Monte Rotondo
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Il punto più panoramico della media Valgerola. Tre possibilità di scelta del punto di partenza: proviamo quello più diretto, ma anche il più ripido e il meno segnalato (almeno fino a convergere nella GVO - Gran Via delle Orobie). Il percorso si è rivelato interessante, ma la fatica di risalire senza sentiero un ripido versante di fieno selvatico ("Erba Vìsega") non vale la pena: ottima, al contrario, la traccia seguita in discesa.
Direttamente dal tornante di parcheggio si imbocca la larga traccia che si addentra nel lungo traverso ascendente della Val di Pai: la splendida ombrosa e umida foresta di abeti bianchi ospita ora quel che rimane dell'antica mulattiera di accesso alle praterie di Stavello; lunghi tratti di sentiero sono in comune col ruscellamento di acque non più regimate, con qualche franamento e fastidioso dilavamento del fondo (correre su grosse ghiaie mobili e lungo lastre viscide richiede attenzione intensa e continua, concedendo poco riposante automatismo). Appena oltrepassato il bivio (attualmente non segnalato) con la GVO, si affronta il guado del torrente [Negli anni, ricordo almeno due diversi ponti divelti da piene disastrose e valanghe incanalate nella gola soprastante]. Sull'altra riva si intraprende una ripidissima risalita in un rado lariceto, fino ad oltrepassare i ruderi di poche baite; in seguito la pendenza diminuisce e si attraversano un paio di vaste radure. Alla base di una parete rocciosa si raggiunge un bivio a T intersecando una bellissima mulattiera: lasciando a destra il percorso segnalato (via di ritorno), si prosegue in blanda salita verso sinistra, andando a raggiungere i pascoli di Svanulign (Alpe Svanollino, sulle carte). Qui la traccia termina e occorre salire a senso lungo la valletta che si apre alle spalle della baita principale: nessuna difficoltà, se non quella di trovare il passaggio meno faticoso fra i cespugli di rododendro che stanno tornando ad "infestare" questi pascoli; qua e là si incontrano antichi resti di passaggio: qualche acciottolato, pochi gradini, accenni di tornanti, ma non vale la pena di cercare il percorso originale. Terminata la pendenza, già in vista della Bocchetta di Stavello, si incrocia nuovamente il sentiero GVO: lo si segue verso sinistra fino ad incontrare l'impennata di accesso alla bocchetta. Una ripida sequenza di tornanti - a tratti franosi - conduce al varco di confine con la profonda Valvarrone. Dalla Bocchetta di Stavello alla vetta, il percorso è affiancato da resti di strutture militari riferibili alla Linea Cadorna: trincee, trincee fortificate, una caserma, una postazione in grotta e due casematte. Sul versante lecchese il sentiero prosegue con lunghi traversi nel ripido pendio prativo, raggiungendo in un paio di punti la linea di cresta: anche sul filo - sempre comodo e poco esposto - corre una traccia sassosa, che però si rivela molto più comoda e veloce per la discesa. Poco prima di raggiungere la panoramicissima vetta, si oltrepassano un piccolo bivacco e i basamenti di una garitta. Per quanto riguarda il suddetto panorama, solo nebbie e nuvole possono porre un limite alla vastità dell'osservabile.
Per il ritorno, occorre tornare sui propri passi fino al sentiero GVO alla base della discesa dalla Bocchetta di Stavello; da qui seguirlo verso sinistra con blandi saliscendi, attraversando numerosi ruscelli, fino a calare nella valletta che ospita l'Alpe Stavello, ora rifugio ERSAF. Girando attorno al terrazzo della casera, si scende nel pascolo fino al livello del bosco: da qui comincia una larga rampa discendente, largamente artificiale (scavata direttamente nella parete rocciosa o anche sostenuta da robusti terrapieni di pietra a secco), a tratti assistita da catene corrimano, che conduce al bivio evidenziato in salita, ai piedi di una liscia parete rocciosa. Si prosegue poi lungo il percorso di andata.
Direttamente dal tornante di parcheggio si imbocca la larga traccia che si addentra nel lungo traverso ascendente della Val di Pai: la splendida ombrosa e umida foresta di abeti bianchi ospita ora quel che rimane dell'antica mulattiera di accesso alle praterie di Stavello; lunghi tratti di sentiero sono in comune col ruscellamento di acque non più regimate, con qualche franamento e fastidioso dilavamento del fondo (correre su grosse ghiaie mobili e lungo lastre viscide richiede attenzione intensa e continua, concedendo poco riposante automatismo). Appena oltrepassato il bivio (attualmente non segnalato) con la GVO, si affronta il guado del torrente [Negli anni, ricordo almeno due diversi ponti divelti da piene disastrose e valanghe incanalate nella gola soprastante]. Sull'altra riva si intraprende una ripidissima risalita in un rado lariceto, fino ad oltrepassare i ruderi di poche baite; in seguito la pendenza diminuisce e si attraversano un paio di vaste radure. Alla base di una parete rocciosa si raggiunge un bivio a T intersecando una bellissima mulattiera: lasciando a destra il percorso segnalato (via di ritorno), si prosegue in blanda salita verso sinistra, andando a raggiungere i pascoli di Svanulign (Alpe Svanollino, sulle carte). Qui la traccia termina e occorre salire a senso lungo la valletta che si apre alle spalle della baita principale: nessuna difficoltà, se non quella di trovare il passaggio meno faticoso fra i cespugli di rododendro che stanno tornando ad "infestare" questi pascoli; qua e là si incontrano antichi resti di passaggio: qualche acciottolato, pochi gradini, accenni di tornanti, ma non vale la pena di cercare il percorso originale. Terminata la pendenza, già in vista della Bocchetta di Stavello, si incrocia nuovamente il sentiero GVO: lo si segue verso sinistra fino ad incontrare l'impennata di accesso alla bocchetta. Una ripida sequenza di tornanti - a tratti franosi - conduce al varco di confine con la profonda Valvarrone. Dalla Bocchetta di Stavello alla vetta, il percorso è affiancato da resti di strutture militari riferibili alla Linea Cadorna: trincee, trincee fortificate, una caserma, una postazione in grotta e due casematte. Sul versante lecchese il sentiero prosegue con lunghi traversi nel ripido pendio prativo, raggiungendo in un paio di punti la linea di cresta: anche sul filo - sempre comodo e poco esposto - corre una traccia sassosa, che però si rivela molto più comoda e veloce per la discesa. Poco prima di raggiungere la panoramicissima vetta, si oltrepassano un piccolo bivacco e i basamenti di una garitta. Per quanto riguarda il suddetto panorama, solo nebbie e nuvole possono porre un limite alla vastità dell'osservabile.
Per il ritorno, occorre tornare sui propri passi fino al sentiero GVO alla base della discesa dalla Bocchetta di Stavello; da qui seguirlo verso sinistra con blandi saliscendi, attraversando numerosi ruscelli, fino a calare nella valletta che ospita l'Alpe Stavello, ora rifugio ERSAF. Girando attorno al terrazzo della casera, si scende nel pascolo fino al livello del bosco: da qui comincia una larga rampa discendente, largamente artificiale (scavata direttamente nella parete rocciosa o anche sostenuta da robusti terrapieni di pietra a secco), a tratti assistita da catene corrimano, che conduce al bivio evidenziato in salita, ai piedi di una liscia parete rocciosa. Si prosegue poi lungo il percorso di andata.
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