Sentiero Bove_Anello della Valgrande
Non ricordo quando sentii parlare per la prima volta del Sentiero Bove, ma ricordo di averlo appuntato subito, essendo la Valgrande considerata una zona molto selvaggia, non potevo che esserne affascinata.
Quando ne parlai con Silvia, decidemmo che prima o poi l'avremmo percorso insieme...almeno 2 anni fa.
Definiamo il week-end del 28-29 Settembre, senza come e senza ma, ad accezione del maltempo (pioggia o neve), niente ci fermerà.
Infatti sarà proprio così, zaino in spalle e via, senza badare alle nubi basse che ci accompagneranno per entrambi i giorni rendendo all'apparenza il percorso più lungo, interminabile, senza scorgere il bel panorama descritto da Marco Albino Ferrari e mostrato dalle meravigliose foto di Giacomo Meneghello in Meridiani Montagne n.85.
Il vero fascino di questo sentiero lo scopriremo solo il sabato sera, in bivacco, scoprendo che si tratta della prima ferrata delle Alpi, creato come "monumento" al grande esploratore della metà dell'800 Giacomo Bove, che si tolse la vita a Verona dopo aver scoperto di essere affetto da una grave malattia esotica.
28/09 Giorno 1
Cicogna-Bivacco Lidesh
15.5 km, 2090 D+, 1250 D-, 9:18 h
Nello zaino abbiamo tutto l'indispensabile: cambio, vestiti pesanti, fornelletto, pentola, cibo, accendino, carta igienica, sacco a pelo, frontale, guscio, piumino...di certo niente occhiali e niente crema solare!
Siamo allegre perchè, pur non sapendo bene quel che ci aspetta, sappiamo che ci piacerà tantissimo e non vediamo l'ora di scoprirlo.
Lasciata l'auto nel parcheggio gratuito a Cicogna, proprio davanti al circolo, scendiamo a piedi al tornante appena sotto ed imbocchiamo il sentiero, prendendo subito la destra al bivio, diretto a Varola/Alpe Curgei/Pian Cavallone. Perdiamo quota nel bosco e passiamo accanto a vecchie baite in sasso, ora mangiate dalla vegetazione. Passiamo da un vecchio alpeggio, La Buia (Q 515 m), ed attraversiamo poi il Rio Pogallo tramite un ponte cementato (Ponte de La Buia). Risaliamo ancora nel bosco fino a raggiungere un altro vecchio piccolo alpeggio, Premiago (Q 695 m). La salita procede e raggiungiamo Varola (Q 921 m). Alcune baite sembrano non essere dimenticate, delle semplici scale in pietra portano all'ingresso. Da qui riusciamo a scorgere Cicogna, pare lontanissima, eppure abbiamo percorso ancora una minima parte del tratto che ci attende oggi. Continuiamo passando dietro i ruderi per una ripida salita nella folta vegetazione, rimettendoci poi nel bosco. Passiamo da Varolino (Q 1029 m) e seguiamo ometti di sasso che indicano la via (oltre i segni di vernice bianco-rossa). Eccoci sbucare alla luce, a pochi metri dal Bivacco Alpe Curgei (Q 1350 m). Mentre ci concediamo una pausa, notiamo un gruppo di ragazzi ed il camino fumante, sicuramente hanno passato la notte qui (note: presente fonte d'acqua). Ancora 200 metri di salita e raggiungiamo Pian Cavallone. Il bivacco è un vero e proprio rifugio di emergenza, sporco e puzzolente, con paglia a terra, una stufetta a legna e due letti a rete. Passiamo a fianco la Cappella del Pian Cavallone e seguiamo le indicazioni per il Monte Zeda (sentiero R03). Un lungo traverso in mezzo all'erba alta, poi tratto roccioso facilitato dalla presenza di alcune catene, salita per la Scala Santa (Q 1810 m) ed infine passaggio per il Passo del Diavolo (tratto roccioso non molto esposto), ci portano al Pizzo Marona (Q 2051 m). Sono passate poco più di 4 ore e mezza per percorrere 8.5 km con 1700 m circa di dislivello positivo, 450 m di negativo. Sempre i mezzo alle nubi procediamo per esile traccia, ben segnata, fino la base del Monte Zeda, la cima più alta della Valgrande con i suoi 2156 m, che si raggiunge con facili passaggi rocciosi attrezzati con catene. Una delle mie prime mete da quando mi trasferii in Lombardia, anche allora nella fitta nebbia...insomma, la Valgrande non mi ha mai concesso gran panorami! (10 km, 1900 D+, 500 D-, 5:30 h)
Continuiamo sulla cresta che porta al un canalino roccioso attrezzato con catene che ci fa perdere qualche decina di metri. Al termine di questo si attraversa una paretina rocciosa anch'essa attrezzata per poi continuare su sentiero in repentino sali-scendi. Qualche altra roccetta da superare in discesa, e di nuovo in cresta, fra grossi massi e cespugli. Seguendo sempre i ben evidenti bolli bianco-rossi, raggiungiamo il Monte La Piota (Q 1927 m). Possiamo solo immaginare il panorama a 360° con le cime che la XX indica (12.5 km, 2110 D+, 970 D-, 7:27 h). Proseguiamo su cresta erbosa, in continuo sali-scendi, e traversiamo su pendii erbosi fino a raggiungere Cima Crocette. Poco più avanti (circa 1 km) si raggiunge una piccola sella erbosa, Passo delle Crocette, dove i cartelli indicano dritto per la B.tta Terza/M.Marsicce/B.Cortechiuso e a destra per il Rifugio Lidesh. (14 km, 2150 D+, 1125 D-, 8:38 h).
Scendiamo per il sentiero che porta al Bivacco Lidesh. Il panorama sembra aprirsi sulla Valle Cannobina e Gurro. Percorriamo il sentiero in dolce discesa raccogliendo qualche ramo secco e prestando attenzione alla presenza di qualche rigagnolo d'acqua. In poco più di mezz'ora arriviamo al bivacco in versione survival, legni in mano e nello zaino. Purtroppo una spiacevole sorpresa ci accoglie: la fontana che dovrebbe garantirci acqua per cucinare e per il giorno dopo è secca! Così, prima che la luce del sole se ne vada, ripercorro il sentiero a ritroso per circa 10 minuti fino all'unico rigagnolo incontrato sulla via dell'andata. Goccia dopo goccia riusciremo a fare scorta d'acqua.
Grande soddisfazione avrò nell'accendere il fuco del camino, ben mezz'ora e più di tentativi, e cuocervi le 4 castagne raccolte! Passeremo la serata a leggere la rivista portata con noi e a mangiucchiare pasta e biscotti davanti il calore del camino mentre scambiamo qualche chiacchiera con la coppia di Monaco, anch'essa sui passi del sentiero Bove (3° tentativo in 6 anni), prima di salire sul soppalco e chiudere gli occhi.
Ciò che amo di più nel dormire in bivacco, oltre la solitudine ed il fare con poco, sono le stellate fuori dalla porta, stretta nel piumino o in una coperta e pensare a quanto sono belli questi attimi, offerti gratuitamente, senza nulla in cambio.
29/09 Giorno 2
Bivacco Lidesh-Cicogna
23 km, 1850 D+, 2800 D-, 12 h
Per guadagnare tempo partiamo alle 6:15 ed ancora nel buio delle mattine autunnali ripercorriamo il sentiero che ci riporta al Passo delle Crocette. Quando ormai la luce del sole illumina il paesaggio, attraversiamo per un pendio erboso e risaliamo un canalino roccioso ben attrezzato con catene fino ad arrivare alla cima del Monte Torrione. In mezzo alle nubi proseguiamo sull'ampia cresta ma ci accorgiamo ben presto dell'assenza dei bolli e dell'abisso che ci divide ad altre creste. Scorgo un bollo su una cresta rocciosa poco distante. Così, riletta la relazione, torniamo quasi alla vetta del Torrione per scendere a destra (a sinistra venendo dal Passo delle Crocette). Perdiamo velocemente quota per poi fare un lungo traverso in mezzo all'alta vegetazione. Silvia si accorge di non avere più con sé il telefono. Per non perdere troppo tempo corro fino al Monte Torrione, dove lo trovo appollaiato sull'erba. Raggiunta nuovamente Silvia, riprendiamo il cammino raggiungendo Bocchetta di Terza (Q 1836 m) in 2 ore e mezza dal Passo Crocette (incluso il recupero telefono di 30' circa). Per errore scendiamo sull'evidente sentiero che porta in Val Pogallo, ma fortuna vuole che me ne accorgo presto e risaliamo per il pendio erboso fino sotto la parete rocciosa (bolli bianco-rossi). Percorriamo il traverso fino ad arrivare ad un'altra bocchetta e scendere per un vallone, il Vallone di Finero. Passiamo così dall'altro versante, a nord, e dopo qualche sali scendi affrontiamo la ripida salita che ci porta alla Cima Marsicce (7.8 km, 1220 D+, 790 D-, 4:40 h).
Il sentiero continua su cresta per poi scendere alla Bocchetta di Cortechiuso (Q 2066 m), da qui notare la bellissima cresta NE della Cima della Laurasca. Perdiamo leggermente quota, senza scendere all'Alpe Scaredi, ma rimanendo sotto il pendio della Laurasca. Incontriamo il bivio per salirla (tempo stimato 35 minuti) ma ancora intimorite dalla possibilità di perderci alle Strette del Casè lasciamo la cima per una prossima volta. In mezz'ora giungiamo alla Bocchetta di Scaredi (Q 2095 m). Non siamo più sole, qualche coppia si aggira nella zona. La traccia continua in leggera discesa e, riamenendo praticamente sempre in cresta co vista sulla Val Pogallo, si arriva alla Bocchetta di Campo, riconoscibile già dalla Bocchetta di Scaredi. Nel grande bivacco a tre piani mangiucchiamo qualcosa mentre scambiamo qualche parola con altri due ragazzi saliti al Pedum. Mentre arrivano altri escursionisti, ci riavviamo in direzione sud raggiungendo velocemente le Strette del Casé, tre gole ripide da scendere e risalire per circa centro metri l'una. Qui i bolli sono dei tondi bianco-rossi, meno frequenti, ma la traccia è visibile e logica. L'atmosfera di questo tratto è unica, ci si sente come in Grigna, circondate da pinnacoli rocciosi. Perdiamo qualche bollo e ci addentriamo in una folta vegetazione superata la seconda gola, c'è comunque un'esile traccia di terriccio nero ed umido, superiamo dei rododendri abbassati dai repentini passaggi e ci rimettiamo sulla traccia bollata. Risaliamo l'ultima gola da un caratteristico canalino attrezzato con scalini di pietra e scorrimano in ferro. Poco dopo siamo nei pratoni di Ghina. L'erba alta camuffa la traccia ma proseguendo con attenzione la si scorge passo dopo passo e qua e là qualche ometto conferma il corretto sentiero. Oltrepassiamo un torrente in secca e percorriamo in traverso. Attraversato un altro torrente in secca, entriamo nel bosco fino a giungere all'Alpe Cavrua, immersa nelle felci. Ci aspetta una lunga e a tratti ripida discesa nel bosco, ben segnata da frecce rosse dipinte sui tronchi dei numerosi faggi. In un'ora arriviamo a Pogallo, alpeggio utilizzato per la transumanza e luogo di storia. Caricate le bottiglie dall'abbondante sorgente, proseguiamo per l'ampio sentiero che costeggia il Rio Pogallo, non sempre in piano ma che offre degli scorci interessanti e passaggi di fine ingegneria, fino ad arrivare a Cicogna (1:15 h da Pogallo).
Arriviamo all'auto con due acquari zuppi d'acqua al posto delle scarpe (in Goretex!) e con il SORRISO, sapendo che prima o poi, sole o insieme, torneremo...con il bel tempo!
Quando ne parlai con Silvia, decidemmo che prima o poi l'avremmo percorso insieme...almeno 2 anni fa.
Definiamo il week-end del 28-29 Settembre, senza come e senza ma, ad accezione del maltempo (pioggia o neve), niente ci fermerà.
Infatti sarà proprio così, zaino in spalle e via, senza badare alle nubi basse che ci accompagneranno per entrambi i giorni rendendo all'apparenza il percorso più lungo, interminabile, senza scorgere il bel panorama descritto da Marco Albino Ferrari e mostrato dalle meravigliose foto di Giacomo Meneghello in Meridiani Montagne n.85.
Il vero fascino di questo sentiero lo scopriremo solo il sabato sera, in bivacco, scoprendo che si tratta della prima ferrata delle Alpi, creato come "monumento" al grande esploratore della metà dell'800 Giacomo Bove, che si tolse la vita a Verona dopo aver scoperto di essere affetto da una grave malattia esotica.
28/09 Giorno 1
Cicogna-Bivacco Lidesh
15.5 km, 2090 D+, 1250 D-, 9:18 h
Nello zaino abbiamo tutto l'indispensabile: cambio, vestiti pesanti, fornelletto, pentola, cibo, accendino, carta igienica, sacco a pelo, frontale, guscio, piumino...di certo niente occhiali e niente crema solare!
Siamo allegre perchè, pur non sapendo bene quel che ci aspetta, sappiamo che ci piacerà tantissimo e non vediamo l'ora di scoprirlo.
Lasciata l'auto nel parcheggio gratuito a Cicogna, proprio davanti al circolo, scendiamo a piedi al tornante appena sotto ed imbocchiamo il sentiero, prendendo subito la destra al bivio, diretto a Varola/Alpe Curgei/Pian Cavallone. Perdiamo quota nel bosco e passiamo accanto a vecchie baite in sasso, ora mangiate dalla vegetazione. Passiamo da un vecchio alpeggio, La Buia (Q 515 m), ed attraversiamo poi il Rio Pogallo tramite un ponte cementato (Ponte de La Buia). Risaliamo ancora nel bosco fino a raggiungere un altro vecchio piccolo alpeggio, Premiago (Q 695 m). La salita procede e raggiungiamo Varola (Q 921 m). Alcune baite sembrano non essere dimenticate, delle semplici scale in pietra portano all'ingresso. Da qui riusciamo a scorgere Cicogna, pare lontanissima, eppure abbiamo percorso ancora una minima parte del tratto che ci attende oggi. Continuiamo passando dietro i ruderi per una ripida salita nella folta vegetazione, rimettendoci poi nel bosco. Passiamo da Varolino (Q 1029 m) e seguiamo ometti di sasso che indicano la via (oltre i segni di vernice bianco-rossa). Eccoci sbucare alla luce, a pochi metri dal Bivacco Alpe Curgei (Q 1350 m). Mentre ci concediamo una pausa, notiamo un gruppo di ragazzi ed il camino fumante, sicuramente hanno passato la notte qui (note: presente fonte d'acqua). Ancora 200 metri di salita e raggiungiamo Pian Cavallone. Il bivacco è un vero e proprio rifugio di emergenza, sporco e puzzolente, con paglia a terra, una stufetta a legna e due letti a rete. Passiamo a fianco la Cappella del Pian Cavallone e seguiamo le indicazioni per il Monte Zeda (sentiero R03). Un lungo traverso in mezzo all'erba alta, poi tratto roccioso facilitato dalla presenza di alcune catene, salita per la Scala Santa (Q 1810 m) ed infine passaggio per il Passo del Diavolo (tratto roccioso non molto esposto), ci portano al Pizzo Marona (Q 2051 m). Sono passate poco più di 4 ore e mezza per percorrere 8.5 km con 1700 m circa di dislivello positivo, 450 m di negativo. Sempre i mezzo alle nubi procediamo per esile traccia, ben segnata, fino la base del Monte Zeda, la cima più alta della Valgrande con i suoi 2156 m, che si raggiunge con facili passaggi rocciosi attrezzati con catene. Una delle mie prime mete da quando mi trasferii in Lombardia, anche allora nella fitta nebbia...insomma, la Valgrande non mi ha mai concesso gran panorami! (10 km, 1900 D+, 500 D-, 5:30 h)
Continuiamo sulla cresta che porta al un canalino roccioso attrezzato con catene che ci fa perdere qualche decina di metri. Al termine di questo si attraversa una paretina rocciosa anch'essa attrezzata per poi continuare su sentiero in repentino sali-scendi. Qualche altra roccetta da superare in discesa, e di nuovo in cresta, fra grossi massi e cespugli. Seguendo sempre i ben evidenti bolli bianco-rossi, raggiungiamo il Monte La Piota (Q 1927 m). Possiamo solo immaginare il panorama a 360° con le cime che la XX indica (12.5 km, 2110 D+, 970 D-, 7:27 h). Proseguiamo su cresta erbosa, in continuo sali-scendi, e traversiamo su pendii erbosi fino a raggiungere Cima Crocette. Poco più avanti (circa 1 km) si raggiunge una piccola sella erbosa, Passo delle Crocette, dove i cartelli indicano dritto per la B.tta Terza/M.Marsicce/B.Cortechiuso e a destra per il Rifugio Lidesh. (14 km, 2150 D+, 1125 D-, 8:38 h).
Scendiamo per il sentiero che porta al Bivacco Lidesh. Il panorama sembra aprirsi sulla Valle Cannobina e Gurro. Percorriamo il sentiero in dolce discesa raccogliendo qualche ramo secco e prestando attenzione alla presenza di qualche rigagnolo d'acqua. In poco più di mezz'ora arriviamo al bivacco in versione survival, legni in mano e nello zaino. Purtroppo una spiacevole sorpresa ci accoglie: la fontana che dovrebbe garantirci acqua per cucinare e per il giorno dopo è secca! Così, prima che la luce del sole se ne vada, ripercorro il sentiero a ritroso per circa 10 minuti fino all'unico rigagnolo incontrato sulla via dell'andata. Goccia dopo goccia riusciremo a fare scorta d'acqua.
Grande soddisfazione avrò nell'accendere il fuco del camino, ben mezz'ora e più di tentativi, e cuocervi le 4 castagne raccolte! Passeremo la serata a leggere la rivista portata con noi e a mangiucchiare pasta e biscotti davanti il calore del camino mentre scambiamo qualche chiacchiera con la coppia di Monaco, anch'essa sui passi del sentiero Bove (3° tentativo in 6 anni), prima di salire sul soppalco e chiudere gli occhi.
Ciò che amo di più nel dormire in bivacco, oltre la solitudine ed il fare con poco, sono le stellate fuori dalla porta, stretta nel piumino o in una coperta e pensare a quanto sono belli questi attimi, offerti gratuitamente, senza nulla in cambio.
29/09 Giorno 2
Bivacco Lidesh-Cicogna
23 km, 1850 D+, 2800 D-, 12 h
Per guadagnare tempo partiamo alle 6:15 ed ancora nel buio delle mattine autunnali ripercorriamo il sentiero che ci riporta al Passo delle Crocette. Quando ormai la luce del sole illumina il paesaggio, attraversiamo per un pendio erboso e risaliamo un canalino roccioso ben attrezzato con catene fino ad arrivare alla cima del Monte Torrione. In mezzo alle nubi proseguiamo sull'ampia cresta ma ci accorgiamo ben presto dell'assenza dei bolli e dell'abisso che ci divide ad altre creste. Scorgo un bollo su una cresta rocciosa poco distante. Così, riletta la relazione, torniamo quasi alla vetta del Torrione per scendere a destra (a sinistra venendo dal Passo delle Crocette). Perdiamo velocemente quota per poi fare un lungo traverso in mezzo all'alta vegetazione. Silvia si accorge di non avere più con sé il telefono. Per non perdere troppo tempo corro fino al Monte Torrione, dove lo trovo appollaiato sull'erba. Raggiunta nuovamente Silvia, riprendiamo il cammino raggiungendo Bocchetta di Terza (Q 1836 m) in 2 ore e mezza dal Passo Crocette (incluso il recupero telefono di 30' circa). Per errore scendiamo sull'evidente sentiero che porta in Val Pogallo, ma fortuna vuole che me ne accorgo presto e risaliamo per il pendio erboso fino sotto la parete rocciosa (bolli bianco-rossi). Percorriamo il traverso fino ad arrivare ad un'altra bocchetta e scendere per un vallone, il Vallone di Finero. Passiamo così dall'altro versante, a nord, e dopo qualche sali scendi affrontiamo la ripida salita che ci porta alla Cima Marsicce (7.8 km, 1220 D+, 790 D-, 4:40 h).
Il sentiero continua su cresta per poi scendere alla Bocchetta di Cortechiuso (Q 2066 m), da qui notare la bellissima cresta NE della Cima della Laurasca. Perdiamo leggermente quota, senza scendere all'Alpe Scaredi, ma rimanendo sotto il pendio della Laurasca. Incontriamo il bivio per salirla (tempo stimato 35 minuti) ma ancora intimorite dalla possibilità di perderci alle Strette del Casè lasciamo la cima per una prossima volta. In mezz'ora giungiamo alla Bocchetta di Scaredi (Q 2095 m). Non siamo più sole, qualche coppia si aggira nella zona. La traccia continua in leggera discesa e, riamenendo praticamente sempre in cresta co vista sulla Val Pogallo, si arriva alla Bocchetta di Campo, riconoscibile già dalla Bocchetta di Scaredi. Nel grande bivacco a tre piani mangiucchiamo qualcosa mentre scambiamo qualche parola con altri due ragazzi saliti al Pedum. Mentre arrivano altri escursionisti, ci riavviamo in direzione sud raggiungendo velocemente le Strette del Casé, tre gole ripide da scendere e risalire per circa centro metri l'una. Qui i bolli sono dei tondi bianco-rossi, meno frequenti, ma la traccia è visibile e logica. L'atmosfera di questo tratto è unica, ci si sente come in Grigna, circondate da pinnacoli rocciosi. Perdiamo qualche bollo e ci addentriamo in una folta vegetazione superata la seconda gola, c'è comunque un'esile traccia di terriccio nero ed umido, superiamo dei rododendri abbassati dai repentini passaggi e ci rimettiamo sulla traccia bollata. Risaliamo l'ultima gola da un caratteristico canalino attrezzato con scalini di pietra e scorrimano in ferro. Poco dopo siamo nei pratoni di Ghina. L'erba alta camuffa la traccia ma proseguendo con attenzione la si scorge passo dopo passo e qua e là qualche ometto conferma il corretto sentiero. Oltrepassiamo un torrente in secca e percorriamo in traverso. Attraversato un altro torrente in secca, entriamo nel bosco fino a giungere all'Alpe Cavrua, immersa nelle felci. Ci aspetta una lunga e a tratti ripida discesa nel bosco, ben segnata da frecce rosse dipinte sui tronchi dei numerosi faggi. In un'ora arriviamo a Pogallo, alpeggio utilizzato per la transumanza e luogo di storia. Caricate le bottiglie dall'abbondante sorgente, proseguiamo per l'ampio sentiero che costeggia il Rio Pogallo, non sempre in piano ma che offre degli scorci interessanti e passaggi di fine ingegneria, fino ad arrivare a Cicogna (1:15 h da Pogallo).
Arriviamo all'auto con due acquari zuppi d'acqua al posto delle scarpe (in Goretex!) e con il SORRISO, sapendo che prima o poi, sole o insieme, torneremo...con il bel tempo!
Tourengänger:
martynred

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