Pizzo di Cuvignone (m.1018) - Direttissima dei Mufloni, Parte III
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Il desiderio di David di affrontare questo temibile versante NW dell'isolato Pizzo di Cuvignone (m.1018) mi convince a tornare per la terza volta, magari anche con l'intento di trovare possibili (o impossibili) varianti d'accesso o di salita.
Dal piccolo parcheggio sulla SP 69 di Caldè (m.220), posto accanto al Ponte sul Froda - il cui ampio letto lo lascia immaginare nel passato remoto assai gonfio, mentre ora è desolatamente secco e quasi vi cresce il bosco - si prende una stradina a sinistra della strada principale verso S pervenendo alla segnaletica CAI sulle vie superiori. Si va a destra, incontrando il sentiero nei pressi delle ultime case e seguendo fedelmente il corso di un rio secondario: rispetto un anno fa è stato liberato dalle piante cadute e quando nella parte alta la carrareccia diventa mulattiera si sbuca a Pianeggi (m.372). Da qui a destra si può puntare il Pizzo e il Rifugio Adamoli seguendo la via normale, ovvero il suggestivo "Sentiero della Costa", che molti importanti dettagli trovati "sul campo" lasciano presupporre abbia sostituito un precedente percorso con identiche mete in seguito abbandonato e/o franato.
Alcune piante cadute e l'eccesso di fogliame rendono meno facile del previsto l'individuazione del sentiero che porta all'isolato baitello "quasi Walser", alle cui spalle si trova la ganna che, dapprima gradualmente quindi con impennata severa diventa canalone portando ai piedi (ca. m.720) dell'imponente ma discontinua parete NW del Pizzo Cuvignone, con un salto di quasi 300 metri. L'idea di cercare il misterioso "sentiero" tratteggiato tuttora presente su CNS tenendo la parte destra del canale s'infrange miseramente contro la parete, e la sensazione ricavata è che si debba cercarlo (sempre non si tratti di una linea fallace) da un accesso ulteriormente a destra, in un'ipotetica valletta/versante secondaria tra questo e il sentiero della costa. Nulla esclude che si possa passare addentrandosi nella parete, sfruttando la "cengia dei mufloni" ai suoi piedi, ma azzardare qualunque passo lì dentro sembra davvero una scommessa.
Si prosegue pertanto puntando la selletta a sinistra, su pendenza ulteriormente accentuata, in cui l'uso delle mani è quasi sempre necessario, sfruttando al meglio una bella nervatura rocciosa che emerge nel tetro vallone ai piedi della parete, paesaggisticamente il luogo più affascinante e al contempo inquietante del Pizzo, contraddistinto dalla roccia calcarea quasi completamente ricoperta di muschio. Dopo una breve e dovuta sosta rigeneratrice alla bonaria selletta (ca. m.810) si riparte per l'ancor più impervia e delicata salita finale, dapprima salendo a un primo piccolo complesso roccioso, autentico punto chiave per scegliere la via migliore, tenendo conto che il terreno rimane comunque delicato, non solo per la pendenza implacabile. Un anno fa passammo a sinistra raggiungendo una sorta di valloncello su terreno decisamente instabile e qualche breve ma espostissimo e delicato tratto in traverso, per poi risalire la china conclusiva su timide roccette emergenti pervenendo direttamente in vetta. Stavolta passiamo a destra, con l'intento di ripetere la mia prima salita passando dalla corda tesa legata alle piante, cosa che avviene puntualmente, anche se ammetto che il dubbio di esser passato addirittura dal breve canalino roccioso al centro non è estinto. Difficile ricordare. Superata l'enigmatica corda, in realtà un filo elettrico, sembra tutto scritto seguendo sempre un'evidente traccia di mufloni, ma anche qui bisogna tenere conto di un breve traverso a sinistra assai instabile ed esposto, poco appigliato. Preferiamo aggirarlo con cautela stando pochi metri più alti e paralleli, dove qualche pianta e radice in più offre aiuto, per poi rientrare sulla traccia in un punto più sicuro. In breve siamo al posto giusto, ovvero la ben marcata crestina di rocce e piante, che con divertenti passaggi di arrampicata "wild" permette di affrontare con maggior sicurezza il severo strappo finale, sempre accompagnato imperterrito a destra dalle tracce dei mufloni. Superato un breve tratto letteralmente raso al suolo dalla tempesta dell'ottobre 2020, dove appunto si può intuire la via "errata" e ancor più rischiosa di un anno fa', la cresta si amplia e spiana pochi metri a destra della vetta del Pizzo di Cuvignone (m.1018).
La nebbia impedisce la vista, pertanto scendiamo dapprima al Poggiolo (m.980) scavalcando piante cadute e poi al Rifugio Adamoli (m.976, chiuso), per poi permetterci una breve divagazione sotto i Pizzoni di Laveno ed iniziare la discesa dalla via normale del sentiero della costa, osservando e scrutando cose di sicuro interesse su ambedue i lati della montagna e i suoi solchi profondi. In una divagazione su un'espostissima cengia rivolta alla parete del Pizzo David trova incredibilmente un bollo CAI fresco fresco, e qui sorgono dubbi enormi su molte, moltissime cose, tanto che una volta scesi a Pianeggi ci mettiamo alla fruttuosa ricerca dell'altro "indizio" fondamentale, ovvero un identico bollo CAI bello fresco, quello che sette anni fa m'ingannò letteralmente facendomi credere di dover risalire quello che fu poi chiamato "sentiero della costa", ma che forse un tempo si svolgeva in parte diversamente da come oggi lo conosciamo. In realtà fu quello che mi fece "scoprire", o inventare, questa fantastica "direttissima dei mufloni", tanto che mai errore fu più gradito ed emozionante. ;)
Grazie a David per la preziosa collaborazione (e per la traccia GPS) e compagnia... Avanti così.
NB. Caldè-Pianeggi-Pira-Caldè T1/T2 - Pianeggi-Parete T4 - Parete-Sella m.810 T5 - Sella m.810-Pizzo di Cuvignone T5+ (breve tratto delicato T6) - Pizzo di Cuvignone-Poggiolo T3+ - Poggiolo-Pianeggi T3.
Dal piccolo parcheggio sulla SP 69 di Caldè (m.220), posto accanto al Ponte sul Froda - il cui ampio letto lo lascia immaginare nel passato remoto assai gonfio, mentre ora è desolatamente secco e quasi vi cresce il bosco - si prende una stradina a sinistra della strada principale verso S pervenendo alla segnaletica CAI sulle vie superiori. Si va a destra, incontrando il sentiero nei pressi delle ultime case e seguendo fedelmente il corso di un rio secondario: rispetto un anno fa è stato liberato dalle piante cadute e quando nella parte alta la carrareccia diventa mulattiera si sbuca a Pianeggi (m.372). Da qui a destra si può puntare il Pizzo e il Rifugio Adamoli seguendo la via normale, ovvero il suggestivo "Sentiero della Costa", che molti importanti dettagli trovati "sul campo" lasciano presupporre abbia sostituito un precedente percorso con identiche mete in seguito abbandonato e/o franato.
Alcune piante cadute e l'eccesso di fogliame rendono meno facile del previsto l'individuazione del sentiero che porta all'isolato baitello "quasi Walser", alle cui spalle si trova la ganna che, dapprima gradualmente quindi con impennata severa diventa canalone portando ai piedi (ca. m.720) dell'imponente ma discontinua parete NW del Pizzo Cuvignone, con un salto di quasi 300 metri. L'idea di cercare il misterioso "sentiero" tratteggiato tuttora presente su CNS tenendo la parte destra del canale s'infrange miseramente contro la parete, e la sensazione ricavata è che si debba cercarlo (sempre non si tratti di una linea fallace) da un accesso ulteriormente a destra, in un'ipotetica valletta/versante secondaria tra questo e il sentiero della costa. Nulla esclude che si possa passare addentrandosi nella parete, sfruttando la "cengia dei mufloni" ai suoi piedi, ma azzardare qualunque passo lì dentro sembra davvero una scommessa.
Si prosegue pertanto puntando la selletta a sinistra, su pendenza ulteriormente accentuata, in cui l'uso delle mani è quasi sempre necessario, sfruttando al meglio una bella nervatura rocciosa che emerge nel tetro vallone ai piedi della parete, paesaggisticamente il luogo più affascinante e al contempo inquietante del Pizzo, contraddistinto dalla roccia calcarea quasi completamente ricoperta di muschio. Dopo una breve e dovuta sosta rigeneratrice alla bonaria selletta (ca. m.810) si riparte per l'ancor più impervia e delicata salita finale, dapprima salendo a un primo piccolo complesso roccioso, autentico punto chiave per scegliere la via migliore, tenendo conto che il terreno rimane comunque delicato, non solo per la pendenza implacabile. Un anno fa passammo a sinistra raggiungendo una sorta di valloncello su terreno decisamente instabile e qualche breve ma espostissimo e delicato tratto in traverso, per poi risalire la china conclusiva su timide roccette emergenti pervenendo direttamente in vetta. Stavolta passiamo a destra, con l'intento di ripetere la mia prima salita passando dalla corda tesa legata alle piante, cosa che avviene puntualmente, anche se ammetto che il dubbio di esser passato addirittura dal breve canalino roccioso al centro non è estinto. Difficile ricordare. Superata l'enigmatica corda, in realtà un filo elettrico, sembra tutto scritto seguendo sempre un'evidente traccia di mufloni, ma anche qui bisogna tenere conto di un breve traverso a sinistra assai instabile ed esposto, poco appigliato. Preferiamo aggirarlo con cautela stando pochi metri più alti e paralleli, dove qualche pianta e radice in più offre aiuto, per poi rientrare sulla traccia in un punto più sicuro. In breve siamo al posto giusto, ovvero la ben marcata crestina di rocce e piante, che con divertenti passaggi di arrampicata "wild" permette di affrontare con maggior sicurezza il severo strappo finale, sempre accompagnato imperterrito a destra dalle tracce dei mufloni. Superato un breve tratto letteralmente raso al suolo dalla tempesta dell'ottobre 2020, dove appunto si può intuire la via "errata" e ancor più rischiosa di un anno fa', la cresta si amplia e spiana pochi metri a destra della vetta del Pizzo di Cuvignone (m.1018).
La nebbia impedisce la vista, pertanto scendiamo dapprima al Poggiolo (m.980) scavalcando piante cadute e poi al Rifugio Adamoli (m.976, chiuso), per poi permetterci una breve divagazione sotto i Pizzoni di Laveno ed iniziare la discesa dalla via normale del sentiero della costa, osservando e scrutando cose di sicuro interesse su ambedue i lati della montagna e i suoi solchi profondi. In una divagazione su un'espostissima cengia rivolta alla parete del Pizzo David trova incredibilmente un bollo CAI fresco fresco, e qui sorgono dubbi enormi su molte, moltissime cose, tanto che una volta scesi a Pianeggi ci mettiamo alla fruttuosa ricerca dell'altro "indizio" fondamentale, ovvero un identico bollo CAI bello fresco, quello che sette anni fa m'ingannò letteralmente facendomi credere di dover risalire quello che fu poi chiamato "sentiero della costa", ma che forse un tempo si svolgeva in parte diversamente da come oggi lo conosciamo. In realtà fu quello che mi fece "scoprire", o inventare, questa fantastica "direttissima dei mufloni", tanto che mai errore fu più gradito ed emozionante. ;)
Grazie a David per la preziosa collaborazione (e per la traccia GPS) e compagnia... Avanti così.
NB. Caldè-Pianeggi-Pira-Caldè T1/T2 - Pianeggi-Parete T4 - Parete-Sella m.810 T5 - Sella m.810-Pizzo di Cuvignone T5+ (breve tratto delicato T6) - Pizzo di Cuvignone-Poggiolo T3+ - Poggiolo-Pianeggi T3.
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