Monte Zeda (2156 m) dalla Valle di San Giovanni


Publiziert von ariasottile , 10. November 2021 um 21:57.

Region: Welt » Italien » Piemont
Tour Datum: 6 November 2021
Wandern Schwierigkeit: T4+ - Alpinwandern
Hochtouren Schwierigkeit: L
Wegpunkte:
Geo-Tags: I 
Zeitbedarf: 10:45
Aufstieg: 1950 m
Zufahrt zum Ausgangspunkt:Milano-Gravellona Toce, uscita Verbania. Seguire le indicazioni per Cambiasca e poi per Aurano. Prima del borgo, deviare a sinistra, indicazione Scareno, fino al termine della strada. Un paio di posteggi alle prime case oppure nella piazzetta più in alto.
Kartennummer:map.geo.admin.ch

Per quanto riguarda il Monte Zeda, calza a pennello l’affermazione dello svizzero Béraneck, che durante la fine del secolo scorso amava esplorare la Valgrande e i luoghi limitrofi: “Non ha uguali in tutta la zona e presenta il più bel panorama che si possa immaginare. Dalle Marittime al Bernina: quale trono per ammirare il mondo così grande e nel contempo piccolo!”. Nulla di più vero: ci salii una sola altra volta quasi dieci anni fa, sempre in ambiente invernale, e rimasi stupefatto da tanta magnificenza, con il Rosa immacolato che apparve improvvisamente appena sbucai in vetta, oltre a una miriade di altre cime, la pianura e i laghi. Trascorso fin troppo tempo, è ora giunto il momento di replicare, con l’opportunità aggiuntiva di visitare la sconosciuta (per me) Valle Intrasca.

Parto da Scareno e, con qualche considerevole perdita di quota, il sentiero si insinua nel vallone ed è ben segnalato dai classici bolli bianco-rossi fino ad Onunchio, anche se da Occhio ho preferito raggiungere l’alpeggio per il vecchio e non più praticato sentiero diretto, assai più breve ma non sempre individuabile. Dalla cappella di Onunchio esco sulla destra e guadagno una poco marcata costola in leggera ascesa, nei pressi della quale un rudere annuncia il ripido ed incassato vallone dei Balm. Sullo sperone di fronte a me appaiono con tetra suggestione i ruderi de I Belmi, simili ad una piccola fortezza mimetizzata tra i roccioni. Diversi ruscelli rigano i pascoli ingialliti e la labile traccia ne supera alcuni per poi scendere diagonalmente verso il guado del Rio Belmi (qualche nastro rosso fa da guida in questo tratto). Giunto sul greto a valle di una spumeggiante cascata, risalgo la riva opposta e, tribolando un po’ nella ripida boschina, arrivo a sommitare il costone appena sopra l’alpeggio, che raggiungo in breve: un luogo incredibilmente caratteristico. Riparto dopo la visita al nucleo, seguendo il panettone soprastante e nel quale rinvengo da lì a poco una marcata traccia nell’erba che taglia diagonalmente il versante, conducendomi nuovamente a ridosso del Rio Belmi, il cui attraversamento risulta fattibile intorno ai 1270 m di quota. Risalgo al di là del guado il ripido e faticoso pendio erboso cosparso di rocce affioranti puntando ad un albero isolato sul culmine della dorsale che, sempre ripidamente tra una traccia e l’altra e qualche nevaio, porta ai ruderi di Corte Laveggio, l’alpeggio più remoto della zona. Il luogo è avvolto nel silenzio e ammantato di neve fresca, con bella vista verso la Valle Intrasca e sulle cime soprastanti immerse in un bianco candore. Sono già trascorse cinque ore dalla partenza ma una pausa rigenerante è d’obbligo per ricaricare le pile in vista dello step successivo; nel frattempo due camosci non troppo lontani pascolano con circospezione gettando lo sguardo dalla mia parte di tanto in tanto. Terminato il mio spuntino, calzo i ramponi e proseguo nel rimontare il pendio alla massima pendenza, con lo scopo di incrociare la mulattiera che taglia il versante e seguirla poi in discesa fino a Pié di Zeda. Così faccio, arrivando alle pendici della montagna piuttosto provato ma noto con piacere che la cresta è già tracciata e un ultimo sforzo è quindi doveroso: dopo ben sette ore e mezzo dalla partenza sono in cima!

Il panorama è di quelli che non si scordano: la Val Grande da una parte riposa nel silenzio, dall’altra il lago brilla nel sole con un po’ di foschia sulla pianura, all’orizzonte si scorgono gli Appennini e più a destra l’inconfondibile sagoma del Monviso. Più vicine e prepotenti, una miriade di cime imbiancate, tra le quali spicca il Rosa e i quattromila del Vallese, nonché le Grigne e le vette lombarde. Le foto si sprecano.

L’aria è pungente e l’ora tarda per cui inizio la discesa. Per il ritorno a Piaggia ho due possibilità: da Pian Vadà per il Pian dei Morti o dal Passo Folungo per Corte Bavarone. Ancora un po’ “scottato” dal paglione affrontato in salita, opto per la più tranquilla seconda ipotesi. Dal Passo Folungo, raggiunto nell’ultimo tratto mediante un sentiero attrezzato in due punti, rimango sorpreso nel constatare che la strada continua fino a Corte Bavarone, con segni evidenti di lavori recenti. Qui giunto, compio l’ennesimo guado e l’ennesima breve risalita, dopodiché inizio un lungo traverso che mi riporta a Piaggia e da qui al punto di partenza mentre cala il buio sul silenzioso borgo di Scareno.


Tourengänger: ariasottile
Communities: Hikr in italiano


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Kommentare (4)


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ChristianR hat gesagt:
Gesendet am 10. November 2021 um 22:46
Sicuramente un'escursione indimenticabile. Congratulazioni!

ariasottile hat gesagt: RE:
Gesendet am 11. November 2021 um 10:10
Grazie Christian,
si, bellissima. La neve in alto ha reso tutto più magico e il percorso fatto a salire è stato molto selvaggio e interessante!

Emanuele

Panoramix hat gesagt: Quando si dice sfruttare ogni minuto ...
Gesendet am 14. November 2021 um 10:11
complimenti per questa uscita che ha occupato ogni minuto di luce presente ... Il giorno prima sono stato su Spalavera e Bavarione ... dialogando con alcune delle (sorprendentemente) tante persone incontrate uno mi ha detto " ... sicuramente domani con queste condizioni qualcuno va in cima ..." ... aveva ragione ! Ciao. MARCO

ariasottile hat gesagt: RE:Quando si dice sfruttare ogni minuto ...
Gesendet am 15. November 2021 um 11:02
Grazie per i complimenti,
in questa stagione le giornate sono più corte e obiettivamente l'itinerario è molto lungo per il tipo di terreno da affrontare tra Onunchio e Corte Laveggio. Ma ero consapevole che il ritorno sarebbe stato molto più agevole. Sono zone che, valutate bene le difficoltà, danno un qualcosa in più proprio in queste condizioni.

Emanuele


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