Monte Leone (3553 m) - Cresta Sud
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E' da tempo che diciamo che avremmo fatto qualcosa solo io e Silvia, e nel mio cassetto da due anni c'era il Monte Leone. Così mi documento, cresta sud e cresta ovest, e chiedo un giorno di ferie. Il versante di salita lo decideremo in loco.
Partiamo da Monza martedì sera e in due ore raggiungiamo Hospiz, dove lanciamo la tenda e cerchiamo di riposare prima che la sveglia suoni alle 4.15. Io non chiudo occhio con l'umidità che mi entra nelle ossa, Silvia pare dormire. Sveglia, colazione, vestiario, chiudi la tenda, controlla lo zaino, chiuda la macchina parcheggiata davanti l'ostello e VIA!
Sono le 5.15 quando ci incamminiamo sulla strada che passa sul lato sinistro dell'ostello, cartello per il M. Leone presente. E' già abbastanza chiaro per non utilizzare la frontale e la poca neve delle cime circostanti risalta sullo sfondo scuro, dove l'ostello assume un'aria ancor più inquietante.
Superiamo alcune case fattoria e teniamo leggermente la destra per camminare su prati verdi. Seguiamo per un breve tratto il sentiero verniciato bianco rosso, ma, controllato il gps, mi accorgo che il sentiero che volevamo seguire rimane ancor più a destra. Così, con un pò di ravanage, attraversiamo qualche mugo e ritroviamo il sentiero che sale fino ad un piccolo prato. Superato quest'ultimo, proseguiamo sul ripido sentierello ghiaioso che passa sotto il Monte Hubschhorn. Incontriamo un gregge di pecorelle ed un ragazzo svizzero ci supera in tenuta da fast alpinist, sarà diretto al Breithorn. Davanti a noi un grosso masso con una piccola croce in ferro posta sulla sua sommità.
La luce comincia ad accarezzare le cime e taglia a metà lo Hubschhorn. Ben visibile ora anche la galleria del Sempione ed il suo passo. Rimangono invece coperte le cime più ad ovest. Superiamo un breve traverso su massi poco stabili prima di raggiungere la morena. Ometti, alcuni di forme “fantasiose”, segnano la via per tutto questo tratto, impossibile sbagliare! Si raggiunge così un pianoro sassoso da cui partiranno segni di vernice verde dirette al Breithorn. In salita sarà anche semplice vederle, in discesa meno. Attraversate pozze e ruscelletti, risaliamo a destra, io lungo la gola di neve, Silvia sui massi a fianco. Sempre inseguendo sverniciate verdi e ometti, arriviamo al ghiacciaio Holunattengletscher. E’ ora di indossare scarponi e ramponi.
Il ragazzo svizzero, unica persone che incontreremo per tutto il tragitto, sta scendendo a passo svelto, noi, invece, iniziamo calpestando le sue impronte di andata, a zig e zag. Passo dopo passo, in un clima perfetto, raggiungiamo il Passo del Breithorn. Solamente da qui vediamo per la prima volta il Leone. Il Breithorn, sulla nostra destra, appare in condizioni pietose per la stagione. Attraversiamo il passo prestando attenzione a dove mettere i piedi e ci fermiamo su delle roccette prima di scendere sul ghiacciaio. Qui ci leghiamo e, amaramente, impongo a Silvia di salire dalla cresta sud. Non essendomi ben documentata sul punto di accesso della ovest e la presenza di crepacci appena sotto, cosciente del passaggio di III grado e considerando il vento proveniente da ovest (ancora leggero), ritengo più coscienzioso salire dalla cresta sud, demoralizzando Silvia, che però accetta silenziosamente.
Attraversiamo l’Alplengletscher lasciando a nord i lastroni di ghiaccio ed a sud neve marcia. Silvia con lo sguardo fisso sulla cresta ovest sogna, io con lo sguardo fisso sulla conca, in teoria il punto di accesso alla cresta sud. Mi avevano avvisato che era lungo questo attraversamento, ma la neve ottima rende il tutto scorrevole ed in poco tempo ci troviamo vicino la lingua di sfasciume che scende dalla conca. Opto per aggirarla leggermente a sinistra per evitare il piccolo crepaccio e l’apparente fastidioso sfasciume. Togliamo i ramponi ed inizia l’avventura…
La relazione stampata da Gulliver sembrava banale: tenere il filo di cresta o tenersi leggermente a destra. Ottimo direi! Saliamo tranquillamente verso la cresta finché non ci troviamo davanti un muro. Primo tentativo: lo aggiro a sinistra, ok, ma qui? Da risalire dei massi che formano un ulteriore muro, oppure continuare dritto incerta del passo successivo; torno indietro. Secondo tentativo: scendiamo leggermente a destra, ok, cosa c’è qui? L’Alpe veglia che ci saluta giù sotto, direi di no! Terzo tentativo: aggiro nuovamente l’enorme masso a sinistra e mi ritrovo nuovamente al diedrino; mi raggiunge Silvia e arrampico su (III grado); sbuco con la testa e vedo il filo di cresta (senza ometti o segni di vernice), Silvia sali ci siamo! Ecco anche Silvia su un pavimento naturale, 5 passi e NOOOO, il 6 passo sarebbe nel vuoto, che palle! O si salta (opzione da evitare) o si scende. Mi guardo attorno per cercare una via di discesa ma nulla, forse un passaggino che provo per superare questo salto ma nulla, non mi fido. Soluzione: tornare, disarrampicando al nostro muro.
Silvia propone di scendere sullo sfasciume a sinistra e provare a risalire più avanti, sembra esserci un’altra conchetta. Nel frattempo tutto si è annebbiato, la cima non si vede ed il paesaggio si nasconde. L’idea di tornare indietro sui propri passi la metto da parte ed accetto la proposta ma dando come limite di tempo l’1, sono le 11.45. A passo sicuro, senza titubare, avanziamo fra lo sfasciume e miro un imbocco facilmente arrampicabile. 1, 2, 3, sbuco con la testa e OMETTO! Siiiiiiiii, felicità pura, quasi un’ora e mezza persa a cercare il punto di ascesa e finalmente eccoci su qualcosa di certo. Da qui sarà una passeggiata, basta seguire gli ometti verso la cresta e volendo seguirli sulla sponda destra. Ecco qui le informazioni della relazione di Gulliver. Silvia prega per una pausa, forza coraggio, 5 minuti e siamo in cima (arriveremo alle 13.06).
Monte Leone eccoci finalmente!!! COMPLIMENTI SILVIA, la tua cima più alta fino ad ora ed insieme a me, noi due e nessun altro! Occhi umidi personalmente… Peccato non poter ammirare il panorama coperto dalle nubi. Osserviamo la cresta appena percorsa, la cresta ovest e cerchiamo di scorgere nella nebbia la parete nord. Lasciamo le nostre emozioni impresse sul libro di vetta e ci ripariamo per una breve pausa.
Scenderemo dalla stessa via di salita, con qualche piccola deviazione dopo l’attraversamento del ghiacciaio e sull' ultimo tratto verso Hospiz, sempre su sentiero ben visibile, ma rallentate dalle continue e potenti raffiche di vento, che non ci abbandoneranno fino il pianoro sassoso.
Sarà davanti ad una pizza a Castelletto Ticino che mi metterò a piangere alla vista di questo!
Partiamo da Monza martedì sera e in due ore raggiungiamo Hospiz, dove lanciamo la tenda e cerchiamo di riposare prima che la sveglia suoni alle 4.15. Io non chiudo occhio con l'umidità che mi entra nelle ossa, Silvia pare dormire. Sveglia, colazione, vestiario, chiudi la tenda, controlla lo zaino, chiuda la macchina parcheggiata davanti l'ostello e VIA!
Sono le 5.15 quando ci incamminiamo sulla strada che passa sul lato sinistro dell'ostello, cartello per il M. Leone presente. E' già abbastanza chiaro per non utilizzare la frontale e la poca neve delle cime circostanti risalta sullo sfondo scuro, dove l'ostello assume un'aria ancor più inquietante.
Superiamo alcune case fattoria e teniamo leggermente la destra per camminare su prati verdi. Seguiamo per un breve tratto il sentiero verniciato bianco rosso, ma, controllato il gps, mi accorgo che il sentiero che volevamo seguire rimane ancor più a destra. Così, con un pò di ravanage, attraversiamo qualche mugo e ritroviamo il sentiero che sale fino ad un piccolo prato. Superato quest'ultimo, proseguiamo sul ripido sentierello ghiaioso che passa sotto il Monte Hubschhorn. Incontriamo un gregge di pecorelle ed un ragazzo svizzero ci supera in tenuta da fast alpinist, sarà diretto al Breithorn. Davanti a noi un grosso masso con una piccola croce in ferro posta sulla sua sommità.
La luce comincia ad accarezzare le cime e taglia a metà lo Hubschhorn. Ben visibile ora anche la galleria del Sempione ed il suo passo. Rimangono invece coperte le cime più ad ovest. Superiamo un breve traverso su massi poco stabili prima di raggiungere la morena. Ometti, alcuni di forme “fantasiose”, segnano la via per tutto questo tratto, impossibile sbagliare! Si raggiunge così un pianoro sassoso da cui partiranno segni di vernice verde dirette al Breithorn. In salita sarà anche semplice vederle, in discesa meno. Attraversate pozze e ruscelletti, risaliamo a destra, io lungo la gola di neve, Silvia sui massi a fianco. Sempre inseguendo sverniciate verdi e ometti, arriviamo al ghiacciaio Holunattengletscher. E’ ora di indossare scarponi e ramponi.
Il ragazzo svizzero, unica persone che incontreremo per tutto il tragitto, sta scendendo a passo svelto, noi, invece, iniziamo calpestando le sue impronte di andata, a zig e zag. Passo dopo passo, in un clima perfetto, raggiungiamo il Passo del Breithorn. Solamente da qui vediamo per la prima volta il Leone. Il Breithorn, sulla nostra destra, appare in condizioni pietose per la stagione. Attraversiamo il passo prestando attenzione a dove mettere i piedi e ci fermiamo su delle roccette prima di scendere sul ghiacciaio. Qui ci leghiamo e, amaramente, impongo a Silvia di salire dalla cresta sud. Non essendomi ben documentata sul punto di accesso della ovest e la presenza di crepacci appena sotto, cosciente del passaggio di III grado e considerando il vento proveniente da ovest (ancora leggero), ritengo più coscienzioso salire dalla cresta sud, demoralizzando Silvia, che però accetta silenziosamente.
Attraversiamo l’Alplengletscher lasciando a nord i lastroni di ghiaccio ed a sud neve marcia. Silvia con lo sguardo fisso sulla cresta ovest sogna, io con lo sguardo fisso sulla conca, in teoria il punto di accesso alla cresta sud. Mi avevano avvisato che era lungo questo attraversamento, ma la neve ottima rende il tutto scorrevole ed in poco tempo ci troviamo vicino la lingua di sfasciume che scende dalla conca. Opto per aggirarla leggermente a sinistra per evitare il piccolo crepaccio e l’apparente fastidioso sfasciume. Togliamo i ramponi ed inizia l’avventura…
La relazione stampata da Gulliver sembrava banale: tenere il filo di cresta o tenersi leggermente a destra. Ottimo direi! Saliamo tranquillamente verso la cresta finché non ci troviamo davanti un muro. Primo tentativo: lo aggiro a sinistra, ok, ma qui? Da risalire dei massi che formano un ulteriore muro, oppure continuare dritto incerta del passo successivo; torno indietro. Secondo tentativo: scendiamo leggermente a destra, ok, cosa c’è qui? L’Alpe veglia che ci saluta giù sotto, direi di no! Terzo tentativo: aggiro nuovamente l’enorme masso a sinistra e mi ritrovo nuovamente al diedrino; mi raggiunge Silvia e arrampico su (III grado); sbuco con la testa e vedo il filo di cresta (senza ometti o segni di vernice), Silvia sali ci siamo! Ecco anche Silvia su un pavimento naturale, 5 passi e NOOOO, il 6 passo sarebbe nel vuoto, che palle! O si salta (opzione da evitare) o si scende. Mi guardo attorno per cercare una via di discesa ma nulla, forse un passaggino che provo per superare questo salto ma nulla, non mi fido. Soluzione: tornare, disarrampicando al nostro muro.
Silvia propone di scendere sullo sfasciume a sinistra e provare a risalire più avanti, sembra esserci un’altra conchetta. Nel frattempo tutto si è annebbiato, la cima non si vede ed il paesaggio si nasconde. L’idea di tornare indietro sui propri passi la metto da parte ed accetto la proposta ma dando come limite di tempo l’1, sono le 11.45. A passo sicuro, senza titubare, avanziamo fra lo sfasciume e miro un imbocco facilmente arrampicabile. 1, 2, 3, sbuco con la testa e OMETTO! Siiiiiiiii, felicità pura, quasi un’ora e mezza persa a cercare il punto di ascesa e finalmente eccoci su qualcosa di certo. Da qui sarà una passeggiata, basta seguire gli ometti verso la cresta e volendo seguirli sulla sponda destra. Ecco qui le informazioni della relazione di Gulliver. Silvia prega per una pausa, forza coraggio, 5 minuti e siamo in cima (arriveremo alle 13.06).
Monte Leone eccoci finalmente!!! COMPLIMENTI SILVIA, la tua cima più alta fino ad ora ed insieme a me, noi due e nessun altro! Occhi umidi personalmente… Peccato non poter ammirare il panorama coperto dalle nubi. Osserviamo la cresta appena percorsa, la cresta ovest e cerchiamo di scorgere nella nebbia la parete nord. Lasciamo le nostre emozioni impresse sul libro di vetta e ci ripariamo per una breve pausa.
Scenderemo dalla stessa via di salita, con qualche piccola deviazione dopo l’attraversamento del ghiacciaio e sull' ultimo tratto verso Hospiz, sempre su sentiero ben visibile, ma rallentate dalle continue e potenti raffiche di vento, che non ci abbandoneranno fino il pianoro sassoso.
Sarà davanti ad una pizza a Castelletto Ticino che mi metterò a piangere alla vista di questo!
Tourengänger:
martynred

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