Il Resegone e l'odissea di Deborah - con Ferrata Centenario
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Commento di michea82
Le montagne al di là del Lago di Como hanno qualcosa di speciale e almeno un paio di volte all'anno ci devo andare, il richiamo è forte.
Del Resegone ne ho sentito parlare per la prima volta solo 2 settimane fa, in aereo tornando dal Mulhacen, da un milanese vicino di sedile con cui ho avuto un ricco e brevissimo scambio. Atterrando ho visto questa montagna e ho deciso che sarebbe presto stata mia.
Il motivo principale della scelta è legata però al fatto che, dopo un anno dall'avventura che mi ha fatto conoscere Deborah sulla Grignetta, cercavo qualcosa di simile e allo stesso tempo adatto da proporle per la domenica.
Ho pensato ad un'escursione panoramica che includesse una via ferrata facile e così ho seguito l'itinerario di cai56 con progressive variazioni.
Dai Piani d'Erna risaliamo la vallata fino al Passo del Fo.
Siamo un po' di sfortunati con la meteo: il cielo si incupisce e le nubi presto avvolgono le cime rendendo l'aria fredda e umida.
Usciamo più volte dai sentieri. Per esempio in zona rifugio Stoppani pasticciamo con la traccia restando più bassi e ci troviamo alle 09 del mattino ad arrampicare tra i cespugli vicino al fiume. Deborah procede lentamente sulla ferrata, affaticabile e prudente il freddo non la aiuta. Una volta fuori dalla via, a quota 1600 m circa, mi lascia proseguire da solo nella nebbia. Lei scende con calma dal sentiero normale.
Ci accordiamo di ritrovarci a valle o direttamente alla macchina.
Raggiungo il Rifugio Azzoni e risalgo fino alla Punta Cermenati nella fitta nebbia. Perdo il senso dell'orientamento e cosa combino? Ridiscendo al Rifugio Azzoni convinto che per proseguire a nord si passi dal Rifugio. Invece mi sto avventurando per creste verso sud-est. Presto mi accorgo vedendo la mia posizione sulla mappa, inizialmente sono incredulo (stessa cosa mi è successa al Valpianella con la nebbia). Ritorno rapido in cima al Regegone. Stavolta proseguo correttamente e in breve raggiungo la Cima Pozzi che si arrampica facilmente su un sentiero per EE. Tra le due cime ho il beneficio di una parziale dissoluzione della nebbia che mi offre la possibilità di elaborare una mappa mentale del territorio e un'idea della zona.
Il Resegone è bellissimo. È davvero tanta roba. Sebbene io ci sia stato in una giornata buia e grigia.
So di non dover restare troppo lontano da Deborah. Rinuncio volentieri all'anello completo, non ne vale la pena con quel tempo. Discendo un canale che scopro poi chiamarsi "Canale Bobbio". Non ho problemi sebbene la ghiaia mi faccia più volte scivolare. Mi accorgo che su quel terreno i bastoncini alleggeriscono i piedi con l'effetto di aumentarne la scivolosità. Almeno per me stesso.
Raggiunta la Bocca d'Erna dopo una bella mezzacosta consulto outdoractive: mancano diverse centinaia di metri alla macchina e sono le cinque. Individuo una traccia che scende dritta da sotto gli impianti della funivia. Una via diretta. Raggiunta la funivia mi sporgo e vedo che è impossibile scendere da lì. È molto ripido.
Trattasi di una via ferrata (gamma 1 probabilmente), che è ripida ed essendo ormai buio, nebbioso e umido cerco un sentiero che passi dal Rifugio Stoppani, versante conosciuto al mattino e quindi da me considerato sicuro in quel momento.
Scendo dunque in velocità con la frontale e in un'ora sono alla macchina.
Deborah nel frattempo ha avuto qualche difficoltà ed è piuttosto arrabbiata con la segnaletica.
Una volta dovrei anche soltanto visitare Lecco
Commento di debbee
In questo periodo il lavoro mi prosciuga ogni energia, siamo sottodimensionati e sovraccaricati senza pietà, rincorriamo scadenze e cerchiamo di cavarcela alla bell’e meglio con attività e responsabilità che spesso non ci competono. Ragion per cui di certo non ho lo stimolo per mettermi ad organizzare alcunché per il weekend, la sera il mio cervello dà forfait e riesce a processare soltanto video di gattini. Decido quindi di affidarmi interamente al mio compagno, raccomandandomi che tenga conto dei miei limiti. Parto quindi alla cieca: so che la sveglia è alle 5; ho una vaga idea della destinazione; non conosco bene tempi e distanze perché se me li ha comunicati, non ero attenta; so che devo portare il kit ferrata e la cosa mi esalta!
La salita fino al Rifugio Ghislandi scorre facile e gradevole, fa freschino e non si capisce un cavolo della direzione da prendere ad ogni incrocio perché la segnaletica è a dir poco carente, ma in qualche modo ce la caviamo, grazie al solito ravanage per il quale ormai dovremmo ricevere un certificato di abilità avanzata.
Raggiungiamo il Rifugio dove in prima battuta l’accoglienza ci sembra più gelida dell’aria novembrina nella quale ci apprestiamo a fare il primo spuntino della giornata. Con mia grande gioia, in breve tempo, una santa donna salva la situazione dimostrando grandi doti di ospitalità e flessibilità, esattamente ciò che mi aspetto da un rifugio gestito da volontari, volto a confortare anche gli escursionisti più sbadati che hanno malauguratamente dimenticato di portarsi appresso della valuta straniera. Una tazza di té bollente in pancia può dare la svolta alla giornata! Sono una bestia sociale, quindi due chiacchiere e qualche informazione sulla via ferrata mi fanno molto piacere.
La via ferrata, beh… Lui si ostina a ripetere che la valutazione “facile” sia oggettivamente corretta. Ora, era la seconda ferrata per me, e la precedente era valutata “media”. Mai fatto una “difficile”, ma io questa la valuterei almeno “media”… C’è tantissima verticalità, seppure devo ammettere che è abbastanza breve. Certo il freddo e la stanchezza accumulata nella settimana non aiutano. Mi lamento per tutta la salita, ma in fondo mi è piaciuta un sacco! Ad un certo punto, mentre fatico imprecando per inerpicarmi lungo una serie di passaggi inadatti alle mie forme e alle mie forze, guardo lui che serafico mi controlla da qualche metro più in alto col suo sorrisino compiaciuto e osservo: “Sei come dio, mi metti in difficoltà e poi mi osservi dall’alto ghignando mentre cerco di tirarmi fuori dai casini senza offrire il minimo aiuto!”. D’altronde, il massimo aiuto che potessi ricevere in quel momento era la sua fiducia che io fossi in grado di cavarmela da sola.
Una volta fuori dalla ferrata ovviamente non si capisce quale sia la via corretta per la vetta, quindi seguiamo l’istinto. Sempre l’istinto dopo un centinaio di metri di ascesa mi convince che sia meglio separarsi e scendere, che a me di vedere una cima nella nebbia non me ne importa nulla, io vado per il panorama!
Scendo quindi in solitaria e mi godo i colori autunnali, faccio pausa per uno spuntino con vista su Lecco e infine raggiungo la zona del Monte Erna, dove inizia una tragica discesa… Una serie di decisioni sbagliate, diciamo.
Primo errore: avrei potuto tagliare prima del Monte Erna e dirigermi rapidamente al parcheggio passando dal rifugio comesichiama, sarebbe stata una scelta saggia. Ma no, voglio fare un giro ampio, meno ripido, più coreografico…solo che: giro più lungo = più tempo...
[Debs probabilmente intendevi Rifugio Stoppani da dove sono sceso io senza problemi]
Secondo errore: non ho valutato bene le tempistiche e ho camminato troppo lentamente. Mi ritrovo quindi a metà discesa sotto il Monte Erna nel buio più nero, col frontale, con leggera pioggia e infine anche nella nebbia, su sassi scivolosi resi ancor più insidiosi dalle foglie secche e dall’umidità e comunque é tutto più ripido di quanto sperassi.
Terzo errore: scelgo di seguire un sentiero che vedo rappresentato in rosso (quindi apparentemente ufficiale, o così lo interpreto) sull’app Outdooractive, ignorando il fatto che sul luogo non vi sia alcuna indicazione (né cartelli né altri segnali) e convincendomi che sia solo un po’ nascosto dallo spesso strato di foglie secche (e comunque in tutta la zona la segnaletica, ricordiamolo, è abbastanza approssimativa, quindi…). Mi ritrovo dunque in breve tempo a camminare col telefono in mano per seguire la traccia dall’app, ravanando intensamente a casaccio nel bosco e rischiando una storta ogni 2 passi… Ad un certo punto, qualcuno deve aver guardato giù da lassù perché finalmente trovo dei pallini rosa fosforescenti in concomitanza con la traccia dell’app, che prontamente seguo con rinnovato entusiasmo!
Fortunatamente questo non è un errore, anche se ad un certo punto qualche dubbio mi assale perché il sentiero si allontana dalla traccia sull’app. In quel momento mi chiama Michea per sapere come va e sfogo su di lui tutta la tensione e la frustrazione accumulata, senza migliorare di una virgola la mia posizione. Comunque poi riesco ad arrivare dove voglio, ad un bivio su una strada: a sinistra salita e poi discesa, oppure a destra discesa e poi salita? A destra, potendo tagliare (senza certezza di questa possibilità), sembra comunque più breve, quindi… Destra sia! Nel punto in cui spero di poter tagliare: una ramina chiusa con del filo di ferro, che ovviamente apro pensando di attraversare il prato e sbucare sulla strada. Certo, peccato per l'ulteriore ramina al bordo della strada… Stile Rambo: lancio zaino e bastoni oltre la ramina e ci passo sotto rotolando e strisciando come un granatiere dell’esercito! In 10 minuti raggiungo il parcheggio e l’auto, pochi minuti dopo mi raggiunge anche Michea. L’adrenalina è tanta che non mi sento neanche stanca, ma dopo un’oretta d’auto cedo e collasso irrimediabilmente.
Il giorno dopo: male dappertutto!
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