Anello da Bobbio alle Cascate del Carlone


Publiziert von Alberto C. , 7. April 2023 um 21:52.

Region: Welt » Italien » Emilia-Romagna
Tour Datum: 1 November 2022
Wandern Schwierigkeit: T2 - Bergwandern
Wegpunkte:
Geo-Tags: I 
Aufstieg: 945 m
Abstieg: 945 m
Strecke:Percorso ad anello.
Zufahrt zum Ausgangspunkt:Percorrendo l’Autostrada del sole (A1/E35) si esce a Piacenza sud. Alla rotatoria dopo il casello, si svolta a sinistra (direzione sud) imboccando la tangenziale di Piacenza, che si percorre per circa km 7,5; alla rotatoria si abbandona la tangenziale per prendere (terza uscita) la SS45 della Val Trebbia per circa 42 chilometri, fino a raggiungere Bobbio. Ampio parcheggio in Piazza 25 Aprile.

      Nella scelta delle mete delle mie escursioni, ho sempre rivolto verso le Alpi, quasi dimenticandomi dell’esistenza di un altro fronte, quello appenninico, che anch’esso è altrettanto a portata di mano: nelle giornate terse, volgendo lo sguardo verso sud, ne scorgo la silhouette persino dal balcone di casa. Così, poche ore dopo l’appennino ligure (Bric del Dente), mi pongo una puntatina esplorativa in Val Trebbia, nell’Appennino emiliano, con partenza dalla storica cittadina di Bobbio, che già da sola vale il viaggio.
      La meta scelta sono le cascate del torrente Carlone che, a detta della letteratura consultata, sono una meta che non può mancare per chi reca nei dintorni di Bobbio.
 
      ll Torrente Carlone è un affluente di sinistra del fiume Trebbia. Lungo una decina di chilometri, nel suo percorso forma alcune cascate, fra le quali una termale, che le conferisce la fama di cui gode. La fonte della Cascata termale del Carlone, localizzata nelle vicinanze del borgo di San Cristoforo, contiene acque salso-bromo-iodiche solforose con elevata concentrazione di magnesio, che le conferiscono proprietà termali.
     Già nel XI secolo i monaci di un vicino convento sfruttavano le saline della fontana presso la cascata termale e usavano il laghetto termale per la guarigione delle malattie della pelle. Quando nel medioevo scoppiò la peste, i monaci usarono l’acqua miracolosa del laghetto termale per bagni, fanghi e inalazioni come rimedio contro il morbo, salvando, a detta loro, gli abitanti della zona e tutti i pellegrini che passavano per Bobbio dalla Via Francigena.
 
 


LOCALITA' DI PARTENZA.  Bobbio (m 273).

     Come accennavo nell’introduzione, Bobbio meriterebbe una visita dedicata solo al caratteristico borgo medioevale.
      Fin dal Medioevo era nota per la sua Abbazia che, fondata nel 614 dal monaco irlandese San Colombano, e fu uno dei principali centri culturali e spirituali dell’Italia. La sua importanza crebbe nel tempo, tant’è che nel 1014 fu elevata al rango di Città dall’imperatore Enrico II e divenne sede vescovile. 
     Il simbolo più caratteristico della cittadina è il Ponte Gobbo sul fiume Trebbia, la cui storia è legata alla leggenda dello scontro fra San Colombano con il Diavolo. 

 
ATTREZZATURA.   Normale da escursionismo.
 
DIFFICOLTÀ.    T2 (E, secondo la classificazione CAI). Gran parte dell’escursione si svolge su stradine asfaltate e su carrarecce. Dalle cascate a Cascina Alfede, si svolge su sentiero o traccia di sentiero, in alcuni tratti poco evidente. La segnaletica non abbonda, ma è sufficiente per non perdersi: andrebbe migliorata.
    Non presenta particolari difficoltà, e non vi sono tratti esposti, ma il dislivello e il considerevole sviluppo richiedono un buon allenamento.
 
QUOTA MASSIMA:  m 961, lungo la cresta fra la cascata alta e Cascina Alfede.
 
QUOTA MINIMA:  m 265, al Ponte Gobbo.
 
SVILUPPO:  km 21,6.
 
TEMPO EFFETTIVO DI MARCIA: ore 06:00.       
 
TEMPI PARZIALI:  Da Bobbio a San Cristoforo: ore 01:25; da San Cristoforo alla Cascata termale del Carlone: 30 minuti; dalla Cascata termale alla cascata alta: 25 minuti; dalla cascata alta a Cascina Alfede: ore 01:05; da Cascina Alfede a Carana: 30 minuti; da Carana a Bobbio passando per il Ponte Gobbo: ore 02:05.
 
 
DESCRIZIONE PERCORSO.    Dal parcheggio di Piazza 25 Aprile ci si incammina in direzione del centro della cittadina; giunti in Piazza Duomo si prende Contrada dell’Ospedale, quindi Contrada dei Monticelli, al termine della quale si svolta a destra, poi a sinistra imboccando Via Poggio San Desiderio. Superata una curva si svolta a sinistra in direzione della passerella pedonale che attraversa il torrente Bobbio (la si inizia a scorgere da una certa distanza), e si percorre il percorso pedonale che ci immette su Via del Bargo, che si percorre fino a raggiungere il borgo di San Cristoforo dopo avere percorso circa 6 chilometri di strada asfaltata in leggera salita (m 650, ore 01:25 dal parcheggio). La strada, almeno oggi, è deserta e, anche se asfaltata, non è noiosa per la varietà di ambienti che attraversa: interessato i calanchi e le altre rilevanze geologiche che si incontrano.

      San Cristoforo è un piccolo borgo di edifici in pietra locale, dominato dalla Chiesa parrocchiale di San Cristoforo con la vicina canonica costruite nel 1910, quando fu abbandonata l'antica sede parrocchiale posta su di un colle a circa 1 chilometro dal paese (Chiesa Vecchia) di cui ne rimangono i ruderi.
     Le origini del borgo risalgono al VII secolo, quando sorse in loco una cella monastica con il nome di Viulio, prima Vidulium in epoca romana e poi longobarda, l'antica denominazione della Costa Ferrata. Passò alle dipendenze del vescovado nella prima metà dell'XI secolo e comparve nel diploma di Corrado II del 1027 quando divenne rettoria (od. parrocchia) e sotto la sua dipendenza vi erano Dezza, Ceci e il santuario di Santa Maria in Monte Penice. Vi era la presenza di due cappelle una nel paese dedicata a san Giacomo, sotto l'antico monastero, che divenne edificio privato dopo il 1600; l'altra sopra un colle ad 1 km. dal paese, dedicata a san Cristoforo, che divenne rettoria e chiesa principale. La zona era sfruttata fin dall'antichità come zona agricola, di allevamento e di produzione e raccolta di erbe per l'erboristeria dell'Abbazia di Bobbio.
     Antichi fasti: oggi il borgo è in stato di semi abbandono.

     Terminata una veloce visita al borgo (la chiesa era chiusa), ci si riporta sulla strada percorrendone un breve tratto in discesa fino al tornante, dove inizia il sentiero (segnavia 160), che si percorre per 15/20 minuti. Trascurando ad un bivio il sentiero di destra, si raggiunge il torrente Carlone e lo si guada portandoci alla sommità della cascata termale. Per raggiungere la sottostante pozza di acqua sulfurea, si prende una traccia attrezzata con funi che in breve si arriva ai piedi della cascata (ma si può utilizzare anche un più facile sentierino, più evidente dal basso, che, difatti si è utilizzato per ritornare sopra la cascata). È un bel salto d’acqua (anche se alto solo di una decina di metri), peccato per la scarsità d’acqua; intorno alla pozza si sente la salvifica puzza sulfurea.      
     Si ripercorre a ritroso il sentiero e, guadato il torrente, si ritorna il bivio, si prende la deviazione di sinistra, si attraversa nuovamente il torrente iniziando a risalire la sponda orografica destra del torrente, si trascura una traccia che si stacca sulla sinistra e, dopo pochi minuti di salita si scorge la cascata (m 625 circa, 20 minuti dalla prima cascata). Questa volta non andiamo scendiamo all’acqua, ma facciamo ritorno suoi nostri passi e si fa ritorno al bivio e si inizia a percorrere il sentiero primo trascurato che si stacca alla nostra destra e che porta a Alfede. Il sentiero sale ripido nel bosco e porta a raggiunge, dopo poco più di mezz’ora di cammino, una larga cresta. A questo punto la traccia del sentiero si fa più incerta e il bosco più rado. Si sale per un altro breve tratto e, raggiunta la sommità (quota m 945/950 circa), si percorre per una dozzina un tratto pianeggiante, fino ad arrivare ad un bivio: la traccia che segue la linea di cresta porta a Cascina Alfede; quella che scende a sinistra, che percorreremo, passa sotto Alfede e conduce su una sconnessa carrareccia, che, svoltando a sinistra, si inizia a percorrere in ripida discesa. Via via che si procede il fondo si fa meno sconnesso fino a diventare una carrareccia percorribile che ci conduce a Carana (m 765, 25 minuti da Alfede). SI segue la strada asfaltata fino alla fine del piccolo agglomerato, dove termine, e si continua in direzione ovest discendendo un largo sentiero che presto diventa una vera propria trincea. In circa 15 minuti ci si immette sulla strada asfalta; e da questo punto in avanti sarà tutto asfalto fino al ritorno a Bobbio, che si raggiunge dopo avere percorso alcune centinaia di metri di strada statale.
     A questo punto è d’obbligo una digressione per visitare il Ponte Gobbo sul fiume Trebbia, che è l’elemento caratterizzante di Bobbio.

La sua corretta denominazione è Ponte Vecchio di Bobbio; ha una lunghezza di 273 metri, e presenta un particolare profilo irregolare con 11 archi diseguali tra loro e posti a diverse altezze che formano delle gobbe, dalle quali deriva la sua più corrente denominazione. Lungo il suo sviluppo vi sono tre coppie di edicole, o crocini, sopra le campate maggiori. Nelle due sopra l'arco maggiore (detto della Spessa) sono presenti due statue, che raffigurano san Colombano e la Madonna dell'Aiuto.
     L'epoca di costruzione non è nota, ma è certamente di età romana e gli storici la fanno risalire a dopo la conquista romana dell'allora borgo ligure-celtico. Nel corso dei secoli subì numerosi rifacimenti.
     Si sono ritrovate tracce di un ponte più antico sottostante l’attuale, che può ritenersi risalente all’alto medioevo, quindi antecedente l'arrivo di San Colombano. La costruzione sovrastante risalirebbe al VII secolo per opera dei monaci dell'abbazia di San Colombano. Documenti danno notizia di interventi manutentivi sul ponte a partire dal 1196.  
     Il ponte per Bobbio era di vitale importanza: collegamento sicuro con le diverse attività sulla sponda destra del Trebbia (le saline termali, le terme di romane e longobarde, la fornace del Rio Gambado e la strada di collegamento con Genova e la Lunigiana).  A causa del suo carattere torrentizio, il Trebbia ha piene improvvise e devastanti con il frequente spostamento del letto in ghiaia, cosa che rende problematico il guado soprattutto nei mesi invernali.
     Fino al XVI il ponte era composto da pochi archi: un grande arco alla sponda destra con tre archi più piccoli. Le piene del fiume, con l’andare del tempo, causarono parecchi danno al ponte in pietra, che venne sempre pazientemente ricostruito anche con modifiche sostanziali per migliorarne sicurezza e robustezza.
     Intorno al 1590 si cominciò ad allungarlo verso la sponda sinistra, su disegno del maestro Magnano da Parma, e nel corso del XVII secolo arrivò alle undici arcate attuali.
     La denominazione di Ponte Gobbo deriva da una poesia dialettale Al Diavul al fa al Pont Gobb ad Bobbi del 1907, scritta da un tal Valente Faustini, che riprende, rielaborandola, un'antica leggenda: il diavolo fece il ponte gobbo per dispetto, nella speranza di allontanare, per mezzo del ponte, gli abitanti dal monastero e dalla religione. In seguito, rimase il nome anche in tono ironico-spregiativo, per schernire i bobbiesi, denigrandoli di non aver saputo costruire un ponte (allora transitabile in automobile) a suo dire "come si deve", ma tutto gobbo
      Ciliegina sulla torta: Secondo la studiosa Carla Glori, questo sarebbe il ponte raffigurato nello sfondo della Gioconda di Leonardo da Vinci.  

 
 METEO.  Cielo coperto con leggera pioggia nel primo pomeriggio. Calma di vento. Temperatura a Bobbio 17°, alla cascata alta 19°, al termine 19°.
 
FREQUENTAZIONEScarsa. Lasciata Bobbio incontrata gente solo alla cascata termale. Anche i borghi attraversati erano deserti.
 
COMPAGNI:  Paolo.
 
 
Note sitografiche:
 

Tourengänger: Alberto C.
Communities: Hikr in italiano


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