Alpe Colina
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Gita di carattere esplorativo e un po' avventuroso: i sentieri ci sono (o meglio c'erano), è rimasto anche qualche segnale di vernice (genialmente identico alle marcature forestali... che talvolta si sovrappongono), ma bisogna cercare parecchio. Unico passaggio leggermente rischioso, l'attraversamento di un canalone usato in passato come discarica di materiale arboreo non utilizzabile e instabilmente accumulato; piuttosto affaticante il lungo tratto di pista Ligari-Colina attualmente ancora molto innevato e privo della benché minima traccia di transito umano.
Una scalinata presso un piccolo spazio di parcheggio rappresenta l'inizio della tradizionale mulattiera per Prà Lone che consente di evitare per lunghi tratti (non sempre!) la monotonia dell'asfalto: uniche note rilevanti, l'attraversamento di un'antica contrada ormai ridotta a ruderi, ma con ancora evidenti alcuni segni della passata vitalità, e molti resti - come muri e scalette fra i terrazzamenti - delle attività agricole. Arrivati alla piana di Prà Lone, si raggiunge il largo tornante al termine del maggengo, andando ad imboccare la sterrata che se ne distacca all'esterno: si segue lungamente il traverso che scorre alto sulla Valle del Boco, si oltrepassa la baita in località Ginebrè e si tralascia la deviazione a destra che conduce ad una presa d'acqua sul torrente (visibile come errore di percorso sul file GPS). In corrispondenza di una sbarra di chiusura della pista, si lascia la strada e si rimonta su tracce di animali il ripido e disagevole pendio fino ad incrociare una larga mulattiera abbandonata da tempo: la si segue verso destra in salita, confortati da tratti di vernice blu talora ravvicinati e ben visibili, talora lontanissimi e deteriorati. Alternando lunghi tratti in agevole ascesa ad impennate con perdita della traccia, si trascurano due sentieri secondari verso destra e, oltrepassati due tornantini, si raggiunge la radura sdoppiata dell'Alpe Ciaz: presso i minimi ruderi di una baita in corrispondenza del pascolo superiore si rintraccia la ripartenza del sentiero. Da qui inizia il tratto più indaginoso dell'escursione. La traccia, nettamente meno importante di quella fin qui percorsa, si addentra nella valle con andamento a saliscendi e affrontando per due volte l'attraversamento di canaloni resi moderatamente impervi dall'accumulo negli anni di alberi crollati e scarti forestali (come accennato nell'introduzione). Il sentiero spesso si confonde coi passaggi dei cervi e, quando si dirama, occorre evitare di scendere o salire troppo; alla fine, ma siamo già in vista della baita Q1660m, diventa necessario appigliarsi ai rami per procedere ad un piccolo guado terminale. Alla baita bisogna ignorare il buon sentiero che divalla verso sud-est, e salire senza traccia nel bosco per poche decine di metri finchè si materializza un nuovo sentiero: è un lunghissimo traverso a saliscendi che percorre tratti di foresta fitti e larghe strisce di totale disbosco vandalico fino alla conca prativa dell'Alpe Gorlo. Senza scendere alle baite, si volge a sinistra e si sale ripidamente fino ad incrociare la pista forestale dell'Alpe Colina: è un lungo tracciato sterrato costruito negli anni '970 a servizio del nuovo acquedotto di Sondrio; parte da Triangia e, attraversando tre comuni (Sondrio, Castione e Postalesio) termina nella conca del Lago di Colina. Percorriamo verso sinistra questa strada che sale molto dolcemente - oltrepassando l'Alpe Morscenzo e l'Alpe Pianette - fino ad una quota di circa 2100m, per poi scendere in breve allo stallone dell'Alpe Colina. Lungo i pascoli, per la linea di massima pendenza, si divalla al nucleo dell'Alpe, dove si trova l'inizio della pista che sale da Postalesio: seguendola con infinita monotonia si torna a Prà Lone. [Facendo attenzione si possono però trovare alcune scorciatoie, la principale in partenza da un parcheggio privato lastricato. Altri imbocchi sono attualmente occultati da accumuli di scarti forestali.]
Da Prà Lone si riprende la via già percorsa in salita.
Una scalinata presso un piccolo spazio di parcheggio rappresenta l'inizio della tradizionale mulattiera per Prà Lone che consente di evitare per lunghi tratti (non sempre!) la monotonia dell'asfalto: uniche note rilevanti, l'attraversamento di un'antica contrada ormai ridotta a ruderi, ma con ancora evidenti alcuni segni della passata vitalità, e molti resti - come muri e scalette fra i terrazzamenti - delle attività agricole. Arrivati alla piana di Prà Lone, si raggiunge il largo tornante al termine del maggengo, andando ad imboccare la sterrata che se ne distacca all'esterno: si segue lungamente il traverso che scorre alto sulla Valle del Boco, si oltrepassa la baita in località Ginebrè e si tralascia la deviazione a destra che conduce ad una presa d'acqua sul torrente (visibile come errore di percorso sul file GPS). In corrispondenza di una sbarra di chiusura della pista, si lascia la strada e si rimonta su tracce di animali il ripido e disagevole pendio fino ad incrociare una larga mulattiera abbandonata da tempo: la si segue verso destra in salita, confortati da tratti di vernice blu talora ravvicinati e ben visibili, talora lontanissimi e deteriorati. Alternando lunghi tratti in agevole ascesa ad impennate con perdita della traccia, si trascurano due sentieri secondari verso destra e, oltrepassati due tornantini, si raggiunge la radura sdoppiata dell'Alpe Ciaz: presso i minimi ruderi di una baita in corrispondenza del pascolo superiore si rintraccia la ripartenza del sentiero. Da qui inizia il tratto più indaginoso dell'escursione. La traccia, nettamente meno importante di quella fin qui percorsa, si addentra nella valle con andamento a saliscendi e affrontando per due volte l'attraversamento di canaloni resi moderatamente impervi dall'accumulo negli anni di alberi crollati e scarti forestali (come accennato nell'introduzione). Il sentiero spesso si confonde coi passaggi dei cervi e, quando si dirama, occorre evitare di scendere o salire troppo; alla fine, ma siamo già in vista della baita Q1660m, diventa necessario appigliarsi ai rami per procedere ad un piccolo guado terminale. Alla baita bisogna ignorare il buon sentiero che divalla verso sud-est, e salire senza traccia nel bosco per poche decine di metri finchè si materializza un nuovo sentiero: è un lunghissimo traverso a saliscendi che percorre tratti di foresta fitti e larghe strisce di totale disbosco vandalico fino alla conca prativa dell'Alpe Gorlo. Senza scendere alle baite, si volge a sinistra e si sale ripidamente fino ad incrociare la pista forestale dell'Alpe Colina: è un lungo tracciato sterrato costruito negli anni '970 a servizio del nuovo acquedotto di Sondrio; parte da Triangia e, attraversando tre comuni (Sondrio, Castione e Postalesio) termina nella conca del Lago di Colina. Percorriamo verso sinistra questa strada che sale molto dolcemente - oltrepassando l'Alpe Morscenzo e l'Alpe Pianette - fino ad una quota di circa 2100m, per poi scendere in breve allo stallone dell'Alpe Colina. Lungo i pascoli, per la linea di massima pendenza, si divalla al nucleo dell'Alpe, dove si trova l'inizio della pista che sale da Postalesio: seguendola con infinita monotonia si torna a Prà Lone. [Facendo attenzione si possono però trovare alcune scorciatoie, la principale in partenza da un parcheggio privato lastricato. Altri imbocchi sono attualmente occultati da accumuli di scarti forestali.]
Da Prà Lone si riprende la via già percorsa in salita.
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