Lunga ascesa da Zermatt al Cervino / Matterhorn 4478m
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Il richiamo è stato forte e irresistibile. C'erano le condizioni giuste, la persona adatta e la mia folle idea chiara nella mente.
Così io e Joao abbiamo deciso di scalare la montagna più famosa delle Alpi in un fiato da Zermatt, nello stile che piace a me.
L'avventura è stata un grande successo ma mi ha messo a dura prova. Mai prima d'ora, nelle mie numerose uscite, mi sono trovato in seria difficoltà come lassù. I miei nervi hanno ceduto. Le tempistiche si sono dilatate ben oltre la mia massima soglia arrivando a sfiorare le 24 ore.
Ad un certo punto in questo viaggio non c'era più un "oggi" e un "ieri". C'era solo un infinito presente costituito da un'elevatissima concentrazione, dalla paura di sbagliare e cadere, dall'emozione della grande conquista e dalla preoccupazione di tenere le persone in ansia a casa.
Le ultime ore sono state una vera e propria odissea. La traccia non era mai logica e intuibile. La sete, esauriti i liquidi, mi ha assalito e la mia pazienza zen se n'è andata.
Il mio amico ha mantenuto i nervi più saldi ed è stato capace di ragionare per poter ritrovare il percorso fino alla Hörnlihütte.
Ci sono persone che questo percorso lo fanno a corsa con le scarpette. Si tratta di alieni.
Per noi comuni mortali unire tanto sforzo fisico alla quota e alla concentrazione richiesta dalla difficoltà dei terreni è un atto un po' criminale. Ma anche un' autentica soddisfazione personale.

Descrizione del tour
Il 6 settembre al mattino finisco il turno di notte e vado a dormire.
Alle 16.00 dal Ticino ci spostiamo a Zermatt passando dalla Novena.
Per me è la prima visita nella famosa cittadina vallesana.
L'idea è quella di incamminarci a stomaco pieno verso le 22.00, raggiungere la capanna entro le 03.00, riposare un po' e poi seguire le prime guide alle 04.20. Siamo abbastanza riposati e molto motivati.
Andiamo a mangiare in un ristorante e alle 21.30 partiamo.
Con le frontali intraprendiamo la lunga salita alla Hörnlihütte. Sono 1600 m e 10 km di percorso su buon sentiero. Fino al ristorante Stafelalp ci sono diversi tratti su strada che ci agevolano.
Il Cervino è presto visibile, l'aria limpida e il cielo stellato. Senza luna vediamo nitida la Via Lattea.
A quota 2700 m, dopo mezzanotte, facciamo una piccola pausa.
La parte di sentiero da Stafelalp fino alla capanna è segnata in bianco-blu. Ci sono alcuni passaggi attrezzati da scale metalliche.
Alle 02.30 siamo in Capanna. Tutti dormono. Ci sistemiamo nel refettorio per terra tra i tavoli. Mangiamo i panini come se fosse ora di pranzo e dormicchiamo mezz'oretta.
Poco prima delle 04.00 decidiamo di non attendere ulteriormente e di provare a salire.
Ci precede un' alpinista solitario che viaggia leggero e veloce. Non riusciamo a seguirlo.
Dopo un breve tratto di sentiero subito ci imbattiamo in un muro attrezzato da staffe metalliche e poi da un canapone da seguire di traverso. Usiamo le fettucce per assicurarci al canapone.
Proseguiamo su una traccia che presto perdiamo infilandoci in un canale sbagliato. Avevamo letto di un canale ma non si trattava di quello. Così ci ritroviamo nella parte alta del canale ad arrampicare un terzo grado che sarebbe evitabilissimo.
Fortunatamente sbuchiamo nuovamente sul tracciato. Veniamo raggiunti da guide e clienti di varie nazionalità. Questi proseguono spediti. Noi abbiamo già 1800 metri nelle gambe e siamo zavorrati dai nostri grandi zaini. Riusciamo a seguirli per tutta la cresta. Grazie a loro possiamo focalizzare la concentrazione sul nostro procedere senza pensare alla lettura del terreno.
La via si mantiene a sinistra della cresta, raramente sul filo. Si tratta di un terreno molto esposto lungo la parete est. Non ricordo con esattezza i passaggi chiave, ma so che ci sono almeno 2 o 3 canali e camini da affrontare. Procediamo in conserva e ci impegniamo a proteggerci sfruttando gli spuntoni di roccia e gli anelli metallici infissi nelle rocce. Giunti alla Solvay ci prendiamo una piccola pausa.
È ancora presto.
Alle 08.00 ripartiamo: c'è subito un muro (III) da arrampicare. Poco più avanti c'è un altro muro più verticale e alto da superare. I canaponi agevolano il transito dal passaggio.
Passaggio attrezzato dopo il Bivacco Solvay

In seguito c'è un bel tratto sul filo della cresta che immette alla base della parte alta della vetta.
Qui indossiamo i ramponi perchè la neve rende scivoloso il terreno.
Iniziano i canaponi con i quali ci aiutiamo. La cresta si impenna decisamente. Io sono piuttosto rallentato. Neve, ghiaccio e verticalità mi inducono a sfruttare la fettuccia per assicurarmi ai canaponi. Progredire lungo queste corde fisse stanca le braccia perchè ci si tiene con forza per non cadere.
C'è un gran traffico di gente che sale e che scende e dobbiamo far conto con tempi di attesa. Ne approfittiamo per tirare il fiato.
Cresta finale che si impenna (attrezzata)

Superata la sezione verticale attrezzata (in cui un singolo passaggio richiede molta forza di braccia) ci immettiamo su di un pendio nevoso
Lo risaliamo fino a pervenire alla vetta svizzera. Tramite crestina (esposta) raggiungiamo anche la croce di vetta (italiana). Sono le 11.30.
Cresta sommitale

Ho fatto molto fatica negli ultimi due o trecento metri. Tant'è che in vetta ho perso il fiato e la voce. Al mio amico rispondevo sottovoce. Bisbigliavo. Mi sono concesso una pausa per le foto e per riposare.
Alle 12.00 il buon senso ci induce ad intraprendere la discesa.
Nella prima parte sotto la vetta e prima dei canaponi il pendio nevoso mi appare pericoloso. Forse ho un eccesso di prudenza (dopo la perdita di Karll).
Per questo obbligo il mio amico Joao a scendere con una serie di doppie. Con la corda da 30 metri riusciamo sempre a raggiungere le soste successive.
Calate sotto la vetta

Poco più in basso disarrampichiamo tutta la sezione attrezzata dai canaponi. Stavolta non ci sono altre persone. La forza delle braccia comincia a ridursi ma posso resistere.
Manteniamo i ramponi fino alla Solvay. Prima di raggiungere il bivacco abbiamo vari passaggi impegnativi su roccia. Allestiamo almeno 2 o 3 calate.
Io sono lentissimo e la discesa procede troppo piano. Dopo la Solvay scendiamo dapprima riconoscendo la traccia. Ci sono altre doppie da effettuare. Poi la perdiamo almeno 2 volte. La seconda volta ci abbassiamo troppo a valle e dobbiamo correggerci spostandoci verso la capanna di traverso. Siamo su una vera e propria parete, il rischio di perdersi è reale. Per riprendere la traccia allestiamo un'ulteriore doppia. In questa fase io vado in crisi: sono le 19.00 o le 20.00. Siamo ancora lontani dalla Capanna e abbiamo sete. I passaggi difficili sono molti. Sono stanco e non riesco più a concentrarmi sulla lettura del terreno. Inoltre la capanna è sempre spaventosamente in basso.
Joao riesce a condurmi in capanna. Lui ha i nervi saldi ed è instancabile.
Con l'arrivo del buio, verso le 21.00 siamo in capanna.
Accantono rapidamente l'idea di scendere fino a Zermatt in tarda serata e di eseguire di notte il transfer in Ticino. Sarebbe davvero una follia. Chiamo al lavoro e spiego la situazione. Deborah appoggia, anzi mi obbliga lei stessa a fermarmi.
La capanna è una sorta di hotel. Costa un rene. D'altronde si tratta della capanna del Cervino.
Per noi l'importante, dopo tante ore, è poter rimanere in sicurezza sotto le mura e riposare.
L'indomani scenderemo a piedi a Zermatt decisamente più riposati.
Tipico scenario della discesa

Ci ritroviamo a dover chiamare i nostri capi in Ticino. La motivazione nel mio caso verrà accolta e più che giustificata anche se non mancherà un " sì però Michea! Anche te e sta montagna"¨!.
Non abbiamo ricambi, spazzolino, sapone. Nulla.
Per noi però l'importante è stato poter restare a dormire. E, soprattutto, poter bere!
Sicuramente ho sottovalutato il Cervino. Una bella lezione per me. Però il rispetto non è mai mancato. Siamo stati super prudenti e attenti ad ogni passo.
Questa è stata un'esperienza straordinaria.
Questa è stata una gita memorabile.
Video
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