Traversata delle cime "Tresero-Predanzini-Dosegù-San Matteo"
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La mitica traversata delle 13 cime. Un sogno che anche dopo il secondo tentativo rimarrà tale. Nella prima occasione avevamo tentato partendo dal Cevedale verso sud, questa volta proviamo dal Tresero in direzione opposta ovvero partendo dal rifugio Berni nei pressi di passo Gavia. Il giro purtroppo si concluderà al bivacco Meneghello a causa del brutto tempo, ma rimane comunque fantastico e ribattezzabile come "traversata delle cime del ghiacciaio del Dosegù".
La partenza (io e il mio socio) avviene il venerdì post lavoro con l'idea di dormire in qualche modo a passo Gavia e partire di buona lena il sabato mattina. Arriviamo a Santa Caterina verso le 19.00 dove ci fermiamo per cena e mentre alziamo lo sguardo per rimirare le cime che ci attendono il giorno successivo vediamo stagliarsi sulla cresta che porta al Tresero la sagoma del Bivacco Seveso. Illuminazione...saltiamo in auto e ci dirigiamo a passo Gavia dove non ci soffermeremo per la notte come preventivato, ma partiamo subito per il bivacco.
Alle otto siamo in marcia. Attraversato il fiume, il primo pezzo del bel sentiero (sentiero 25) scende fino al ponte dell'amicizia. Al ponte lasciamo il n.25 per imboccare il sentiero 41 il quale prosegue mantenendo la valle glaciale sulla destra ed il versante sulla sinistra ed alzandosi progressivamente di quota. A tratti la traccia è ben marcata, a tratti più stentata o persa sotto rimasugli di neve, ma la direzione rimane facilmente intuibile. Proseguendo nella stessa direzione si sale sempre più di quota attraversando conche ancora totalmente innevate. Arrivati a quota 3100 m circa il sentiero è ormai introvabile e ci si pone una scelta: proseguire scavalcando la bocchetta che conduce a quel che resta del ghiacciaio che scende direttamente dal Tresero (come tra l'altro consigliano i report per raggiungere il Bivacco), oppure alzarci in cresta e raggiungere il Seveso percorrendo quest'ultima.
A causa della notte imminente (sono circa le 9.45) decidiamo di evitare di attraversare il ghiaccia per percorrere la cresta e la scelta sarà davvero ripagante. Mai troppo difficile (max II), la percorriamo tutta alla luce delle frontali e di una fetta di luna. Senza rendercene conto a causa del buio, alle 23.00 circa andiamo praticamente a sbattere contro il Bivacco dove pernottiamo.
Il bivacco è in una posizione incredibile lungo una cresta affilata e il panorama spazia dal gruppo del Rosa, a quello del Bernina, dell Ortles e dell 'Adamello. Dentro possiede un massimo di 9 posti letto (ma nemmeno a piangere ci si entrerebbe davvero in 9), è dotato di materassi e coperte, ma NON di fornelletto (ho con me una bomboletta con non uscirà dallo zaino). La scelta di venire qui è stata davvero ottima perchè toglie 900 metri di salita il giorno successivo.
Il sabato partiamo "tardi", circa alle 7 e con l'intenzione di prendercela comoda avendo come tappa il Meneghello. Il percorso fino alla Dosegù è tutta una cresta (praticamente in questo periodo tutta in roccia) molto bella e discretamente facile (max II+ con i passaggi più difficili posti subito dopo al bivacco) e quindi non mi dilungherò in descrizioni. Da notare i diversi resti della grande guerra che si incontrano lungo la via.
Calziamo i ramponi solamente alla sella tra la Dosegù e la San Matteo. La traccia è molto chiara e necessita di superare un canalino ripido, ma molto corto (circa 20 m) che troviamo facile perchè ancora innevato. Nel agosto 2017 avevo affrontato il canale completamente scoperto: in questo caso è necessario effettuare dei passaggi su roccia un po infida, ma se si presta attenzione vi sono dei chiodi in cui agganciare eventuali rinvii.
Superato il canale si risale la ripida pala finale e si giunge sulla vetta della San Matteo (meravigliosa). Da qui, mantenendosi sempre sulla larga cresta si va a costeggiare la cima della Giumella ed, in circa 1 h, si arriva al Meneghello. Circa 4 h totali. Anche questo bivacco occupa una posizione stupenda ed è persino più "rustico" del Seveso. Massimo 6 posti letto (ma facciamo fatica a muoverci in 2) è dotato anch'esso di coperte e materassi, ma NON di fornello da campo (la bomboletta rimane ancora nello zaino).
In serata, purtroppo, sopraggiunge maltempo con un fortissimo vento che sferza fino alle 4.30 di mattina e con previsioni (ebbene si, il cellulare prende discretamente e ho potuto informarmi) che davano pioggia nuovamente verso le 10-11 di mattina. Per questo non possiamo proseguire verso le cime successive e siamo costretti a tornare indietro verso la San Matteo.
Alle 5 iniziamo a ripercorrere i passi del giorno prima fino alla san Matteo e in circa 1.0 h siamo in vetta. Nel frattempo il cielo si è aperto, l'alba è senza nuvole e in realtà sarà sereno fino a metà pomeriggio.
Dalla punta della san Matteo scendiamo verso il Gavia attraversando il facile ghiacciaio del Dosegù che troviamo in condizioni perfette. L'istinto è quello di non legarsi nemmeno (la neve copre ancora tutto), ma chi ha visto quel ghiacciaio a fine stagione conosce il dedalo di crepacci che lo percorre e non ci pensa nemmeno a lasciare la corda nello zaino (dove, tra l'altro, già c'è la bomboletta). Scendendo non c'è una vera e propria traccia,ma si consiglia solamente di non rimanere troppo al centro del ghiacciaio (parte più crepacciata) ne di rimanere troppo a ridosso della cresta che dal San Matteo scende al Gavia perchè potrebbero esserci scariche di sassi.
Il ghiacciaio termina prima con un ripido pendio (che si scende tenendo la seraccata alla destra) e poi lasciando il posto ai detriti.
Senza problemi alle ore 8.20 siamo nuovamente al rifugio Berni.
La partenza (io e il mio socio) avviene il venerdì post lavoro con l'idea di dormire in qualche modo a passo Gavia e partire di buona lena il sabato mattina. Arriviamo a Santa Caterina verso le 19.00 dove ci fermiamo per cena e mentre alziamo lo sguardo per rimirare le cime che ci attendono il giorno successivo vediamo stagliarsi sulla cresta che porta al Tresero la sagoma del Bivacco Seveso. Illuminazione...saltiamo in auto e ci dirigiamo a passo Gavia dove non ci soffermeremo per la notte come preventivato, ma partiamo subito per il bivacco.
Alle otto siamo in marcia. Attraversato il fiume, il primo pezzo del bel sentiero (sentiero 25) scende fino al ponte dell'amicizia. Al ponte lasciamo il n.25 per imboccare il sentiero 41 il quale prosegue mantenendo la valle glaciale sulla destra ed il versante sulla sinistra ed alzandosi progressivamente di quota. A tratti la traccia è ben marcata, a tratti più stentata o persa sotto rimasugli di neve, ma la direzione rimane facilmente intuibile. Proseguendo nella stessa direzione si sale sempre più di quota attraversando conche ancora totalmente innevate. Arrivati a quota 3100 m circa il sentiero è ormai introvabile e ci si pone una scelta: proseguire scavalcando la bocchetta che conduce a quel che resta del ghiacciaio che scende direttamente dal Tresero (come tra l'altro consigliano i report per raggiungere il Bivacco), oppure alzarci in cresta e raggiungere il Seveso percorrendo quest'ultima.
A causa della notte imminente (sono circa le 9.45) decidiamo di evitare di attraversare il ghiaccia per percorrere la cresta e la scelta sarà davvero ripagante. Mai troppo difficile (max II), la percorriamo tutta alla luce delle frontali e di una fetta di luna. Senza rendercene conto a causa del buio, alle 23.00 circa andiamo praticamente a sbattere contro il Bivacco dove pernottiamo.
Il bivacco è in una posizione incredibile lungo una cresta affilata e il panorama spazia dal gruppo del Rosa, a quello del Bernina, dell Ortles e dell 'Adamello. Dentro possiede un massimo di 9 posti letto (ma nemmeno a piangere ci si entrerebbe davvero in 9), è dotato di materassi e coperte, ma NON di fornelletto (ho con me una bomboletta con non uscirà dallo zaino). La scelta di venire qui è stata davvero ottima perchè toglie 900 metri di salita il giorno successivo.
Il sabato partiamo "tardi", circa alle 7 e con l'intenzione di prendercela comoda avendo come tappa il Meneghello. Il percorso fino alla Dosegù è tutta una cresta (praticamente in questo periodo tutta in roccia) molto bella e discretamente facile (max II+ con i passaggi più difficili posti subito dopo al bivacco) e quindi non mi dilungherò in descrizioni. Da notare i diversi resti della grande guerra che si incontrano lungo la via.
Calziamo i ramponi solamente alla sella tra la Dosegù e la San Matteo. La traccia è molto chiara e necessita di superare un canalino ripido, ma molto corto (circa 20 m) che troviamo facile perchè ancora innevato. Nel agosto 2017 avevo affrontato il canale completamente scoperto: in questo caso è necessario effettuare dei passaggi su roccia un po infida, ma se si presta attenzione vi sono dei chiodi in cui agganciare eventuali rinvii.
Superato il canale si risale la ripida pala finale e si giunge sulla vetta della San Matteo (meravigliosa). Da qui, mantenendosi sempre sulla larga cresta si va a costeggiare la cima della Giumella ed, in circa 1 h, si arriva al Meneghello. Circa 4 h totali. Anche questo bivacco occupa una posizione stupenda ed è persino più "rustico" del Seveso. Massimo 6 posti letto (ma facciamo fatica a muoverci in 2) è dotato anch'esso di coperte e materassi, ma NON di fornello da campo (la bomboletta rimane ancora nello zaino).
In serata, purtroppo, sopraggiunge maltempo con un fortissimo vento che sferza fino alle 4.30 di mattina e con previsioni (ebbene si, il cellulare prende discretamente e ho potuto informarmi) che davano pioggia nuovamente verso le 10-11 di mattina. Per questo non possiamo proseguire verso le cime successive e siamo costretti a tornare indietro verso la San Matteo.
Alle 5 iniziamo a ripercorrere i passi del giorno prima fino alla san Matteo e in circa 1.0 h siamo in vetta. Nel frattempo il cielo si è aperto, l'alba è senza nuvole e in realtà sarà sereno fino a metà pomeriggio.
Dalla punta della san Matteo scendiamo verso il Gavia attraversando il facile ghiacciaio del Dosegù che troviamo in condizioni perfette. L'istinto è quello di non legarsi nemmeno (la neve copre ancora tutto), ma chi ha visto quel ghiacciaio a fine stagione conosce il dedalo di crepacci che lo percorre e non ci pensa nemmeno a lasciare la corda nello zaino (dove, tra l'altro, già c'è la bomboletta). Scendendo non c'è una vera e propria traccia,ma si consiglia solamente di non rimanere troppo al centro del ghiacciaio (parte più crepacciata) ne di rimanere troppo a ridosso della cresta che dal San Matteo scende al Gavia perchè potrebbero esserci scariche di sassi.
Il ghiacciaio termina prima con un ripido pendio (che si scende tenendo la seraccata alla destra) e poi lasciando il posto ai detriti.
Senza problemi alle ore 8.20 siamo nuovamente al rifugio Berni.
Tourengänger:
francesc92,
Marco_92


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