Val di Gleno, Baita alta di Gleno (m 2088)
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Erano le 7:15 di un piovigginoso 1° dicembre 1923 quando, preceduti da un boato e da un violento spostamento d’aria, 5/6 milioni di metri cubi d'acqua si abbatterono su Bueggio e Dezzo di Scalve distruggendole; ma l’ondata non si fermò lì, prosegui disseminando distruzione lungo tutto il suo cammino, fino a esaurirsi nel Lago d’Iseo. 356 furono le vittime ufficiali, ma probabilmente furono molte di più.
Storia contorta quella della diga del Gleno.
Tutto inizia nel 1907 con la richiesta di una concessione per lo sfruttamento idroelettrico del Torrente Povo da parte di un certo Ing. Tosana di Brescia. Ottenuta la concessione, questa venne ceduta, prima all’Ing. Gmur di Bergamo, che a sua volta la cedette alla Ditta Galeazzo Viganò di Triuggio (MB). All’epoca l’ENEL non era ancora nata e il business dell’energia elettrica era in mano ad impresari privati, che operavano talvolta con pochi scrupoli. I lavori ebbero inizio nel 1917, senza aspettare che il Genio civile approvasse il progetto esecutivo, che fu presentato solo nel 1919 ed approvato solo nel 1921; ed era per una diga a gravità. Ma la ditta Viganò cambiò tipologia in corso d’opera per aumentare la capacità del bacino, e realizzò una diga ad archi multipli. Nel 1921 il Genio civile diffidò la ditta dal proseguire i lavori ingiungendo la presentazione di un nuovo progetto. Ma i lavori, in barbi agli ordini dell’Autorità, proseguirono, e il nuovo progetto fu presentato al Genio civile solo a inizio 1923, a lavori molto avanzati.
Il manufatto come realizzato, presentava problemi strutturali. Una diga ad archi multipli genera forze considerevoli che si scaricano sulle fondazioni; pertanto, richiede di essere ancorato a rocce compatte: caratteristica non proprio corrispondente alla geologia della Val di Gleno. Perdipiù le arcate centrali furono appoggiate direttamente sul tampone a gravità inizialmente costruito.
Nell’autunno del 1923, a lavori non ancora completati, abbondanti precipitazioni riempirono il bacino. Vi furono problemi negli scaricatori superficiali ma, soprattutto, si innescarono infiltrazioni d’acqua alla base delle arcate sovrastanti il tampone a gravità. Il 1° dicembre 1923 la diga, non ancora collaudata, cedette e così si consumò la tragedia.
La facile escursione oggetto di questa relazione, che ha come meta la Baita Alta di Gleno (m 2080), porta ad attraversare la diga del Gleno passando nella sezione collassata, fra i due monconi, ancora quasi integri, della diga.
LOCALITA' DI PARTENZA. Vilminore di Scalve, parcheggio di Via Pieve Antica (m 1061).
ACCESSO ALLA LOCALITA’ DI PARTENZA. All’uscita di Bergamo dell’autostrada A4 si prende la Circonvallazione delle valli seguendo le indicazioni per le Valli Seriana e Brembana; ad un certo punto si devia a destra sulla SP35, che conduce in Valle Seriana. Superato Ponte Nossa, si arriva ad un bivio e si svolta a destra, superando il ponte sul fiume Serio, seguendo le indicazioni per Clusone e il Passo della Presolana. Proseguendo sulla strada statale, si supera Clusone, quindi Rovetta, Castione della Presolana, Bratto, fino al Passo Della Presolana. Si continua scendendo il versante opposto e immettendosi, al termine della tortuosa discesa, sulla SP 294 svoltando a sinistra in direzione di Dezzo. Percorsi circa km 2,2, si svolta a sinistra per Vilminore di Scalve; Lo si attraversa e si imbocca via Locatelli che si segue, descrivendo un ampio tornate verso destro, fino all’incrocio con la via Pieve Antica: indicazioni per Pianezza e Diga del Gleno. Il piccolo parcheggio si trova imboccando la via che si stacca sulla destra al primo tornante.
Normalmente si raggiunge Pianezza in auto, ma oggi la strada è chiusa al traffico; quindi, si parte deve partire da qui. È attivo anche un servizio di navetta che parte dal centro di Vilminore.
ATTREZZATURA. Quella standard per escursioni non troppo impegnative.
DIFFICOLTÀ. T2 (E, secondo la classificazione CAI). Il percorso si svolge interamente su sentieri ben tracciati e segnalati. Fino ai ruderi della diga è sentiero e largo e nei tratti più esposti è provvisto di parapetti. Il tratto nella Val di Gleno non ha tratti esposti.
Richiede comunque un certo allenamento per sviluppo e dislivello non trascurabili.
SALITA: m 1050.
DISCESA: m 1050.
QUOTA MASSIMA: m 2088, alla Baita alta di Gleno.
QUOTA MINIMA: m 1061, al parcheggio di Via Pieve Antica.
SVILUPPO: km 16,4.
TEMPO TOTALE, comprese le soste: 6 ore 35’.
TEMPO EFFETTIVO DI MARCIA: 6 ore.
TEMPO DI SALITA: 3 ore 15’.
TEMPO DI DISCESA: 2 ore 45’.
DESCRIZIONE PERCORSO. Il programma poneva come meta il Passo di Belviso. Ma la strada per Pianezzo il 3 e il 4 è stata chiusa al traffico, così siamo partiti da Vilminore con maggior tempo di cammino e maggiore dislivello. Per contenere dislivello e tempi la meta è stata ridimensionata.
Dal parcheggio ci riportiamo su via Arciprete Bendotti e la seguiamo in salita fino ad arrivare ad un tornante, dove la abbandoniamo deviando per una stratta stradina sulla sinistra che, raggiunti due edifici, si trasforma in un sentiero. Questa deviazione ci consente di “tagliare” il successivo tornante della strada. Ritornati sull’asfalto percorriamo un altro breve tratto di strada, per abbandonarla prima, di attraversare un ponte, prendendo una mulattiera sulla destra, che ci conduce nella piazzetta di Pianezza (m 1257, circa mezz’ora dal parcheggio).
Sulla destra della fontana che costituisce l’elemento principale della piazzetta, una serie di cartelli ci indica la strada. Ci inoltriamo per la viuzza e in breve siamo ad una scalinata: un cartello ci indica che stiamo imbocca il “Sinter dì scalì” e un secondo cartello che per la “diga Gleno” si va per di lì. Al termina della scalinata ci troviamo su una stradina sterrata che iniziamo a percorrere a destra (a sinistra si tornerebbe a Pianezza) e, poco dopo, entriamo nel bosco e arriviamo a uno slargo (località Fonc, m 1345) dove, seguendo le indicazioni in campo, deviamo a sinistra su un sentiero che risale il boscoso pendio con una serie di tornanti, fino a portarci a immetterci su un sentiero ben più largo con a lato un manufatto scatolare in calcestruzzo (m 1510, 35 minuti da Pianezza). Siamo sul tracciolino che percorriamo in direzione nord per una ventina di minuti: siamo ai ruderi alla diga del Gleno e al piccolo lago omonimo (m 1540). Questo tratto di percorso è in parte intagliato nella roccia e, in alcuni è strapiombante, ma niente paura, ci sono i parapetti.
Oggi è una bella giornata luminosa, c’è parecchia gente, il luogo mi appare quasi ameno, nonostante vi incombano i tetri monconi della diga. Ci ero stato altre volte, con cielo più cupo e in solitario: confesso che il luogo mi aveva messo una certa inquietudine.
Dal lago si inizia la risalita della Val di Gleno. Iniziamo con un tratto pianeggiante fino alla Baita Bassa di Gleno (m 1561, 15 minuti dalla diga), poi il sentiero inizia a salire, prima leggermente, poi con maggiore decisione, infilandosi nel valloncello formato da torrente, che fiancheggiamo per un po’, fino a raggiungere la Baita di Mezzo (m 1819, 45’ dalla Baita Bassa). Proseguiamo risalendo con pendenza regolare il vallone, attraversiamo il terrente e transitiamo nei pressi dei ruderi (poco evidenti) di quel che fu il Rifugio Bissolati, dove la pendenza si accentua, senza diventare eccessiva, e con serie di tornanti raggiungiamo il piede un bastione roccioso che si supera con traverso su tratto di sentiero ben costruito. Raggiunto il terrazzamento superiore scorgiamo, a sinistra della traccia del sentiero, il piccolo edificio ed il recinto della Baita Alta di Gleno che raggiungiamo in pochi minuti (m 2088, ore 1:45 dalla diga). Dalla baita è visibile, circa 400 metri sopra, il Passo di Belviso, nostra meta programmata: ma per oggi basta questo.
Per il ritorno abbiamo percorso a ritroso l’itinerario della salita.
METEO. IN mattinata cielo sereno; nel pomeriggio aumento della copertura fino alla copertura pressoché totale. Nubi intorno ai 2500 metri. Assenza di vento. Temperatura alla partenza 23°, alla Baita Alta 21°, al termine 23°.
FREQUENTAZIONE. Itinerario affollato, in particolare il primo tratto, fino ai ruderi della diga.
COMPAGNI: Paolo.
Storia contorta quella della diga del Gleno.
Tutto inizia nel 1907 con la richiesta di una concessione per lo sfruttamento idroelettrico del Torrente Povo da parte di un certo Ing. Tosana di Brescia. Ottenuta la concessione, questa venne ceduta, prima all’Ing. Gmur di Bergamo, che a sua volta la cedette alla Ditta Galeazzo Viganò di Triuggio (MB). All’epoca l’ENEL non era ancora nata e il business dell’energia elettrica era in mano ad impresari privati, che operavano talvolta con pochi scrupoli. I lavori ebbero inizio nel 1917, senza aspettare che il Genio civile approvasse il progetto esecutivo, che fu presentato solo nel 1919 ed approvato solo nel 1921; ed era per una diga a gravità. Ma la ditta Viganò cambiò tipologia in corso d’opera per aumentare la capacità del bacino, e realizzò una diga ad archi multipli. Nel 1921 il Genio civile diffidò la ditta dal proseguire i lavori ingiungendo la presentazione di un nuovo progetto. Ma i lavori, in barbi agli ordini dell’Autorità, proseguirono, e il nuovo progetto fu presentato al Genio civile solo a inizio 1923, a lavori molto avanzati.
Il manufatto come realizzato, presentava problemi strutturali. Una diga ad archi multipli genera forze considerevoli che si scaricano sulle fondazioni; pertanto, richiede di essere ancorato a rocce compatte: caratteristica non proprio corrispondente alla geologia della Val di Gleno. Perdipiù le arcate centrali furono appoggiate direttamente sul tampone a gravità inizialmente costruito.
Nell’autunno del 1923, a lavori non ancora completati, abbondanti precipitazioni riempirono il bacino. Vi furono problemi negli scaricatori superficiali ma, soprattutto, si innescarono infiltrazioni d’acqua alla base delle arcate sovrastanti il tampone a gravità. Il 1° dicembre 1923 la diga, non ancora collaudata, cedette e così si consumò la tragedia.
La facile escursione oggetto di questa relazione, che ha come meta la Baita Alta di Gleno (m 2080), porta ad attraversare la diga del Gleno passando nella sezione collassata, fra i due monconi, ancora quasi integri, della diga.
LOCALITA' DI PARTENZA. Vilminore di Scalve, parcheggio di Via Pieve Antica (m 1061).
ACCESSO ALLA LOCALITA’ DI PARTENZA. All’uscita di Bergamo dell’autostrada A4 si prende la Circonvallazione delle valli seguendo le indicazioni per le Valli Seriana e Brembana; ad un certo punto si devia a destra sulla SP35, che conduce in Valle Seriana. Superato Ponte Nossa, si arriva ad un bivio e si svolta a destra, superando il ponte sul fiume Serio, seguendo le indicazioni per Clusone e il Passo della Presolana. Proseguendo sulla strada statale, si supera Clusone, quindi Rovetta, Castione della Presolana, Bratto, fino al Passo Della Presolana. Si continua scendendo il versante opposto e immettendosi, al termine della tortuosa discesa, sulla SP 294 svoltando a sinistra in direzione di Dezzo. Percorsi circa km 2,2, si svolta a sinistra per Vilminore di Scalve; Lo si attraversa e si imbocca via Locatelli che si segue, descrivendo un ampio tornate verso destro, fino all’incrocio con la via Pieve Antica: indicazioni per Pianezza e Diga del Gleno. Il piccolo parcheggio si trova imboccando la via che si stacca sulla destra al primo tornante.
Normalmente si raggiunge Pianezza in auto, ma oggi la strada è chiusa al traffico; quindi, si parte deve partire da qui. È attivo anche un servizio di navetta che parte dal centro di Vilminore.
ATTREZZATURA. Quella standard per escursioni non troppo impegnative.
DIFFICOLTÀ. T2 (E, secondo la classificazione CAI). Il percorso si svolge interamente su sentieri ben tracciati e segnalati. Fino ai ruderi della diga è sentiero e largo e nei tratti più esposti è provvisto di parapetti. Il tratto nella Val di Gleno non ha tratti esposti.
Richiede comunque un certo allenamento per sviluppo e dislivello non trascurabili.
SALITA: m 1050.
DISCESA: m 1050.
QUOTA MASSIMA: m 2088, alla Baita alta di Gleno.
QUOTA MINIMA: m 1061, al parcheggio di Via Pieve Antica.
SVILUPPO: km 16,4.
TEMPO TOTALE, comprese le soste: 6 ore 35’.
TEMPO EFFETTIVO DI MARCIA: 6 ore.
TEMPO DI SALITA: 3 ore 15’.
TEMPO DI DISCESA: 2 ore 45’.
DESCRIZIONE PERCORSO. Il programma poneva come meta il Passo di Belviso. Ma la strada per Pianezzo il 3 e il 4 è stata chiusa al traffico, così siamo partiti da Vilminore con maggior tempo di cammino e maggiore dislivello. Per contenere dislivello e tempi la meta è stata ridimensionata.
Dal parcheggio ci riportiamo su via Arciprete Bendotti e la seguiamo in salita fino ad arrivare ad un tornante, dove la abbandoniamo deviando per una stratta stradina sulla sinistra che, raggiunti due edifici, si trasforma in un sentiero. Questa deviazione ci consente di “tagliare” il successivo tornante della strada. Ritornati sull’asfalto percorriamo un altro breve tratto di strada, per abbandonarla prima, di attraversare un ponte, prendendo una mulattiera sulla destra, che ci conduce nella piazzetta di Pianezza (m 1257, circa mezz’ora dal parcheggio).
Sulla destra della fontana che costituisce l’elemento principale della piazzetta, una serie di cartelli ci indica la strada. Ci inoltriamo per la viuzza e in breve siamo ad una scalinata: un cartello ci indica che stiamo imbocca il “Sinter dì scalì” e un secondo cartello che per la “diga Gleno” si va per di lì. Al termina della scalinata ci troviamo su una stradina sterrata che iniziamo a percorrere a destra (a sinistra si tornerebbe a Pianezza) e, poco dopo, entriamo nel bosco e arriviamo a uno slargo (località Fonc, m 1345) dove, seguendo le indicazioni in campo, deviamo a sinistra su un sentiero che risale il boscoso pendio con una serie di tornanti, fino a portarci a immetterci su un sentiero ben più largo con a lato un manufatto scatolare in calcestruzzo (m 1510, 35 minuti da Pianezza). Siamo sul tracciolino che percorriamo in direzione nord per una ventina di minuti: siamo ai ruderi alla diga del Gleno e al piccolo lago omonimo (m 1540). Questo tratto di percorso è in parte intagliato nella roccia e, in alcuni è strapiombante, ma niente paura, ci sono i parapetti.
Oggi è una bella giornata luminosa, c’è parecchia gente, il luogo mi appare quasi ameno, nonostante vi incombano i tetri monconi della diga. Ci ero stato altre volte, con cielo più cupo e in solitario: confesso che il luogo mi aveva messo una certa inquietudine.
Dal lago si inizia la risalita della Val di Gleno. Iniziamo con un tratto pianeggiante fino alla Baita Bassa di Gleno (m 1561, 15 minuti dalla diga), poi il sentiero inizia a salire, prima leggermente, poi con maggiore decisione, infilandosi nel valloncello formato da torrente, che fiancheggiamo per un po’, fino a raggiungere la Baita di Mezzo (m 1819, 45’ dalla Baita Bassa). Proseguiamo risalendo con pendenza regolare il vallone, attraversiamo il terrente e transitiamo nei pressi dei ruderi (poco evidenti) di quel che fu il Rifugio Bissolati, dove la pendenza si accentua, senza diventare eccessiva, e con serie di tornanti raggiungiamo il piede un bastione roccioso che si supera con traverso su tratto di sentiero ben costruito. Raggiunto il terrazzamento superiore scorgiamo, a sinistra della traccia del sentiero, il piccolo edificio ed il recinto della Baita Alta di Gleno che raggiungiamo in pochi minuti (m 2088, ore 1:45 dalla diga). Dalla baita è visibile, circa 400 metri sopra, il Passo di Belviso, nostra meta programmata: ma per oggi basta questo.
Per il ritorno abbiamo percorso a ritroso l’itinerario della salita.
METEO. IN mattinata cielo sereno; nel pomeriggio aumento della copertura fino alla copertura pressoché totale. Nubi intorno ai 2500 metri. Assenza di vento. Temperatura alla partenza 23°, alla Baita Alta 21°, al termine 23°.
FREQUENTAZIONE. Itinerario affollato, in particolare il primo tratto, fino ai ruderi della diga.
COMPAGNI: Paolo.
Note bibliografiche:
Tourengänger:
Alberto C.

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