Bivacco Bonelli, Monte Viraysse e Bivacco Sartore
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Molto lontano da casa, poco conosciuta ed ancora meno frequentata, misteriosa ed inaspettata...
... ma probabilmente la valle alpina più bella che io abbia mai visto. Niente da invidiare, sotto ogni punto di vista, a moltissime - la maggior parte - zone delle Dolomiti, ma con la grande differenza che tutto è più appartato e discreto: chi ci viene vuole venirci, non deve (spinto dalla moda in luoghi che la "valorizzazione" ha ridotto ad un luna-park per turisti che nemmeno alzano gli occhi oltre il livello dei boschi o delle funivie, ma che "consumano" le offerte più disparate). Certamente si dice che la Val Maira sia spopolata, ma perchè dovrebbe essere condotta per forza ad una situazione metropolitana con attività e svaghi omologati e non dissimili?
I pochi che arrivano da queste parti - prevalentemente francesi - trovano comunque una segnaletica chiara ed efficace ed una fitta rete di bivacchi ad appoggio nelle numerose traversate possibili; questi stessi bivacchi si trovano in condizioni di ordine e pulizia che noi, qui in Lombardia, spesso nemmeno ci sogniamo.
Per quanto riguarda i panorami, è inutile tentare di descrivere: chi vuole può farsene un'idea abbastanza precisa dando un'occhiata alle fotografie.
Dal piazzale di sosta camper occorre proseguire in salita, trascurando un primo sentierino sulla destra, lungo una sterrata chiusa al traffico: in lontananza si può distinguere una palina con numerose indicazioni. Imboccando un sentiero sulla destra (segnali per Biv. Bonelli e Colle delle Munie) si evita un primo tratto su pista forestale, per poi arrivare in breve nel bosco presso una cava dismessa di calcare nero: da qui si intraprende la salita in un bel bosco di giovani larici. Il sentiero, con pendenza moderata, si incanala infine in un valloncello che sbuca su di una dorsale di pascolo e rocce posta a cavallo fra il versante meridionale della Val Maira sopra Saretto (appena risalito) ed una conca rocciosa che sul fondo ospita un alpeggio (Grange Visaisa) ed il cupo Lago Visaisa, che attualmente appare ad un livello molto inferiore a quello normale/medio. Il lago è visibile solo spostandosi un poco dal sentiero ed affacciandosi ad un punto panoramico nei pressi dei ruderi dell'ex-Albergo Principe di Piemonte [/www.alpidicuneo.it/discover/cultura/quellaffascinante-rifug...].
Da qui, per lungo tratto, è visibile il proseguimento del sentiero, che, lasciato sulla sinistra il vallone dominato dal Monte Arpet, si avvia ad attraversare un esteso pendio di ghiaie ai piedi del Colle del Vallonasso; in cima, dopo una serie di tornanti, si raggiunge l'orlo di una sorta di altopiano pascolivo disseminato di doline e collinette e bordato sulla sinistra da una serie di laghetti. In pochi passi si raggiunge il bellissimo Bivacco Bonelli, posto su di un dosso in panoramica posizione sul Lago di Apsoi (localizzato alla base del vallone che sale verso sinistra al Colle d'Enchiausa); il sentiero prosegue destreggiandosi fra dossi ed avvallamenti, mantenendosi in vista, sulla sinistra, di due laghetti: e qui comincia una certa confusione toponomastica. Il secondo è certamente innominato, ma il primo è indicato in loco come Lago delle Munie (cioè monache), ma cartografato come Lago delle Marie... Ad ogni modo, proseguendo si attraversa un'estensione di pascoli popolati da decine di bovini di razza Piemontese, allevati semi-bradi e comunque piuttosto diffidenti; poco prima di iniziare la salita verso il Colle delle Munie, si lascia a destra un ulteriore lago (o innominato o Lago delle Munie...) incontrando resti di reticolati e blocchi di calcestruzzo, questi ultimi risultanti dalla distruzione (imposta dal Trattato di Parigi del 1947) delle strutture militari poste al confine con la Francia. Un ripido traverso e qualche tornante di ghiaie conducono all'ampia dorsale del Colle delle Munie (Col des Monges), ricoperto da poverissimo pascolo eroso dal vento; dal versante francese ci si affaccia sulla vallata rivestita da foreste e percorsa dalla strada del Colle della Maddalena. Per breve tratto si segue la linea del confine in blanda salita fino a raggiungere il non ben definito Colle Aguya, posto alla base del sentiero che sale alla frequentata vetta del Monte Soubeyran (Tete de l'Alp) raggiungibile tramite un ripido sentiero sabbioso/ghiaioso. Da qui, in territorio francese, ci si addentra attraverso il versante orientale di una valletta secondaria che ospita il limpidissimo Lac de la Reculaye; raggiuntane l'estremità settentrionale sfilando sotto gli sfasciumi dell'Aiguille de Barsin, si risale un canalone sassoso che sfocia in un doppio tornante da risalire lungo una traccia di minuscolo detrito, per tornare infine a riprendere la cresta di confine. Qui lo spazio è un poco angusto, ma ci si muove comunque su di una buona traccia stretta fra gli scivoli di brecciolino del versante francese e i ripidissimi camini di friabile calcare cariato che precipitano verticali verso l'Italia. A questo punto ci si trova di fronte al punto più "difficile" dell'intera escursione: occorre risalire per un centinaio di metri di dislivello la larga groppa del Monte Viraysse (Cime de la Coste du Col); si procede su terriccio compattato e ghiaioso a circa 40° di pendenza, dove l'esposizione non è rilevante ma occorre tassativamente non scivolare. La vetta è un ripiano erboso con ometto di sassi dal panorama incredibile per estensione e varietà. La discesa sul lato opposto del crinale è assai più addomesticata e si sviluppa con comode curve fra pascolo e sassi fino all'apertura del Colle Sautron (Col de Sautron): l'esatta posizione del passo (cippo e segnali francesi) è invalicabile dal lato italiano, per cui occorre salire per pochi metri, trovando una palina italiana e l'imbocco di una comoda cengia che scende verso sinistra (faccia a valle verso l'Italia). Si segue per lungo tratto un buon sentiero dalle inconfondibili e regolari diagonali caratteristiche dei tracciati militari, portandosi infine sul fondo del vallone dominato dal Monte Sautron (Tete de Sautron); si passa nei pressi di reticolati abbandonati ed i resti di casermette e bunker (tutti fatti saltare con esplosivo nel 1947) per raggiungere dopo un tratto pianeggiante la rossa costruzione del Bivacco Sartore, esso stesso costruito nei pressi e sulle fondamenta di costrizioni tattiche. [Da notare nelle immediate vicinanze una catasta di bobine di filo spinato, arrivato quassù negli anni '930 e mai più toccato]. Si scende quindi lungo il vallone posto sotto il bivacco e si raggiungono i pascoli alti della Grange Pausa, dove vive un nutrito branco di neri cavalli di razza Mérens, docilissimi e di atteggiamento familiare. Proseguendo in lieve discesa si arriva a raggiungere la carrozzabile militare che sale dal fondovalle di Saretto: se ne possono tagliare i numerosi tornanti iniziali fino a raggiungere un non evitabile lungo traverso che raggiunge la cava di calcare nero sfiorata durante la salita. Da qui si può percorrere lo stesso sentiero di andata, ma è assolutamente consigliabile deviare leggermente per visitare le vicine sorgenti del torrente Maira, che, pur parzialmente captate da un acquedotto, manifestano una cospicua potenza scorrendo in un magnifico (e protetto) ambiente umido rivestito da un particolare muschio resistente alla calcarizzazione.
... ma probabilmente la valle alpina più bella che io abbia mai visto. Niente da invidiare, sotto ogni punto di vista, a moltissime - la maggior parte - zone delle Dolomiti, ma con la grande differenza che tutto è più appartato e discreto: chi ci viene vuole venirci, non deve (spinto dalla moda in luoghi che la "valorizzazione" ha ridotto ad un luna-park per turisti che nemmeno alzano gli occhi oltre il livello dei boschi o delle funivie, ma che "consumano" le offerte più disparate). Certamente si dice che la Val Maira sia spopolata, ma perchè dovrebbe essere condotta per forza ad una situazione metropolitana con attività e svaghi omologati e non dissimili?
I pochi che arrivano da queste parti - prevalentemente francesi - trovano comunque una segnaletica chiara ed efficace ed una fitta rete di bivacchi ad appoggio nelle numerose traversate possibili; questi stessi bivacchi si trovano in condizioni di ordine e pulizia che noi, qui in Lombardia, spesso nemmeno ci sogniamo.
Per quanto riguarda i panorami, è inutile tentare di descrivere: chi vuole può farsene un'idea abbastanza precisa dando un'occhiata alle fotografie.
Dal piazzale di sosta camper occorre proseguire in salita, trascurando un primo sentierino sulla destra, lungo una sterrata chiusa al traffico: in lontananza si può distinguere una palina con numerose indicazioni. Imboccando un sentiero sulla destra (segnali per Biv. Bonelli e Colle delle Munie) si evita un primo tratto su pista forestale, per poi arrivare in breve nel bosco presso una cava dismessa di calcare nero: da qui si intraprende la salita in un bel bosco di giovani larici. Il sentiero, con pendenza moderata, si incanala infine in un valloncello che sbuca su di una dorsale di pascolo e rocce posta a cavallo fra il versante meridionale della Val Maira sopra Saretto (appena risalito) ed una conca rocciosa che sul fondo ospita un alpeggio (Grange Visaisa) ed il cupo Lago Visaisa, che attualmente appare ad un livello molto inferiore a quello normale/medio. Il lago è visibile solo spostandosi un poco dal sentiero ed affacciandosi ad un punto panoramico nei pressi dei ruderi dell'ex-Albergo Principe di Piemonte [/www.alpidicuneo.it/discover/cultura/quellaffascinante-rifug...].
Da qui, per lungo tratto, è visibile il proseguimento del sentiero, che, lasciato sulla sinistra il vallone dominato dal Monte Arpet, si avvia ad attraversare un esteso pendio di ghiaie ai piedi del Colle del Vallonasso; in cima, dopo una serie di tornanti, si raggiunge l'orlo di una sorta di altopiano pascolivo disseminato di doline e collinette e bordato sulla sinistra da una serie di laghetti. In pochi passi si raggiunge il bellissimo Bivacco Bonelli, posto su di un dosso in panoramica posizione sul Lago di Apsoi (localizzato alla base del vallone che sale verso sinistra al Colle d'Enchiausa); il sentiero prosegue destreggiandosi fra dossi ed avvallamenti, mantenendosi in vista, sulla sinistra, di due laghetti: e qui comincia una certa confusione toponomastica. Il secondo è certamente innominato, ma il primo è indicato in loco come Lago delle Munie (cioè monache), ma cartografato come Lago delle Marie... Ad ogni modo, proseguendo si attraversa un'estensione di pascoli popolati da decine di bovini di razza Piemontese, allevati semi-bradi e comunque piuttosto diffidenti; poco prima di iniziare la salita verso il Colle delle Munie, si lascia a destra un ulteriore lago (o innominato o Lago delle Munie...) incontrando resti di reticolati e blocchi di calcestruzzo, questi ultimi risultanti dalla distruzione (imposta dal Trattato di Parigi del 1947) delle strutture militari poste al confine con la Francia. Un ripido traverso e qualche tornante di ghiaie conducono all'ampia dorsale del Colle delle Munie (Col des Monges), ricoperto da poverissimo pascolo eroso dal vento; dal versante francese ci si affaccia sulla vallata rivestita da foreste e percorsa dalla strada del Colle della Maddalena. Per breve tratto si segue la linea del confine in blanda salita fino a raggiungere il non ben definito Colle Aguya, posto alla base del sentiero che sale alla frequentata vetta del Monte Soubeyran (Tete de l'Alp) raggiungibile tramite un ripido sentiero sabbioso/ghiaioso. Da qui, in territorio francese, ci si addentra attraverso il versante orientale di una valletta secondaria che ospita il limpidissimo Lac de la Reculaye; raggiuntane l'estremità settentrionale sfilando sotto gli sfasciumi dell'Aiguille de Barsin, si risale un canalone sassoso che sfocia in un doppio tornante da risalire lungo una traccia di minuscolo detrito, per tornare infine a riprendere la cresta di confine. Qui lo spazio è un poco angusto, ma ci si muove comunque su di una buona traccia stretta fra gli scivoli di brecciolino del versante francese e i ripidissimi camini di friabile calcare cariato che precipitano verticali verso l'Italia. A questo punto ci si trova di fronte al punto più "difficile" dell'intera escursione: occorre risalire per un centinaio di metri di dislivello la larga groppa del Monte Viraysse (Cime de la Coste du Col); si procede su terriccio compattato e ghiaioso a circa 40° di pendenza, dove l'esposizione non è rilevante ma occorre tassativamente non scivolare. La vetta è un ripiano erboso con ometto di sassi dal panorama incredibile per estensione e varietà. La discesa sul lato opposto del crinale è assai più addomesticata e si sviluppa con comode curve fra pascolo e sassi fino all'apertura del Colle Sautron (Col de Sautron): l'esatta posizione del passo (cippo e segnali francesi) è invalicabile dal lato italiano, per cui occorre salire per pochi metri, trovando una palina italiana e l'imbocco di una comoda cengia che scende verso sinistra (faccia a valle verso l'Italia). Si segue per lungo tratto un buon sentiero dalle inconfondibili e regolari diagonali caratteristiche dei tracciati militari, portandosi infine sul fondo del vallone dominato dal Monte Sautron (Tete de Sautron); si passa nei pressi di reticolati abbandonati ed i resti di casermette e bunker (tutti fatti saltare con esplosivo nel 1947) per raggiungere dopo un tratto pianeggiante la rossa costruzione del Bivacco Sartore, esso stesso costruito nei pressi e sulle fondamenta di costrizioni tattiche. [Da notare nelle immediate vicinanze una catasta di bobine di filo spinato, arrivato quassù negli anni '930 e mai più toccato]. Si scende quindi lungo il vallone posto sotto il bivacco e si raggiungono i pascoli alti della Grange Pausa, dove vive un nutrito branco di neri cavalli di razza Mérens, docilissimi e di atteggiamento familiare. Proseguendo in lieve discesa si arriva a raggiungere la carrozzabile militare che sale dal fondovalle di Saretto: se ne possono tagliare i numerosi tornanti iniziali fino a raggiungere un non evitabile lungo traverso che raggiunge la cava di calcare nero sfiorata durante la salita. Da qui si può percorrere lo stesso sentiero di andata, ma è assolutamente consigliabile deviare leggermente per visitare le vicine sorgenti del torrente Maira, che, pur parzialmente captate da un acquedotto, manifestano una cospicua potenza scorrendo in un magnifico (e protetto) ambiente umido rivestito da un particolare muschio resistente alla calcarizzazione.
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