L'occhio acuto del rapace nella sua vertigine aerea probabilmente coglie i suggestivi laghi del parco del monte Avic, come un arcipelago di isole azzurre incastonate in un mare di roccia.
A noi bipedi terreni invece, dalla frazione Veulla una bella strada poderale permette di raggiungere le località Magazzino e Serva Désot costeggiando un corposo torrente tra i pini uncinati.
Dall'ampio alpeggio, imbocchiamo il sentiero maestro sulla sinistra, °n 5C, che, attraversato un ombroso bosco di conifere, immette sul pianoro del lago di Serva.
Una piccola sosta per rinfrescarci nelle sue acque trasparenti poi sulla destra, saliamo ai ruderi dell'alpeggio Serva Damon quindi all'alpe Cousse.Tra rocce e spiazzi erbosi guadagnamo la vista del rifugio Barbustel, dopo aver lambito il Lago Bianco.
Personalmente considero i rifugi come luoghi sacri , dove si conserva il legame atavico tra l’uomo e la natura, come stile di vita basato sul rispetto reciproco e anche strumento di conoscenza interiore.
Mi piace pensarli come vaccino anti-McDonald, al loro interno il tempo scorre qualitativamente lento, non ci sono ragazze sovrappeso che friggono patatine e al posto del milkshake si sorseggia la grappa alla liquirizia.
Scelto un enorme masso come punto di raccolta, il gruppo Cai si concede il pranzo, spargendo i propri membri su di esso come licheni anarchici.
Ognuno di noi ha lievi squilibri esistenziali, lo si vede in queste occasioni, pochi minuti bastano per trasformarci da seri escursionisti a un manipolo di mammiferi dominati dagli istinti primari: acqua, cibo, difesa del territorio delimitato dallo zaino.
Il capitano degli inquieti Graziella, suona l'adunata e propone di rimettersi gli scarponi e dirigersi verso il Gran Lago.
Arruola quattro volontari, me compreso.
Proseguiamo dal rifugio verso destra, attraversando il ponte il collegamento tra il lago Bianco ed il lago Nero.Da qui il sentiero continua in diagonale, alto e spettacolare sul Lago Cornuto (2172 m.).
La ricchezza idrica di questa valle è contenuta a stento da innumerevoli piccole cascate e corsi d'acqua che troviamo ovunque.
Il paesaggio si fa più severo.
Si nota il lavoro incessante dei ghiacciai, siamo circondati da enormi rocce scure che sembrano spaccate ad arte da un troll gigante uscito dall'Edda nelle sue scorribande notturne.
Raggiungiamo l'alpe Pisonnet, un altopiano gravido di torrenti, dove l'aria è sottile e la natura aspra.
Il cielo nel frattempo ha indossato un abito di nubi grigio scuro.
Passato un acquitrino prendiamo quota su tornanti lastricati da grosse rocce, nell'ulltimo tratto ripido incrociamo le prime lingue di neve.Una goccia, due, tre inizia a piovere!
E' la seconda escursione consecutiva nella quale mi divido dal gruppo con Lella e Marica e la pioggia ci coglie, quindi sorgono spontanee le prime conclusioni: uno di noi tre porta jella.
Attraversiamo un canalone nevoso ben tracciato e ci dirigiamo decisi verso il Gran Lago (2492 m.).
La pioggia aumenta parecchio, nonostante ciò dopo una rapida consultazione decidiamo di proseguire.
Riparati sotto i poncho ingobbiti dagli zaini sembriamo una banda di contrabbandieri diretti verso il confine svizzero, che devono consegnare la merce lassù in cima a tutti i costi.
Un argine in pietra delimita come un guardiano silenzioso, l'inizio del Gran Lago, .
Percorriamo un breve tratto di sponda sotto l'ira liquida del cielo che aumenta fino a bersagliarci con minuscoli proiettili di ghiaccio.L'atmosfera è cupa come un film noir francese degli anni sessanta, non ha senso proseguire, un giro di sguardi rassegnati e l'apice delle attese sprofonda nel vortice scuro del maltempo.
Si scende.
Stavolta dopo il Barbustel prendiamo il sentiero n°5 passando dal Lac Vallet e dal Lac de Leser, dove si rispecchia la montagna con un effetto ottico ammirevole, poi dalla baita di Leser Damon (di sopra) e infine da Leser Dèsot.
Infine iI sole riappare, ridisegnando le linee d'orizzonte ed il profilo delle nuvole con un pennello di luce intinto nell'oro e nel tè rosa.
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