Il Cimone (2453 m)
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Il Cimone è una montagna raramente visitata che si trova a cavallo di tre vallate: quella di Carcoforo a W, del Mastallone a NE e il vallone di Striengo a SE. Anche se non è la cima più alta, giustifica il nome per la rilevanza che assume nella zona ed è un ottimo belvedere paragonabile al Tignaga, pizzo più conosciuto e posizionato a NW lungo la medesima cresta. La zona d’inverno è assai poco battuta, soprattutto dalla Valle Anzasca a causa del lungo avvicinamento e dalla limitata sciabilità nella parte bassa dell’itinerario. Oltretutto il decreto anti-Covid mi impone di non uscire dal confine comunale e colgo l’occasione per partire direttamente a piedi da Parcineto, frazione alta di Bannio Anzino.
Mi incammino alle 6:00, decidendo di seguire all’andata la strada che s’inoltra in Valpiana ed in seguito il sentiero a saliscendi che conduce in Val Baranca, per lasciare al ritorno la lineare e comoda strada asfaltata da Soi al paese, percorribile più tranquillamente anche al buio. Il sentiero termina presso la località Scalvata, calzo le racchette a Bocchetto e proseguo sulla strada, con neve ben rigelata al suolo. La prima parte della salita sarà tutta in ombra ma la giornata si preannuncia splendida. Procedo lungamente in lieve pendenza e, dopo alcuni tornanti, giungo al pianoro dell’Alpe Piè di Baranca. Attraverso il ponte ignorando le varie deviazioni e, tenendo la destra, salgo a zigzag sino all’Alpe la Rusa, dove il sentiero prosegue nel bosco. Mi alzo ancora per un pendio più ripido sino ad un punto panoramico ove è sito un bivio con indicata l’Alpe Oreto, continuando poi verso monte in direzione dell’evidente solco vallivo del colle, tra il gruppo del Pizzo del Moro e, poco più lontano, la vetta rocciosa del Pizzo Tignaga. Abbandono la traccia presente che sale alla Cima dei Turni e, con un ultimo risalto, arrivo al Colle Baranca e alla sua cappella votiva, finalmente al sole. Il valico mette in comunicazione la Valle Anzasca e la Val d’Egua, laterale della Val Sesia; l’ambiente, già meritevole nella bella stagione, in veste invernale ed immerso nel silenzio lascia senza fiato per la sua bellezza. Dal colle seguo le indicazioni a destra e, passando nei pressi dei ruderi di Villa Lancia, mi alzo sulla destra per iniziare uno svalangato traverso in prossimità del sentiero estivo che porta nel cuore di un valloncello dove appare il Cimone e l’ombroso pendio che porta al Colle d’Egua. Anche qui è presente una traccia di sci parzialmente cancellata dal vento e il manto nevoso alterna ampi pendii farinosi a croste da vento poco raccomandabili ma ben visibili. Raggiunto il colle con uno strappo più ripido, la parete est del Rosa appare in tutta la sua bellezza. Soffia un vento freddo ma il versante valsesiano è più tiepido ed ospitale; dopo una breve sosta al soprastante bivacco, arrivo a sommitare la quota 2331 m, dalla quale posso osservare il rimanente percorso fino al Cimone. La cresta appare camminabile solo in parte a causa di un risalto roccioso circa a metà però un tentativo lo voglio fare. Mi abbasso quindi a destra verso Carcoforo e raggiungo la base della cresta. Inizio a percorrerla, confortato dai segnavia sulle rocce del sentiero estivo ma, arrivato in prossimità del risalto, mi sembra più semplice scendere nel gelido versante della Val Baranca per procedere sotto cresta. Qui trovo neve farinosa, faticosa ma non toccata dal vento e posso proseguire in sicurezza. Quando il pendio si fa più ripido, decido di ritornare sulla dorsale mediante un ripido canalino e, una volta sul culmine, continuo la progressione superando due passaggini non difficili ma un po’ delicati per l’esposizione. Arrivato alla base del pendio finale che porta in cima, mi accorgo con un po’ di apprensione che per circa metà del suo sviluppo è costituito da una placca ventata che tendo ad evitare mantenendomi quanto possibile a sinistra e, più ripidamente e con grande prudenza, raggiungo la cima.
Wow, essere in vetta al Cimone a fine dicembre posso ritenerla una bella soddisfazione! Il Rosa da qui assume ancora più imponenza, così come il dirimpettaio Tignaga, i 4000 del Vallese, la Weissmies e il Corno Bianco. In lontananza, le montagne lombarde. La limpida e fredda giornata consente di spaziare fino all'Appennino.
Per la discesa carico le racchette sullo zaino e mi armo di picca e ramponi. Pian piano ridiscendo il tratto su placca e poi tutto molto più facile ripercorrendo fedelmente la traccia fatta all’andata. Evito la risalita alla quota 2331 m aggirandola sul lato valsesiano. Lasciato il colle e calzate nuovamente le racchette, mi concedo una bella pausa nella sottostante valletta, nei pressi del pianoro denominato localmente Fontana Pajetta ed ancora baciato dal sole pomeridiano. Tornato a Piè di Baranca e poi nei pressi di Scalvata, anziché riprendere il sentiero per Valpiana, proseguo sulla strada fino a Soi dove finisce la neve e successivamente su asfalto torno a Parcineto, punto di partenza di questo magnifico giro.
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