Sul Poncione d’Alnasca, le chiacchiere fatte con un ragazzo di Lavertezzo in merito al Poncione Rosso mi avevano lasciato con un tarlo in testa. Lui infatti sosteneva che l’inclinazione che appariva ai nostri occhi da lì fosse ingannevole e inducesse a corroborare la tesi della “quasi” verticalità della parete, tesi invece smentita dalla realtà dei fatti, e vieppiù dalla sua esperienza diretta, costituita da due riuscite ascensioni, di cui una dal canalino a ovest immediatamente prima delle placche terminali. Com’è, come non è, il germe che mi era stato lanciato, ha cominciato a crescere finché non mi sono detto: “proviamo, se poi è troppo difficile, torno indietro, mal che vada arriverò alla Forcarella di Lodrino, e sarà comunque mezza skyrace” (camminando, non correndo, s’intende). Così, partendo di buon mattino da Pian Vaccaresc, sopra Lavertezzo, ho cominciato a percorrere il sentiero, oltrepassando Cognera e Forno per poi arrivare al bivio tra la Val d’Agro e la Val Pincascia. Qui mi sono diretto a destra verso quest’ultima, e, in un mondo d’acqua in cui, da ogni angolo sbucavano ruscelli gorgheggianti, ho superato Pincascia e da lì, finalmente, il sentiero ha cominciato a guadagnare quota rapidamente. Sì perché fino a quel punto, nonostante i molti km percorsi avevo preso solo 500 metri di dislivello, molto diluiti. In breve mi sono portato all’Alpe Fümegna ed anziché svoltare subito a destra ho preferito continuare diritto su una buona traccia, per andare ad incontrare i primi raggi di sole (che fino a lì avevo visto solo sull’altro lato della valle, verso l’Alpe Cuneggio) e poi proseguire su di una traccia “gemella” di quella ufficiale, ma un po’ più alta. Così facendo mi sono trovato quasi sulla verticale del famoso canalino di cui ho parlato all’inizio, ma naturalmente, essendo la mia prima ascensione al Poncione Rosso, ho preferito ignorarlo e tornare verso il sentiero classico, in direzione della Forcarella di Lodrino. Salendo, salendo, ecco che nei pressi di questo Passo mi appaiono a corta distanza tre stambecchi. “È una visione” penso “siamo solo a 2200 m, com’è possibile che ci siano gli stambecchi?” Sono i miracoli della montagna, mi suggerisce una vocina. Dalla Forcarella c’è ancora un tratto su dei pietroni, prima di arrivare alle famose placche. Superati i pietroni ecco che arriva il punto chiave: l’omone di vetta è già visibile ma tra me e lui c’è la roccia. Con pazienza ed attenzione seguo i segnavia bianco-blu-bianco che mi portano più a destra rispetto alla cresta e, superato qualche passaggio difficile, mi ritrovo sugli ultimi ciuffi d’erba che anticipano l’ometto di vetta. Eccomi qua, felice per averci creduto. Dalla vetta il panorama è da re: dal Monviso al Cervino, dalle Grigne al Legnone; e poi il Rosa, l’Adula, il Dom, per citare solo le vette più lontane sul filo dell’orizzonte. Non parliamo poi di quelle più vicine, lì forse l’emozione è ancora più forte. Pranzo senza perdere troppo tempo e avvistata la via del ritorno sull’altro lato della valle (che permette la visione perfetta del lato ovest del P.Rosso) ridiscendo le placche con meno difficoltà del previsto [AVVERTENZA: d’accordo, “meno difficoltà del previsto” ma il tratto finale del P.Rosso non è comunque uno scherzo, occorre assenza di vertigini, passo fermo, uso delle mani e assenza di umidità]. Rifaccio lo stesso tragitto dell’andata (il sentiero gemello più alto) per non perdere quota e restare all’altezza della traccia che porta verso l’Alpe Cuneggio. Infatti questa via si rivela davvero una “traccia”, una traccia di passaggio di animali, che viene e va e che spesso lascia il posto agli ontanelli o ai rododendri; mi consolo con l’incontro con una simpatica marmotta. Magari non sono stato abile nel trovare la traccia giusta, comunque, a fatica, e con una grande perdita di tempo (alla fine si rivelerà: andata, 5 ore; ritorno, 5 ore), e con alcuni saliscendi che portano il computo totale del dislivello a 1900 m se non di più, raggiungo l’Alpe Cuneggio (1761 m) e di lì, l’Alpe Lavazzè (1658 m) e poi scendendo ancora ritrovo il sentiero dell’andata che proviene da Fümegna. Da qui torno a Pincascia e poi seguendo il sentiero del mattino, a Cognera e Pian Vaccaresc. I piedi infuocati li ho poi rigenerati sotto il Ponte dei Salti a Lavertezzo con un bagnetto tonificante nelle verdi acque della Verzasca. Un’escursione magnifica con un degno finale.
Kommentare (6)