Monte Tabòr (2079 m) da Oggia - Val Cavargna
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Gita lungo una bella dorsale, poco frequentata, con una cima dal nome biblico.
Le effemeridi di San Bartolomeo recitano per la giornata odierna (16.5.2010):
“il sole sorge alle 05:44 e tramonta alle 20:56. Il culmine è alle 13:20. Durata del giorno quindici ore e dodici minuti”. La Luna sorge alle 07:20 con azimuth 52° e tramonta alle 23:48 con azimuth 307°. Fase Lunare: Luna Crescente. Visibile al 16%. Età della Luna: 2,3 giorni.
Le previsioni meteo danno coperto. Isoterma di 0°C alle ore 11.00 a 1810 m. Vento moderato da NNW (18 km/h).
Inizio dell’escursione: ore 8:25
Fine dell’escursione: ore 14:00
Temperatura alla partenza: 11°C
Temperatura al rientro: 13°C
La sveglia suona alle 5:30. Mi affaccio assonnato alla finestra e vedo un cielo plumbeo con un forte vento da tramontana. No, oggi non mi muovo! Tra l’altro, al pomeriggio il Giro d’Italia offre una delle tappe più attese: il Terminillo; il primo dei sei arrivi in salita di questo Giro.
Torno nel calduccio del lettone.
Mi alzo alle 8:30; il cielo si sta rasserenando: occasione persa!
Intanto, al telefonino arrivano i messaggi degli amici, che già ieri avevano deciso di rinunciare: “dove sei?”. “Sull’erta finale del Tabòr”, rispondo con sarcastica ironia.
“Sei con gli sci o con le ciaspole?”. “A piedi” rispondo.
Poco male, rispolvero le fotografie della gita che feci l’anno scorso, con condizioni meteo analoghe e pubblico la relazione 364 giorni dopo l’escursione.
Appena sotto la chiesetta di San Rocco a San Bartolomeo Val Cavargna, si deve imboccare la ripida stradina che scende verso il torrente della Valle dei Molini. A quota 815 m si supera il ponte e si sale sulla pendice orientale in direzione di Oggia, l’insediamento montano più popoloso della Val Cavargna. Lasciamo l’auto ai margini della strada alla quota di circa 1060 m.
Scambiamo qualche parola con delle persone del posto intente a riattare la casetta di vacanza. Una simpatica signora anziana ci invita a ritornare in estate, quando saranno maturi i mirtilli. È lei che ci indica il sentiero da seguire: infatti, non ci sono segnavia.
Il primo tratto di salita si svolge nel bosco. Usciti dal bosco ci troviamo sul pascolo dell’alpeggio Rus (1316 m). Un nome curioso, del quale mi interesserebbe conoscere l’etimo. Secondo il dizionario etimologico di Giacomo Devoto, “rus” significa “campagna“, “spazio aperto”, “spazio libero”. Ancora più curioso è il toponimo che si legge sulla carta topografica poco sopra: Rus dei Gatti.
Anche in questi alpeggi vediamo dei rustici ottimamente riattati, adibiti a casa di vacanza, con tanto di pannello fotovoltaico, terrazza panoramica, “barbecue” in giardino e moto da fuoristrada a pochi metri dall’ingresso…
Ai margini di questo insediamento ammiriamo una splendida fontana scolpita nella roccia. Sopra la fontana un alpigiano ha creato una nicchia per installarvi una cappelleta votiva. Una testimonianza di fede popolare, un gesto di riverenza nei confronti della Madonna per chiedere protezione a tutti gli alpigiani e alle loro mandrie. Il Cristianesimo, al contrario dell’Ebraismo ha sempre accettato la venerazione per le sacre immagini. Per contro, in tempi antichi era vietato, nella maniera più assoluta, fabbricarsi immagini o statue di personaggi divini; era incombente il rischio dell’idolatria: chi vi cadeva veniva punito molto duramente.
Il paesaggio si apre sempre di più, le piante lasciano il posto agli arbusti e al pascolo, ancora giallo - marrone; l’erba comincia in questi giorni ad inverdirsi.
Poco sopra Rus, seguiamo il sentiero che sale a sinistra, sul versante orientale della Valle di Sebòl. Sul cocuzzolo sovrastante fa “bella” mostra di sé l’Omet di Poci, un omino di pietra visibile anche dal fondovalle.
Poco prima dell’Alpe Sebòl (1766 m) decidiamo di risalire, a destra, il ripido versante, che permette di raggiungere il costolone principale del Monte Tabòr. L’assenza di un sentiero e la presenza massiccia di arbusti ci costringe ad un notevole sforzo. Guadagnata la dorsale, non ci sono più problemi particolari. Anche gli ultimi ripidi nevai si risalgono facilmente.
Raggiungiamo la vetta dal nome biblico, in circa 3 ore di cammino. La cima è poco appariscente. Si tratta di un pianoro, parzialmente coperto dalla neve, con un modestissimo omino di pietra, in parte crollato.
La nebbia ci nega purtroppo il tanto decantato panorama sulle vallate ad oriente del Monte Tabòr (2079 m).
Per la discesa decidiamo di seguire il costolone, passando per una cima intermedia: il Pizzo di Sebòl (1706 m).
Ritengo che anche per la salita, a partire da Rus, convenga percorrere tutto il crinale SW.

Genziana di Koch
Tempo di salita: 2 h 55 min
Tempo totale: 5 h 35 min
Dislivello teorico: 1019 m
Sviluppo complessivo: 9,6 km
Difficoltà: T2+
Copertura della rete cellulare: buona
Partecipanti: Lore e siso

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