Pizzo Cornacchia, la Valle Trompia... e la fenomenologia di un popolo.
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Ancora una volta scegliamo di restare a bassa quota e vicino a casa, e il Pizzo Cornacchia sembra fare al caso nostro, è da un anno che l’avevo messo nel mirino e adesso è arrivato il momento giusto per salirci.
Partiamo da Cogozzo (con 6 etti di colomba nello stomaco, mannaja a Iginio Massari) e da subito notiamo la bollatura Cai (303) posta su un palo di ferro, ne seguiamo i bolli che risalgono una strada cementata che poi diventa sterrata, arriviamo a Rattole, e con un sentiero bello ripido (1F) e franoso arriviamo ad incrociare il sentiero 303 A; qua mi incarto un attimo, voglio seguire una traccia trovata su internet e risaliamo per quasi 100 di D+, mi accorgo di aver ciccato e con la coda tra le gambe ritorniamo alla deviazione dopo aver bestemmiato come solo può fare Natalino Balasso.
Arrivati alla palina ora prendiamo il sentiero che porta alla Sella, dove si arriva con diversi saliscendi. Alla sella troviamo un rudere (Casina di pietra), due passi dopo la Casina sulla destra una deviazione si stacca dal 303 e seguendo la bollatura rosso-verde e qualche bollo rosso e blu ne seguiamo la traccia finché troviamo una palina. Proprio in questo punto giriamo a sinistra e su traccia molto ripida arriviamo sul Pizzo Cornacchia dopo aver superato un roccolo.
Il Pizzo non è proprio quel posto che ti aspettavi, le antenne di Rai Way occupano la cima e rendono sgradevole il luogo, l’unica cosa da fare è bersi un sorso di tè e cambiare aria. Proprio mentre stiamo ripartendo arrivano due persone, ci si saluta, e dopo un primo momento di “ricordo non ricordo” a Rosa viene in mente che conosce “lei”, che altro non è che un ex collega di lavoro. Riprendiamo il cammino assieme visto che loro devono arrivare al Pernice, così scambiamo due chiacchiere, soprattutto con “lui” (non lo segnalo neanche come nome, non se lo merita); parliamo degli animali che popolano le montagne e le pianure, e qua scopriamo le nostre visioni opposte del mondo.
Vediamo tracce di Cinghiali… “se i ve fò bisogna tunaga, che disèt”, noi: non mangiamo carne. “Ma che bei rocoi”… la discussione si fa più accesa, parliamo di antropizzazione delle montagne e di tutti gli animali che la popolano, e più si parla e più le distanze si allungano. La mentalità triumplina è famosa dalle nostre parti ma quando ti imbatti in questi elementi lo stupore è sempre forte: gli Orsi? Bisogna eliminarli, troppo pericolosi per l’uomo e per gli animali da pascolo, le Volpi? Eliminarle, mangiano le galline(!!!)… e via di questo passo. Chissà che cosa ne pensa dei caprioli, camosci, cervi, stambecchi… E pensare che questo essere si dice amante delle montagne e della Natura! Si perché sto ignobile è uno di quelli che le cose wild le fa veramente, gli piace il ravano; poi arrampica, fa ferrate tostissime, viaggia nei migliori luoghi delle Alpi, ma probabilmente tutto ciò non è sufficiente per fargli cambiare la sua mentalità balorda. Se questi animali in passato sono stati sterminati sino all’estinzione ci sarà un motivo, dice lui, è perché DAVANO FASTIDIO AGLI UOMINI!!!
La compagnia per fortuna dura poco, dopo aver affrontato la comoda cresta giungiamo al Pernice dove le nostre strade si dividono, loro scendono dritti a Cogozzo, mentre noi proseguiamo oltre. Ciao, ciao, a mai più rivederci. Al Pernice ci fermiamo per il lunch, sul Pernice manco a farlo apposta c’è un enorme roccolo (ben tenuto) con annessa villa stile megalomania. Una mega abitazione veramente fuori contesto.
Ripreso il cammino arriviamo al vicino M. Pernice, una cima anonima e priva di qualsiasi croce e affini, dopo aver costruito un ometto ora perdiamo quota in prossimità dell’ennesimo roccolo. Seguiamo sempre la dorsale sino alla Casa Magnoli, la oltrepassiamo, e subito dopo siamo al trivio Magnoli dove una palina da varie indicazioni, tra queste la deviazione a sinistra porta nella direzione voluta. Il sentiero è evidente, ancorché sconquassato da un “fenomeno” con la moto da enduro, ma a parte questa annotazione si procede senza nessun impegno, arrivati al Bus del Torcol continuiamo il cammino sino ad un vicino bivio; diritti si ritorna alla Sella, che non è proprio la nostra direzione, mentre una evidente deviazione sulla destra si addentra in un selvaggio bosco che pian piano abbraccia anche la traccia.
Lungo il sentiero troviamo diverse deviazione che vanno ignorate, e lo facciamo grazie al Gps e al nostro senso di orientamento, una volta superate le Pozzette tutto si fa più chiaro, la bollatura bianco-gialla ci riporta fin giù l’abitato di Cogozzo. E anche stavolta l’anello è chiuso.
Nota 1): Alla fine questo giro non è neanche malvagio, al netto però dei numerosi roccoli e di alcuni sentieri un po lasciati a se stessi; salita al Cornacchia bella ripida e gli unici punti cui prestare attenzione sono le due deviazioni del Magnoli e quella dopo il Bus del Torcol. Comunque ottimo allenamento. N.B. Scusate lo sfogo durante la relazione, ma non si può sentire che bisogna mandare in estinzioni qualsivoglia animale. Io vado in montagna anche per vedere la fauna selvaggia…
Nota 2): Cazzeggi vari…
Fetish: Dopo tante ricerche scoperto un bidet in una casa francese.
Lercio accordi: Governo: trovata intesa M5S-Lega: reddito di cittadinanza solo a chi evaderà la flat-tax.
Che novità: Torna Indiana Jones: Harrison Ford sarà il protagonista!!!
A’ la prochaine! Menek, Rosa, May
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