Punta Marinelli
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Tutti sanno che non mi piace ripetere le escursioni a breve distanza di tempo e, anche in questo caso, la condizione è stata rispettata. Per cui: sulla Punta Marinelli ci ero già stato, ma nel frattempo molte cose sono cambiate. Avevo nove anni e ne sono passati cinquantatré; alle dighe i lavori stavano ancora terminando e la strada da Franscia non era accessibile al pubblico; si partiva a piedi parcheggiando nei pressi di enormi serbatoi per il cemento; anche in pieno agosto il traverso dopo la Bocchetta delle Forbici era innevato; il Laghetto di Musella non esisteva; i resti dell'elicottero erano riconoscibili come tali; un nevaio perenne terminava sul piazzale della "Capanna Marinelli" (allora si diceva così); i due Passi Marinelli erano distinguibili e anche qui non esistevano laghi; la Punta Marinelli era una roccetta al culmine di un comodo pendio nevoso e non sporgeva nemmeno troppo dal plateau della Vedretta di Fellaria Occidentale; gli Alpini erano ancora sepolti nel loro cimitero di pietre nel Vallone dello Scerscen. Era proprio ora di tornare.
Naturalmente in questi anni intermedi sono passato in zona decine di volte, ma senza salire alla Punta, e i cambiamenti graduali sono avvenuti praticamente sotto gli occhi; però...in questo caso lo sbalzo temporale ha mantenuto la sua interezza.
Dal parcheggio ai piedi della diga settentrionale di Campomoro parte - ben indicato - il ripido sentiero che, serpeggiando fra le cenge delle rocce basali del Sasso Moro, conduce ad aggirarne la cresta sud-occidentale; superata questa iniziale pendenza, entrati in un rado bosco di larici, si inizia il lunghissimo spostamento in saliscendi a mezzacosta verso il Rifugio Carate. Il cospicuo dislivello residuo viene superato con comode serpentine attraverso una serie di dossi morenici che, in questi ultimi anni, risultano erosi in più punti dal moltiplicarsi delle tracce di passaggio escursionistico e da tre canali di frana. Lasciata a destra la traccia (Alta Via della Valmalenco) per la Forcella di Fellaria, si oltrepassano il rifugio e - sulla sinistra - il sentiero per il Monte delle Forbici arrivando alla sempre panoramicamente incantevole Bocchetta delle Forbici. Il sentiero prosegue in lieve discesa fra le pietraie alle pendici delle Cime di Musella fino a svoltare nel vallone che scende con i suoi residui glaciali dalla Bocchetta di Caspoggio; passando fra un laghetto e i resti dell'elicottero, lo si attraversa avvicinandosi all'ultimo risalto verso il dosso roccioso che ospita il Rifugio Marinelli-Bombardieri e il suo ampio piazzale. Al margine nord-orientale della spianata prende avvio il sentiero per il Rifugio Marco e Rosa (e i Bivacchi Parravicini e Pansera): scavato nel terreno sassoso e sabbioso di una morena glaciale, sale ripido - e successivamente più stabile - fino ad una zona di dossi rocciosi e grossi blocchi dove si presenta il bivio Bernina - Palù; qualche sbiadito segnale a sinistra verso il Rifugio Marco e Rosa, qualche essenziale ometto, poco visibile nella pietraia, a destra verso il Passo Marinelli Orientale. Oltrepassato un canalino detritico, senza scendere sulla riva dei laghi glaciali, ci si indirizza ad aggirare inizialmente la cupola rocciosa affacciata sulle morene della Vedretta di Caspoggio; poi se ne raggiunge il largo filo di cresta procedendo su comode e ruvide piode inclinate fino alle roccette di vetta della Punta Marinelli, con madonnina metallica ed un paio di lapidi. Per il ritorno, dopo essere tornati al Rifugio Marinelli per la stessa via, decidiamo di variare e tornare a Campomoro percorrendo tutto il Vallone di Scerscen: questa traccia non può certamente essere presa in considerazione come normale alternativa di accesso al rifugio per la lunghezza del percorso e per i lunghi tratti senza sentiero visibile, ma l'interesse paesaggistico, geologico e mineralogico non hanno paragoni. Dal belvedere a sinistra dell'ingresso dell'edificio si imbocca il sentierino che scendendo anche ripidamente attraversa lungo un sistema di cenge e vallette detritiche il margine occidentale dello sperone a nord del rifugio (Cresta del Rifugio - falesia) fino a raggiungere il circo terminale del Vallone di Scerscen sotto le cascate di fusione della Vedretta di Scerscen Superiore. Il percorso, sempre bollato con bandierine CAI e triangoli gialli dell'AVdV, attraversa tutta la testata del vallone guadando i numerosi torrenti glaciali su passerelle di legno (sono ancora visibili due dei ponti divelti dall'alluvione del 1987), seguendo il filo di due morene e arrivando infine alle rocce calcaree ai piedi della Vedretta di Scerscen Inferiore. Ignorate le deviazioni per l'ex-Rifugio Entova-Scerscen e per il vicino Cimitero degli Alpini, si inizia la percorrenza del fondovalle parallelamente al torrente: anche oltre il superamento del limite della morena frontale (Piccola Glaciazione ottocentesca), i pascoli sono cosparsi di pietrame e vegetazione periglaciale, fatto che, in associazione all'abbassamento della temperatura, portò all'abbandono della pur misera Alpe Scerscen, i cui resti sono visibili sotto un riparo roccioso a lato del passaggio. Proseguendo nella lunga discesa, si oltrepassano le vecchie miniere di amianto (la più recente abbandonata a fine anni '950) e una anonima deviazione a destra per la piana di Campascio, raggiungendo con breve salita l'Alpe Musella e sui rifugi privati (Mitta e Musella); si attraversa il vasto pascolo seguendo una carrareccia che conduce poi fino a confluire nella sterrata Campomoro-Foppa. Si segue quindi questa carrozzabile verso sinistra per qualche centinaio di metri, arrivando direttamente al parcheggio sotto la diga.
https://www.relive.cc/view/g26006095308
Naturalmente in questi anni intermedi sono passato in zona decine di volte, ma senza salire alla Punta, e i cambiamenti graduali sono avvenuti praticamente sotto gli occhi; però...in questo caso lo sbalzo temporale ha mantenuto la sua interezza.
Dal parcheggio ai piedi della diga settentrionale di Campomoro parte - ben indicato - il ripido sentiero che, serpeggiando fra le cenge delle rocce basali del Sasso Moro, conduce ad aggirarne la cresta sud-occidentale; superata questa iniziale pendenza, entrati in un rado bosco di larici, si inizia il lunghissimo spostamento in saliscendi a mezzacosta verso il Rifugio Carate. Il cospicuo dislivello residuo viene superato con comode serpentine attraverso una serie di dossi morenici che, in questi ultimi anni, risultano erosi in più punti dal moltiplicarsi delle tracce di passaggio escursionistico e da tre canali di frana. Lasciata a destra la traccia (Alta Via della Valmalenco) per la Forcella di Fellaria, si oltrepassano il rifugio e - sulla sinistra - il sentiero per il Monte delle Forbici arrivando alla sempre panoramicamente incantevole Bocchetta delle Forbici. Il sentiero prosegue in lieve discesa fra le pietraie alle pendici delle Cime di Musella fino a svoltare nel vallone che scende con i suoi residui glaciali dalla Bocchetta di Caspoggio; passando fra un laghetto e i resti dell'elicottero, lo si attraversa avvicinandosi all'ultimo risalto verso il dosso roccioso che ospita il Rifugio Marinelli-Bombardieri e il suo ampio piazzale. Al margine nord-orientale della spianata prende avvio il sentiero per il Rifugio Marco e Rosa (e i Bivacchi Parravicini e Pansera): scavato nel terreno sassoso e sabbioso di una morena glaciale, sale ripido - e successivamente più stabile - fino ad una zona di dossi rocciosi e grossi blocchi dove si presenta il bivio Bernina - Palù; qualche sbiadito segnale a sinistra verso il Rifugio Marco e Rosa, qualche essenziale ometto, poco visibile nella pietraia, a destra verso il Passo Marinelli Orientale. Oltrepassato un canalino detritico, senza scendere sulla riva dei laghi glaciali, ci si indirizza ad aggirare inizialmente la cupola rocciosa affacciata sulle morene della Vedretta di Caspoggio; poi se ne raggiunge il largo filo di cresta procedendo su comode e ruvide piode inclinate fino alle roccette di vetta della Punta Marinelli, con madonnina metallica ed un paio di lapidi. Per il ritorno, dopo essere tornati al Rifugio Marinelli per la stessa via, decidiamo di variare e tornare a Campomoro percorrendo tutto il Vallone di Scerscen: questa traccia non può certamente essere presa in considerazione come normale alternativa di accesso al rifugio per la lunghezza del percorso e per i lunghi tratti senza sentiero visibile, ma l'interesse paesaggistico, geologico e mineralogico non hanno paragoni. Dal belvedere a sinistra dell'ingresso dell'edificio si imbocca il sentierino che scendendo anche ripidamente attraversa lungo un sistema di cenge e vallette detritiche il margine occidentale dello sperone a nord del rifugio (Cresta del Rifugio - falesia) fino a raggiungere il circo terminale del Vallone di Scerscen sotto le cascate di fusione della Vedretta di Scerscen Superiore. Il percorso, sempre bollato con bandierine CAI e triangoli gialli dell'AVdV, attraversa tutta la testata del vallone guadando i numerosi torrenti glaciali su passerelle di legno (sono ancora visibili due dei ponti divelti dall'alluvione del 1987), seguendo il filo di due morene e arrivando infine alle rocce calcaree ai piedi della Vedretta di Scerscen Inferiore. Ignorate le deviazioni per l'ex-Rifugio Entova-Scerscen e per il vicino Cimitero degli Alpini, si inizia la percorrenza del fondovalle parallelamente al torrente: anche oltre il superamento del limite della morena frontale (Piccola Glaciazione ottocentesca), i pascoli sono cosparsi di pietrame e vegetazione periglaciale, fatto che, in associazione all'abbassamento della temperatura, portò all'abbandono della pur misera Alpe Scerscen, i cui resti sono visibili sotto un riparo roccioso a lato del passaggio. Proseguendo nella lunga discesa, si oltrepassano le vecchie miniere di amianto (la più recente abbandonata a fine anni '950) e una anonima deviazione a destra per la piana di Campascio, raggiungendo con breve salita l'Alpe Musella e sui rifugi privati (Mitta e Musella); si attraversa il vasto pascolo seguendo una carrareccia che conduce poi fino a confluire nella sterrata Campomoro-Foppa. Si segue quindi questa carrozzabile verso sinistra per qualche centinaio di metri, arrivando direttamente al parcheggio sotto la diga.
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