Monte Tagliaferro (2964 m) dalla Val Nonai
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Oltre alla classica via normale da Rima, un’alternativa valida per salire sul Tagliaferro è quella della Val Nonai dall’abitato di San Giuseppe. Lunghezza del percorso e dislivello complessivo aumentano, ma la possibilità di compiere un semi-anello e la varietà degli ambienti attraversati ne fanno una golosa attrattiva per chi, come me, ama camminare nella natura per ore senza incontrare nessuno. E sarà il caso di oggi, con la neve in quota ad impreziosire il tutto.
Il primo step è raggiungere la Bocchetta della Moanda. Dal parcheggio di San Giuseppe, imbocco la strada asfaltata a sinistra (indicazioni Val Nonai) per seguirla fino al suo termine. Superato il ponte, da qui in avanti su sentiero, arrivo al limitare dell’Alpe Nonai, oltre le cui baite riattraverso il torrente. Proseguo sul fianco boscoso della Munca di Nonai fino ai ruderi dell’Alpe Prato della Moanda e continuo a monte dell’alpe contornando quasi in piano una dorsale rocciosa per poi riprendere la salita. Giungo così nei pressi degli alpeggi della Moanda, posti sotto l’incombente parete del Dosso Grinner: l’Alpe Ratei, che si lascia sulla sinistra e l’Alpe La Piana, oltre il torrente. In questo punto si chiuderà l’anello al ritorno, in quanto un sentiero da qui sale al Passo del Vallarolo. Avanzo invece a sinistra di queste ultime baite sul ripido pascolo, raggiungendo in breve l’Alpe Balma, ultimo alpeggio della valle, caratterizzata da alcuni locali ricavati nella roccia. Superato un enorme masso e risaliti gli ultimi ripidi pendii erbosi, arrivo alla Bocchetta della Moanda, stretto intaglio tra il Monte Tagliaferro e la Cima Carnera. La vista sul Rosa, magnifica, appare improvvisamente, così come l’imponente massiccio del Corno Bianco e satelliti, con l’abitato di Alagna mille metri più sotto. Dopo una breve pausa, proseguo a destra in direzione nord su sentiero obbligato, esposto e scosceso in più punti e in parte facilitato da corde nell’ultimo tratto che precede il passo. Il ghiaccio presente in prossimità dei tratti attrezzati mi costringe a procedere con prudenza e, iniziando a pestare neve intorno ai 2700 m, raggiungo l’aereo Passo del Gatto, depressione tra il Dosso Grinner a sud e le propaggini alte del Tagliaferro, oggi in veste invernale. Verso NW, seguo il sentiero che taglia il ripido fianco della montagna sotto lo sguardo impassibile di una colonia di stambecchi e raggiungo la cresta S di rocce frantumate e sassi che mi porta alla vetta con l’aiuto dei segnavia che spuntano dalla neve.
Panorama grandioso: il Monte Rosa è proprio di fronte, dall’altro lato si dominano le pianure lombarda e piemontese e in lontananza spunta anche il Monte Bianco. La neve fresca ammanta la cima e Il vento soffia insistente, donando all’ambiente un’impronta più severa; la solitudine che si percepisce è totale.
Tornato al Passo del Gatto, faccio una sosta prima della discesa al Passo del Vallarolo che è forse il tratto, vista la ripidità, che più mi preoccupa per la possibile presenza di ghiaccio. Tutto fila liscio e nel giro di tre quarti d’ora sono al passo. Altra pausa al tepore del sole, stavolta più lunga con pisolino annesso, e inizio quindi ad abbassarmi tra i camosci in fuga all’Alpe La Piana, dove l’anello si chiude. Senza storia il rientro a San Giuseppe che avviene in completa serenità nella calante luce crepuscolare.

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