che già ospitava i primi visitatori).
Immancabili foto, thè caldo, quattro chiacchere con gli sconosciuti in cima con l'occasione di aver conosciuto anche un fotografo professionista che collabora con le riviste "Alp" "Orobie" etc. Poi mi concedo un breve capatina verso il Passo Sodadura (bagai se è in piedi anche a scendere di lì ... cià cià torniamo in dietro che oggi son contento così) prima di intraprendere la via del ritorno ma lungo la cresta N-W; quest'ultima è più breve ma più stretta e ripida con un "muretto" - piccolo e breve - che mi ha visto discendere in versione "fantozziana" (... quest'anno corso di alpinismo) e mi ha riportato giù sulla parte alta del versante sinistro (visto dalla funivia) della piana ... e lì mi son appropriato di un roccia al sole ops... erano tutte al sole ;=) per lavorare di mandibola sul mio panino allo speck prima di ritornare "bello come il sole" alla funivia (... quanta gente !!!).
Note:
- il tempo riportato riguarda solo quello di salita e dipende sempre dalle condzioni nivo-metereologiche;
- il "buon senso" di portare con sè un paio di ramponi non è mai eccessivo, consigliabile anche una picca (o due);
- la funivia osserva un orario di chiusura alla pausa pranzo (informatevi sugli orari consultando il sito http://www.artavaggio.com/);
- quando calzate i ramponi, prestare attenzione nel tirare per bene le cinghie; dopo poco ricontrollare bene la chiusura, per assestarli al meglio allo scarpone (lo stesso vale anche per la chiusura delle ciaspole).
Visto che c'ero, non avendola mai provata in vita mia, mi sono programmato la salita ai Piani di Artavaggio (http://www.artavaggio.com/) con la funivia che parte dal comune di Moggio (LC); e meno male che mi sono mosso di Sabato, perchè quando si è lì ai parcheggi della funivia non c'è tanto tempo da perdere a prepararsi, vista la tanta gente che - oltre ad affollare i parcheggi - si "inscatolava" per bene nella cabina della funivia.
Giunti alla piana di Artavaggio, appena fuori dall'impianto della funivia, il Sodadura è li che si staglia all'orizzonte con la sua inconfondibile bianca cima piramidale; basta poi spostare lo sguardo sulla destra e si può far scorrere l'occhio sulla sinuosa cresta S-W che conduce alla sua vetta. La cresta si raggiunge attraversando la piana, tra sciatori bobbisti e ciaspolatori, fino all'ormai in disuso Albergo Sciatori e alla vicina chiesetta.
Sbarcato all'arrivo della funivia, sono già bardato per il freddo; non mi resta che calzare la ciaspole, quasi superflue con le condizioni della neve trovate fuori dalle zone pistate (neve ghiacciata, compatta, molto dura) che - col senno di poi - mi avrebbero fatto optare per una bella ramponatura integrale. Tuttavia, avevo interesse a provare le mie amate ciaspole anche con simili condizioni del manto nevoso.
Senza problemi mi dirigo attraverso la piana, tenendomi sulla destra, finchè non arrivo all'ex Albergo Sciatori a alla vicina chiesetta; da qui la vista cade sul Campelli, sulla Cima di Piazzo, sul Sodadura e sull'invitante cresta, verso la quale mi incammino prendendola piuttosto alla base per poterla fare integralmente.
La neve, compatta e veramente molto dura, mi impone di prestare una certa attenzione nella prosecuzione con le ciaspole; solchi lasciati da skialp, scarponi e increspature da vento (tutti "marmorizzati" nella neve) rendono la superficie del manto nevoso assai irregolare e, insieme alla generosa perndenza dei diversi tratti in salita, tutto concorre a dover far rampare bene le ciaspole.
Giungo nella sella di una grossa "V" che spacca - in maniera decisa - la prosecuzione dei precedenti avvallamenti: qui abbandono le ciaspole per i necessari ramponi; subito si presenta il primo e ultimo vero ostacolo della salita, rappresentato da un "muretto" alquanto duro, che mi fa aggirare un risalto di rocce strapiombanti, e dove ho la fortuna di trovare una traccia già gradinata dove è comunque raccomandabile di pestarvi dentro per bene le punte dei ramponi.
Non avendo con me nessuna "picca" (picozza) ho sfruttato fino all'ultimo i bastoncini telescopici, salvo poi - visto che il "muretto" non è poi tanto breve e alquanto in piedi nella parte centrale - metter mano sulla neve dura come il sasso e affidarmi ai ramponi.
Passato questo tratto, non mi è rimasto altro che mettere uno avanti all'altro i passi necessari a fare quegli ultimi metri fino alla panoramica vetta del Sodadura (che già ospitava i primi visitatori).
Immancabili foto, thè caldo, quattro chiacchere con gli sconosciuti in cima con l'occasione di aver conosciuto anche un fotografo professionista che collabora con le riviste "Alp" "Orobie" etc. Poi mi concedo un breve capatina verso il Passo Sodadura (bagai se è in piedi anche a scendere di lì ... cià cià torniamo in dietro che oggi son contento così) prima di intraprendere la via del ritorno ma lungo la cresta N-W; quest'ultima è più breve ma più stretta e ripida con un "muretto" - piccolo e breve - che mi ha visto discendere in versione "fantozziana" (... quest'anno corso di alpinismo) e mi ha riportato giù sulla parte alta del versante sinistro (visto dalla funivia) della piana ... e lì mi son appropriato di un roccia al sole ops... erano tutte al sole ;=) per lavorare di mandibola sul mio panino allo speck prima di ritornare "bello come il sole" alla funivia (... quanta gente !!!).
Note:
- il tempo riportato riguarda solo quello di salita e dipende sempre dalle condzioni nivo-metereologiche;
- il "buon senso" di portare con sè un paio di ramponi non è mai eccessivo, consigliabile anche una picca (o due);
- la funivia osserva un orario di chiusura alla pausa pranzo (informatevi sugli orari consultando il sito http://www.artavaggio.com/);
- quando calzate i ramponi, prestare attenzione nel tirare per bene le cinghie; dopo poco ricontrollare bene la chiusura, per assestarli al meglio allo scarpone (lo stesso vale anche per la chiusura delle ciaspole).
Tourengänger:
Matteo81
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