Bivacco Seveso (3450m) e tentativo (fallito) di salita al Pizzo Tresero
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Lasciamo la macchina al Rifugio Berni, poco sotto il Passo Gavia, e imbocchiamo il sentierino sulla sinistra che scende di una decina di metri in direzione dei ruderi dell'ex Rifugio Gavia. Da qui imbocchiamo verso sinistra il sentiero, seguendo le indicazioni per il ponte dell'amicizia e il pizzo Tresero.
Si prosegue su terreno facile, con leggeri saliscendi, perdendo leggermente quota. A un primo bivio, prendiamo verso destra, seguendo il sentiero numero 41. Andando a sinistra, saremmo proseguiti invece sul sentiero 25, che permette di raggiungere la cresta ovest del Tresero. Dopo circa 30' giungiamo al Ponte dell'Amicizia (2516m) che sovrasta il tumultuoso torrente Dosegù. Superato questo punto la strada comincia finalmente a salire più decisa. Si alternano punti in cui la salita si fa più ripida e impegnativa, ad altri in cui spiana e concede un po di respiro. La via è comunque sempre molto chiara e semplice e ci conduce sempre più in alto sul lato sinistro della vallata del Dosegù: alto sopra di noi è sempre ben visibile l'omonimo ghiacciaio, sovrastato dalla cima della Punta San Matteo. Superata quota 3100m si giunge finalmente in vista della nostra meta. In corrispondenza di una piccola croce in legno, davanti a noi si apre l'ampio anfiteatro racchiuso tra le cime di queste alte vette. Ormai è da parecchio che si cammina su pietraia. La si risale ancora dolcemente, fino a raggiungere (intorno a quota 3200m) l'erta salita su sfasciumi che porta alla base di quel che resta del ghiacciaio di Punta Pedranzini e alla cresta sud-ovest del Tresero, dove è allocato il Bivacco Seveso.
Dalle informazioni ricevute prima di partire sappiamo che ci sono due possibilità di salita da questo punto (non avendo i ramponi, abbiamo escluso a priori l'idea di risalire il ghiacciaio): la prima è raggiungere il bivacco e da lì proseguire sull'affilata e tagliente cresta, superando anche passaggi di II-III grado di arrampicata. La seconda è costeggiare sulla sinistra il ghiacciaio, raggiungendo il punto in cui, con un paio di corde fisse è possibile "scalere" le paretine rocciose che portano nel tratto terminale di cresta (in teoria più largo e semplice di quello successivo al bivacco).
Saliamo rapidamente di quota e, raggiunta la base del ghiacciaio ci risulta subito evidente che è in stato pessimo. Una serie di crepacci sono ben visibili e tagliano il ghiacciaio rendendolo un intricato labirinto. Il fianco sinistro, quello su cui teoricamente saremmo dovuti risalire, invece, si presenta come un confuso mix tra ghiaccio sporco e rocce non sempre stabili.
Decidiamo di iniziare a salire al Bivacco, per portarci a casa almeno quella meta. La salita al bivacco è tosta, con forti pendenze e su pietraia non sempre stabile. Il terreno ghiaioso rende infida la progressione. Con le dovute attenzioni però, raggiungiamo in breve la cresta sud-ovest del Tresero. Gli ultimi 10 metri per raggiungere il bivacco sono abbastanza esposti sui ripidi precipizi che scendono verso Santa Caterina e potrebbero infastidire chi è suscettibile alla sensazione di vuoto. Tuttavia, sempre con le dovute attenzioni, si superano senza particolari rischi. Dal bivacco la vista è già strepitosa e spazia su tutta la piana di Santa Caterina e tutte le cime del circondario di Bormio. Da lì osserviamo la sottile cresta che porta fino in cima al Pizzo Tresero, posta meno di 200m sopra le nostre teste. E' effettivamente molto affilata e, senza le dovute conoscenze e attrezzature alpinistiche ci sembra una follia percorrerla.
Torniamo quindi sui nostri passi, abbassandoci di quota e trovando una via che taglia sulla sinistra in direzione del fianco del ghiacciaio. Riusciti ad arrivare di fianco al ghiaccio, ci rendiamo effettivamente conto che la progressione fino in vetta sarebbe effettivamente molto complessa. In alcuni tratti bisognerebbe mettere i piedi sul ghiaccio e, in ogni caso, l'assenza di un sentiero, ci costringerebbe a dover accuratamente scegliere la via di salita tra massi mobili, rocce e ghiaccio sporco. Una salita di certo non impossibile ma che, per le nostre attuali capacità in questo tipo di ambiente, comporterebbe una perdita di tempo non trascurabile, ma soprattutto rischi che non ci sentiamo di correre. Un po a malincuore, ma con la consapevolezza di aver preso la decisione giusta, decidiamo quindi di abbandonare l'idea di arrivare fino in cima.
Riguadagniamo la base del ghiacciaio e da lì imbocchiamo in discesa la stessa via di salita.
Giunti quasi al Rifugio Berni, raggiungiamo un'altra coppia di escursionisti. Ci dicono di essere scesi anche loro da quella stessa via e che, effettivamente, il lato sinistro del ghiacciaio era in condizioni pietose e che abbiamo fatto bene a rinunciarci. Ci dicono inoltre che loro sono saliti dalla cresta ovest che, a parte un tratto attrezzato con corde e leggermente esposto, non presenta particolari difficoltà ed è libero da ghiaccio.
Felici di scoprire che esiste una via di salita più semplice e abbordabile, raggiungiamo finalmente la macchina al Rifugio Berni, dando appuntamento al Pizzo Tresero per un futuro tentativo, questa volta lungo la cresta ovest!
Marco e Alessandra
Si prosegue su terreno facile, con leggeri saliscendi, perdendo leggermente quota. A un primo bivio, prendiamo verso destra, seguendo il sentiero numero 41. Andando a sinistra, saremmo proseguiti invece sul sentiero 25, che permette di raggiungere la cresta ovest del Tresero. Dopo circa 30' giungiamo al Ponte dell'Amicizia (2516m) che sovrasta il tumultuoso torrente Dosegù. Superato questo punto la strada comincia finalmente a salire più decisa. Si alternano punti in cui la salita si fa più ripida e impegnativa, ad altri in cui spiana e concede un po di respiro. La via è comunque sempre molto chiara e semplice e ci conduce sempre più in alto sul lato sinistro della vallata del Dosegù: alto sopra di noi è sempre ben visibile l'omonimo ghiacciaio, sovrastato dalla cima della Punta San Matteo. Superata quota 3100m si giunge finalmente in vista della nostra meta. In corrispondenza di una piccola croce in legno, davanti a noi si apre l'ampio anfiteatro racchiuso tra le cime di queste alte vette. Ormai è da parecchio che si cammina su pietraia. La si risale ancora dolcemente, fino a raggiungere (intorno a quota 3200m) l'erta salita su sfasciumi che porta alla base di quel che resta del ghiacciaio di Punta Pedranzini e alla cresta sud-ovest del Tresero, dove è allocato il Bivacco Seveso.
Dalle informazioni ricevute prima di partire sappiamo che ci sono due possibilità di salita da questo punto (non avendo i ramponi, abbiamo escluso a priori l'idea di risalire il ghiacciaio): la prima è raggiungere il bivacco e da lì proseguire sull'affilata e tagliente cresta, superando anche passaggi di II-III grado di arrampicata. La seconda è costeggiare sulla sinistra il ghiacciaio, raggiungendo il punto in cui, con un paio di corde fisse è possibile "scalere" le paretine rocciose che portano nel tratto terminale di cresta (in teoria più largo e semplice di quello successivo al bivacco).
Saliamo rapidamente di quota e, raggiunta la base del ghiacciaio ci risulta subito evidente che è in stato pessimo. Una serie di crepacci sono ben visibili e tagliano il ghiacciaio rendendolo un intricato labirinto. Il fianco sinistro, quello su cui teoricamente saremmo dovuti risalire, invece, si presenta come un confuso mix tra ghiaccio sporco e rocce non sempre stabili.
Decidiamo di iniziare a salire al Bivacco, per portarci a casa almeno quella meta. La salita al bivacco è tosta, con forti pendenze e su pietraia non sempre stabile. Il terreno ghiaioso rende infida la progressione. Con le dovute attenzioni però, raggiungiamo in breve la cresta sud-ovest del Tresero. Gli ultimi 10 metri per raggiungere il bivacco sono abbastanza esposti sui ripidi precipizi che scendono verso Santa Caterina e potrebbero infastidire chi è suscettibile alla sensazione di vuoto. Tuttavia, sempre con le dovute attenzioni, si superano senza particolari rischi. Dal bivacco la vista è già strepitosa e spazia su tutta la piana di Santa Caterina e tutte le cime del circondario di Bormio. Da lì osserviamo la sottile cresta che porta fino in cima al Pizzo Tresero, posta meno di 200m sopra le nostre teste. E' effettivamente molto affilata e, senza le dovute conoscenze e attrezzature alpinistiche ci sembra una follia percorrerla.
Torniamo quindi sui nostri passi, abbassandoci di quota e trovando una via che taglia sulla sinistra in direzione del fianco del ghiacciaio. Riusciti ad arrivare di fianco al ghiaccio, ci rendiamo effettivamente conto che la progressione fino in vetta sarebbe effettivamente molto complessa. In alcuni tratti bisognerebbe mettere i piedi sul ghiaccio e, in ogni caso, l'assenza di un sentiero, ci costringerebbe a dover accuratamente scegliere la via di salita tra massi mobili, rocce e ghiaccio sporco. Una salita di certo non impossibile ma che, per le nostre attuali capacità in questo tipo di ambiente, comporterebbe una perdita di tempo non trascurabile, ma soprattutto rischi che non ci sentiamo di correre. Un po a malincuore, ma con la consapevolezza di aver preso la decisione giusta, decidiamo quindi di abbandonare l'idea di arrivare fino in cima.
Riguadagniamo la base del ghiacciaio e da lì imbocchiamo in discesa la stessa via di salita.
Giunti quasi al Rifugio Berni, raggiungiamo un'altra coppia di escursionisti. Ci dicono di essere scesi anche loro da quella stessa via e che, effettivamente, il lato sinistro del ghiacciaio era in condizioni pietose e che abbiamo fatto bene a rinunciarci. Ci dicono inoltre che loro sono saliti dalla cresta ovest che, a parte un tratto attrezzato con corde e leggermente esposto, non presenta particolari difficoltà ed è libero da ghiaccio.
Felici di scoprire che esiste una via di salita più semplice e abbordabile, raggiungiamo finalmente la macchina al Rifugio Berni, dando appuntamento al Pizzo Tresero per un futuro tentativo, questa volta lungo la cresta ovest!
Marco e Alessandra
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