Gran Sasso - 3 vette principali dai Prati di Tivo
Ho deciso di scendere in Abruzzo in una brevissima finestra di libero, dopo un turno notte. Ho dormito la sera a Teramo, l'indomani mi sono goduto il maggior numero (per me) di cime del Gran Sasso e sono tornato rapido in Svizzera la notte, non senza salutare il mare prendendomi anche una birra con

L'impresa è decisamente valsa la spesa.
Avvicinamento
Mi incammino alle 06.41 dai Prati di Tivo, dopo 670 km di macchina ma fresco da una notte di sonno pesante in uno squallido ma funzionale hotel di Teramo.
Sono l'unica anima presente. Più avanti incontro molti escursionisti, arrivati dalle più svariate regioni e nazioni.
La funivia è ferma e il villaggio molto silenzioso.
Risalgo i verdi pascoli sormontati dalle placconate del Corno Piccolo. Seguo il tracciato della teleferica e in un'ora e mezzo o poco meno sono presso la Madonnina. È bene sottolineare che non ci sono fonti d'acqua, eccetto piccoli rigagnoli sotto i nevai.
La vista del Gran Sasso viene presto disturbata da imponenti banchi di nebbia in rapida evoluzione. Superato il costone NE mi addentro nella vallata su un sentiero ghiaioso e vieppiù pietroso.
La roccia, i sassi e la ghiaia saranno grandi protagonisti della giornata. Il Gran Sasso è proprio un grande sasso contornato da miliardi di rocce.
Guadagno quota e raggiungo il Rifugio Franchetti dove faccio una pausa, mi prendo una bevanda e scambio un po' di chiacchiere con Roberta, una gentile ragazza della Capanna. Lì vengono cucinati pasti caldi a prezzi molti accessibili.

Il Corno Piccolo (2665 m)
Sono le 09.40, sono già passate 3 ore, è ora di conquistare un po' di cime!
Mi sposto verso la Sella dei Due Corni che si trova a 15 minuti dal Rifugio. Da lì si può anche raggiungere il Corno Grande Occidentale.
La via normale aggira da ovest la bastionata del Corno Piccolo, implicando una perdita di quota di 140 metri. Con un sentimento di accettazione inizio la discesa su un terreno franoso. Dopo 100 metri scorgo le indicazioni per la via Danesi. Non sono consapevole del fatto che sia una ferrata. Leggo la scritta "3D" e penso che sia una via con dei passaggi di terzo grado. Non ho campo per poter cercare informazioni. Per non scendere ulteriormente decido di tentare fin dove me la sento. Inizialmente si procede con passaggi semplici di primo e secondo grado, ci sono tratti attrezzati con funi per tenersi. Poi mi trovo davanti una bella placca verticale attrezzata con staffe e 2 scalette metalliche. Mi affido alle mie braccia e sfrutto la ferrata che di per sé è di difficoltà medio-facile. Più in alto ignoro le indicazioni per una via alpinistica in cresta. Cresta che tocco comunque anche con la Danesi. Dopo alcuni passaggi di arrampicata mai troppo esposti raggiungo la base della vetta, dove incrocio la via normale. Pochi metri e sono sulla prima cima della giornata.
Da qui vedo bene il Corno Grande (Occidentale, Orientale e Centrale).
Il Corno Piccolo, molto meno frequentato è di una rara bellezza.
Sono passate le 10.45 e lascio questo monte dalla via normale, un sentiero che non è da sottovalutare. Ci sono passaggi nei quali prestare attenzione. Oltre ad alcuni escursionisti di Brescia incontro un gruppo di camosci.
Raggiunto il punto più basso (2405m) mi appresto a riprendere quota per il prossimo obiettivo.
Dalla Sella dei Due Corni il Corno Piccolo appare così
Corno Grande Occidentale
Il frequentatissimo Tetto degli Appennini non mi è nuovo. Il 2 ottobre scorso l'avevo conquistato con la neve in una giornata di vento tempestoso. Ero salito da Campo Imperatore assieme a mio figlio, eidan.
Questa volta arrivando dal Corno Piccolo la traccia iniziale è diversa, si stacca dalla Sella dei Due Corni, raggiunge su terreno franoso il Passo del Cannone, per volgere poi sul pendio occidentale e incontrare la via normale da Campo Imperatore. Qui si usano le mani su facile percorso, ma il terreno di roccette rende impegnativa l'escursione. Incrocio tantissime persone. Raggiungo la cresta dalla quale individuo un passaggio per scendere più tardi sul ghiacciaio in previsione delle altre cime.
La cresta descrive un semicerchio di poche centinaia di metri ed è raggiunta anche dalla direttissima. Questa segue la cresta SW.
Raggiungo quindi la croce di vetta. Vista spaziale. Si scorge anche il mare nella foschia.
Pranzo e attacco bottone con le persone in vetta. In particolare chiedo se qualcuno conosce le condizioni del ghiacciaio del Calderone. Non avevo previsto di discenderlo. Ho lasciato in macchina la piccozza ma ho i ramponi. Ebbene devo andare a testarlo. La sommità è bella ripidina.
Altri mi delucidano anche riguardo la cresta di collegamento con il Corno Grande Centrale. Serve attrezzatura per calarsi.
Il Corno Grande Occidentale visto dal Corno Piccolo
Corno Grande Orientale (2903 m) e Ghiacciaio del Calderone
Lungo la crestina sommitale del Corno Occidentale, proprio in faccia alla vetta, c'è uno sbocco sul ghiacciaio. Discendo con cautela il breve e ripido tratto ghiaioso fino a toccare il ghiacciaio. La neve è compatta. Nonostante il caldo non si sprofonda.
Mi rampono e disarrampico tenendomi con i bastoncini. La pendenza non è elevata ma nemmeno banale. Più a valle mi volto e scendo normalmente.
Inizialmente voglio restare alto e cercare di raggiungere la cengia che porta al Corno Grande Centrale tramite una cengia alla stessa quota. Ma mi blocco in un punto esposto con appigli insufficienti. Mancava pochissimo per potermi trovare sulla via che porta in vetta. Retrocedo e mi abbasso. Una grande placconata separa in 2 sezioni il ghiacciaio. Questa presenta ampie cenge. Ne percorro una in direzione delle cime ma presto anche qui mi trovo in difficoltà. Mi abbasso sul fondo del Calderone e tento di risalire il pendio franoso fino all'inizio della cengia per il Corno Grande Centrale ma ad un certo punto è tutto verticale e sotto la ghiaia c'è neve. È qui che decido di escludere quella cima. Sono stanco. Serve mente lucida e corpo riposato. Inoltre alcune persone mi hanno sconsigliato di salire da solo.
Non stanco però di ravanare nel Calderone eseguo un bel traverso su ghiaia e sfasciumi, più scivoloso della neve, e raggiungo la base del Corno Grande Orientale. Mi godo la poco difficile via normale per la vetta. Poco difficile ma dopo tante ore sento la fatica. Anche qui si usano le mani e i passaggi sono di secondo grado. Ci sono bolli che segnano chiaramente la via. In vetta sono solo e mi riposo un po'. Sono le 15.45.
È ora di tornare a casa, ma sento Igor a Giulianova e il richiamo del mare.
Il Corno Grande Orientale (a sin) e quello Centrale (a dx) visti da quello Occidentale
Allontanamento
Con calma scendo dal Corno Orientale e presso la sua base decido di tagliare dritto verso il Rifugio Franchetti.
Il terreno è infido, costituito da un ghiaione tale da farmi sciare per alcuni tratti. Trovo un nevaio e sotto di esso si forma un ruscello. Avendo da un'ora finito i miei 3 litri di liquidi attingo dal ruscello. L'acqua torbida è freschissima e dissetante. Mi rigenero. Faccio scorta per il viaggio di ritorno.
Anche presso il Rifugio mi idrato ma questa volta con una buona birra.
Quindi riparto per la Madonnina e da qui non si direbbe che i Prati di Tivo siano quasi 600 m più in basso. Sembrano appena sotto. Taglio giù dritto dai ripidi pascoli. Ma i 600 m li sento tutti. Che fatica! Sono alla macchina dopo le 19.00 (12 ore e 45 min di escursione).
Piacevole tappa al mare con igor
Quindi dalle 22.00 tanta strada fino a Lugano. Di notte si viaggia al fresco e senza traffico. Basta mettere buona musica e farsi le pause regolari. Così alle 05.00 sono da debbee e sprofondo in un sonno davvero potente. Mi aspetta un turno di lavoro nel pomeriggio.
Nelle 12 ore successive sono bello carico. Invece il giorno dopo (oggi mentre scrivo) sto pagando, mi sento un mollusco. Ma sto già pensando alla prossima :))

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