Il casinetto di Don Giovanni: "Là ci darem la mano, là mi dirai di si"
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Osservo gli alberi con molta più curiosità e amore.
Da quando ho scovato in libreria, divorandoli poi! i libri di Peter Wohlleben "La vita segreta degli alberi" e "La saggezza degli alberi". Divorateli anche voi, vi prego! Di gustosa lettura vi incanteranno come hanno incantato me e migliaia di lettori.
Osserverete gli alberi con molta più curiosità e amore.
Oggi vi ho fotografato un meraviglioso sentiero alberato...
"Quel casinetto è mio; soli saremo, e là, gioiello mio, ci sposeremo.
Là ci darem la mano, là mi dirai di sì.
Vedi, non è lontano, partiamo ben mio da qui."
(Atto Primo, Scena nona dal "Don Giovanni" di Mozart, libretto di Lorenzo da Ponte)
Qual legame tra Mozart e gli alberi?
Nessuno, a parte la profonda bellezza e verità di ambedue.
E' per caso, districandomi a fatica in un pericoloso fantastico bosco che mi sono imbattuta nel casinetto di Don Giovanni.
Cercavo la via per il Monte Rodondo; mi aveva incuriosita la parola, poi la descrizione di un cacciatore. Era ora di andar per sentieri "alla mong" (permetti, amico Jerry?).
Beh, in verità sono sempre andata in cerca di sentieri perduti, ricoperti da vegetazione e frane, in cerca di nomi scomparsi dalle cartine moderne, di manufatti umani d' altri tempi...
Un avventura rischiosa.
Resti di sentiero/i quasi invisibili, strettissimi, a picco sul vuoto, valloncelli bricconi da attraversare, ostacoli costanti: frane, marciume di fogliame e legno in putrefazione, ricerche di passaggi, erbe ciularine ma pure gannette e franette ciularine, rami costantemente ad intralciare piedi e sferzare viso, un aggrapparsi a tutto ciò che capitava, siano ginestre, cespugli irti di spine, erbe ciularine o ciuffi primaverili, appigli di rocce franose, di radici poco sicure o da scavare con le unghie onde aggrapparvisi, canali scoscesi fatti di sola aria sospesa sul nulla.
Perché non ho mai avuto un attimo di paura? Ho continuato a respirare tranquilla, nemmeno un batticuore?
Eppure temo il vuoto, il viscido.
Mi sono persa al ritorno, avrò fatto più di una decina di tentativi per trovare i passaggi, piccozza in mano, sospesa più volte sul temuto baratro mortal...
"Sentir già parmi la fatale saetta, che gli piomba sul capo!
Aperto veggio il baratro mortal."
(Atto Secondo, Scena 24 dal "Don Giovanni")
Se temo vuoto e viscido, non temo invece la solitudine.
Già difficile trovare traccia della partenza del sentiero "giusto" sotto le cascine di Lasà, e difatti mi ci sono imbattuta dopo un buon venti minuti. Poi un continuo su e giù nelle condizioni descritte sopra.
A chi volesse ripetere l' itinerario, impossibile descriverlo. Al ritorno ho costruito tanti ometti nei punti che valutavo chiave. Ho gettato nel vuoto innumerevoli tronchi marcescenti e rami che solcavano il sentiero. Ho spezzato il capo a centinaia di felci innocenti. PRESTARE MOLTA ATTENZIONE all' attraversamento dell' ultimo torrente prima di salire al casinetto: bisogna ben ricordare dove si scende fino in riva, dove si attraversa e dove si risale il versante opposto. Proprio lì mi sono persa, quasi un ora senza fotografare niente, solo una calma certezza di trovare la via d' uscita...
"Quel casinetto è mio; soli saremo, e là, gioiello mio, ci sposeremo."
Ho subito pensato al delizioso momento di seduzione mozartiana tra Don Giovanni e Zerlina, vedendolo, sbucando dal bosco. Che gioiellino! Che grazia!
Mi sono avvicinata, senza osar disturbare gli amanti...
Ne ho fatto il giro, a passi silenziosi.
Poi, discese, su e giù alla ricerca della via per il Monte Rodondo. Col verde fogliame primaverile, impossibile indovinare la sua posizione.
Risalita. Al casinetto, lungo arrampicarsi molto verticale seguendo una traccia che sembra dover arrivare, dove? alla Punta della Forcoletta, bellissima pinna lassù nell' azzurro? ai pascoli dell' Alpe Ruscada?
Ridiscesa. Dal casinetto, lunga discesa molto verticale, nessun sentiero visibile sino a una magnifica dolcissima radura, meraviglioso momento di contemplazione.
Mi sento abbracciata affettuosamente da questo luogo. Inalo felicità, silenzio, bellezza, calma.
Una traccia sembra scendere al Ri di Ribellasca; esito: quanti su e giù, già!
Posso sempre tornare...
LA MIA VALUTAZIONE sulle difficoltà della gita va intesa per la difficoltà a trovare tracce di sentiero, passaggi, al loro carattere esposto quanto molto stretto, all' attraversamento dei rii, al non sapere in anticipo cosa calpesteranno gli scarponi sotto fogliame, sassolini, roccette, umidità, rami marci, all' aver faticato per quasi un ora al ritorno per ritrovare il passaggio "giusto". Durante questo giro ho praticamente usato le mani senza sosta. Impossibile inoltre valutare il dislivello complessivo, vista la particolarità del terreno e le ricerche dei sentieri. 300? 500? 800? anche magari 1000m?
Da quando ho scovato in libreria, divorandoli poi! i libri di Peter Wohlleben "La vita segreta degli alberi" e "La saggezza degli alberi". Divorateli anche voi, vi prego! Di gustosa lettura vi incanteranno come hanno incantato me e migliaia di lettori.
Osserverete gli alberi con molta più curiosità e amore.
Oggi vi ho fotografato un meraviglioso sentiero alberato...
"Quel casinetto è mio; soli saremo, e là, gioiello mio, ci sposeremo.
Là ci darem la mano, là mi dirai di sì.
Vedi, non è lontano, partiamo ben mio da qui."
(Atto Primo, Scena nona dal "Don Giovanni" di Mozart, libretto di Lorenzo da Ponte)
Qual legame tra Mozart e gli alberi?
Nessuno, a parte la profonda bellezza e verità di ambedue.
E' per caso, districandomi a fatica in un pericoloso fantastico bosco che mi sono imbattuta nel casinetto di Don Giovanni.
Cercavo la via per il Monte Rodondo; mi aveva incuriosita la parola, poi la descrizione di un cacciatore. Era ora di andar per sentieri "alla mong" (permetti, amico Jerry?).
Beh, in verità sono sempre andata in cerca di sentieri perduti, ricoperti da vegetazione e frane, in cerca di nomi scomparsi dalle cartine moderne, di manufatti umani d' altri tempi...
Un avventura rischiosa.
Resti di sentiero/i quasi invisibili, strettissimi, a picco sul vuoto, valloncelli bricconi da attraversare, ostacoli costanti: frane, marciume di fogliame e legno in putrefazione, ricerche di passaggi, erbe ciularine ma pure gannette e franette ciularine, rami costantemente ad intralciare piedi e sferzare viso, un aggrapparsi a tutto ciò che capitava, siano ginestre, cespugli irti di spine, erbe ciularine o ciuffi primaverili, appigli di rocce franose, di radici poco sicure o da scavare con le unghie onde aggrapparvisi, canali scoscesi fatti di sola aria sospesa sul nulla.
Perché non ho mai avuto un attimo di paura? Ho continuato a respirare tranquilla, nemmeno un batticuore?
Eppure temo il vuoto, il viscido.
Mi sono persa al ritorno, avrò fatto più di una decina di tentativi per trovare i passaggi, piccozza in mano, sospesa più volte sul temuto baratro mortal...
"Sentir già parmi la fatale saetta, che gli piomba sul capo!
Aperto veggio il baratro mortal."
(Atto Secondo, Scena 24 dal "Don Giovanni")
Se temo vuoto e viscido, non temo invece la solitudine.
Già difficile trovare traccia della partenza del sentiero "giusto" sotto le cascine di Lasà, e difatti mi ci sono imbattuta dopo un buon venti minuti. Poi un continuo su e giù nelle condizioni descritte sopra.
A chi volesse ripetere l' itinerario, impossibile descriverlo. Al ritorno ho costruito tanti ometti nei punti che valutavo chiave. Ho gettato nel vuoto innumerevoli tronchi marcescenti e rami che solcavano il sentiero. Ho spezzato il capo a centinaia di felci innocenti. PRESTARE MOLTA ATTENZIONE all' attraversamento dell' ultimo torrente prima di salire al casinetto: bisogna ben ricordare dove si scende fino in riva, dove si attraversa e dove si risale il versante opposto. Proprio lì mi sono persa, quasi un ora senza fotografare niente, solo una calma certezza di trovare la via d' uscita...
"Quel casinetto è mio; soli saremo, e là, gioiello mio, ci sposeremo."
Ho subito pensato al delizioso momento di seduzione mozartiana tra Don Giovanni e Zerlina, vedendolo, sbucando dal bosco. Che gioiellino! Che grazia!
Mi sono avvicinata, senza osar disturbare gli amanti...
Ne ho fatto il giro, a passi silenziosi.
Poi, discese, su e giù alla ricerca della via per il Monte Rodondo. Col verde fogliame primaverile, impossibile indovinare la sua posizione.
Risalita. Al casinetto, lungo arrampicarsi molto verticale seguendo una traccia che sembra dover arrivare, dove? alla Punta della Forcoletta, bellissima pinna lassù nell' azzurro? ai pascoli dell' Alpe Ruscada?
Ridiscesa. Dal casinetto, lunga discesa molto verticale, nessun sentiero visibile sino a una magnifica dolcissima radura, meraviglioso momento di contemplazione.
Mi sento abbracciata affettuosamente da questo luogo. Inalo felicità, silenzio, bellezza, calma.
Una traccia sembra scendere al Ri di Ribellasca; esito: quanti su e giù, già!
Posso sempre tornare...
LA MIA VALUTAZIONE sulle difficoltà della gita va intesa per la difficoltà a trovare tracce di sentiero, passaggi, al loro carattere esposto quanto molto stretto, all' attraversamento dei rii, al non sapere in anticipo cosa calpesteranno gli scarponi sotto fogliame, sassolini, roccette, umidità, rami marci, all' aver faticato per quasi un ora al ritorno per ritrovare il passaggio "giusto". Durante questo giro ho praticamente usato le mani senza sosta. Impossibile inoltre valutare il dislivello complessivo, vista la particolarità del terreno e le ricerche dei sentieri. 300? 500? 800? anche magari 1000m?
Tourengänger:
micaela

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Kommentare (19)