Monte Faierone (m.1715) e Punta Fronzina (m.1699)
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Dopo il lungo periodo piovoso ecco finalmente un pò di tregua... si fa per dire, visto che alla tarda sera di venerdì gocciolava ancora.
Apro la cartina, sapendo già la direzione cui puntare, e devo solo scegliere la destinazione finale, tenendo conto dei limiti di tempo imposti dagli spostamenti coi mezzi pubblici. Sabato: Valganna, Luino, Cannobio... in macchina non ci sarebbe voluto molto meno in fondo, dovendo "circumnavigare" il lago a nord. Sta di fatto che alle 8,15 sono sulla riva verbanese a me opposta, dove avviso "qualcuno" della mia presenza in loco all'ora in cui dovrò imbarcarmi al ritorno. ;)
Essendo una giornata in cui non so ancora se riuscirò nei miei intenti, poichè i sentieri son letteralmente "da strizzare", la inizio da par mio "perdendomi" a Cannobio, nonostante già sapessi dove parte il sentiero, visto che l'avevo percorso altre volte. :) Vabbè, persa una ventina di minuti al di quà, anzichè al di là, della Cannobina, aggancio la bella e viscida mulattiera per Sant'Agata, deviando poi a destra verso Cinzago. Il settore "a lago" di queste montagne mi manca, dunque perchè non provarlo, viste le mie mete odierne? Giungo in breve a San Bartolomeo, dove finalmente si comincia a salire nel bosco di castagni, quindi betulle, toccando l'Alpe Pizzocca (m.705) e i Prati d'Agro (o L'Agher m.980), da cui si gode di una magnifica vista, nonostante qualche velatura ancora persistente.
Da qui la musica cambia... se fino a San Bartolomeo era stato quasi tutto falsopiano, e la salita era iniziata fondamentalmente da lì, ora ci s'impenna seriamente in un bosco di betulle, con pendenze a tratti molto forti, sino ad uscire allo scoperto sulla dorsale W del Faierone, ormai ben visibile insieme alla dirimpettaia e spigolosa Punta Fronzina. Non manca poi molto, e osservo che la salita non dovrebbe offrire problemi, seppur il sentiero, pur ben marcato, non sia evidentissimo e in gran parte inerbato: qui faccio i miei unici incontri di oggi, due camosci, che poi rivedrò anche in cresta...
Giunto all'ultimo strappo, quando m'aspetterei che il sentiero ci giri intorno invece esso si eleva proprio al centro del ripidissimo sperone roccioso terminale, attrezzato in due punti con catene, non necessarie in salita ma senz'altro utili in discesa data l'esposizione del tratto. Superati i due passaggini non restano che gli ultimi metri su prato per raggiungere la vetta del Faierone, in cui oltre a un ometto si notano i resti di un monumento distrutto. La bella vista di cui ho goduto lungo la salita viene, ovviamente, parzialmente offuscata da nuvolaglie giunte insieme al sottoscritto, per cui dopo un veloce spuntino me ne riparto subito verso la non meno nebbiosa Punta Fronzina, stando attento ai passaggi su roccia bagnata. Alla forcella si deve oltrepassare una breve ganna, solitamente terreno prediletto, ma oggi autentica "saponetta" in cui è assai facile perdere l'equilibrio, finchè si risale in breve (con ausilio di altre catene, qui più utili viste le condizioni del terreno) sulla bella e isolata Punta Fronzina, ove completo il mio pasto prima di pensare al rientro.
Scendo dunque, sempre con attenzione, sul versante opposto (N) giungendo in breve al Passo di Percadugine, alle pendici della parzialmente innevata Cima Cruit, alla cui tentazione resisto: con un'oretta in più, forse... ;) Il mio programma prevede ora la discesa all'Alpe Pianone e a Rescerasca, da cui poter chiudere un anello ai Prati d'Agro: al passo la segnaletica italiana c'è, ma è il sentiero che - francamente - sfugge su questo paglione bagnato in cui ogni solco potrebbe sembrar tale. La cartina mi suggerisce di attraversare sotto Cima Cruit, e non scendere, per l'Alpe Pianone, e così faccio una volta individuata la traccia corretta e i poco visibili segnali biancorossi. In breve, nelle nebbie, trovo le rovine dell'Alpe, mentre purtroppo la fotocamera mi lascia "a piedi" impedendomi di documentare ciò che sto per descrivere... La nebbia m'impedisce innanzitutto di individuare Cortaccio e Rescerasca, verso cui dovrei puntare, e il sentiero si perde nel paglione, senza ch'io trovi più i segnali. Scendo guardandomi intorno, scorgendo una ganna sottostante che raggiungo e attraverso, riconsultando la cartina, la quale mi indica di stare a destra di un torrente, che difatti odo "tuonare" alla mia sinistra e mi aiuterà ad orientarmi per i 350-400 metri successivi di discesa. Discesa presto ravanosa, dapprima su felci "sdraiate" in una miriade di tracce d'animali, poi in boschi e sterpaglie: benchè la discesa sia ripida e sembri da un momento all'altro promettere un "salto" che mi costringerebbe a un brutto dietrofront, son rincuorato nel vedere sotto di me, e nemmeno troppo distanti, Cortaccio e Rescerasca. Il guaio è il torrente alla mia sinistra, che mi urla di stargli lontano e il cui fondo mai riuscirò a scorgere data la ripidità del suo versante: dovrò sempre stargli a destra, senza toccare Rescerasca, da cui vedo il chiaro sentiero attraversare il versante e che prima o poi, tra un ravano e l'altro, spero di raggiungere... Difatti, quando iniziavo a non poterne più, mi ci ritrovo proprio all'altezza delle rovine dell'Alpe Frignago (cartelli). Ora non resta che una lunghissima e fradicia attraversata in falsopiano, solcando innumerevoli vallette e rivoli, tra cui una - davvero bella e suggestiva tra bastioni rocciosi - proprio sotto a un ampio canale proveniente dalla Punta Fronzina, e che effettivamente avevo adocchiato prima di scendere dal Passo. Probabilmente (con cautela e con ravano), ma lo dico con riserva, si può scendere anche da lì. Si tocca anche le rovine dell'Alpe Aurone, finchè giungo al bivio dell'andata proprio sopra i Prati d'Agro, dove si chiude il breve ma tormentato anello. Con le ultime forze, messe a dura prova dal terreno ostico e viscido, scendo a Pizzocca e San Bartolomeo, e in breve sono a Cinzago. Qui, anzichè scendere, attraverso su asfalto a Socragno e Sant'Agata, dove faccio rifornimento d'acqua: e visto che non manca poi molto all'ora dell'imbarco, aumento il passo giungendo alla fine della mulattiera poco dopo le 17. Dieci minuti dopo sono all'imbarcadero, dove mi accoglie il buon Tapio, col quale faccio finalmente conoscenza...
Pochi minuti, con piacevole chiaccherata, e via verso Luino, fendendo piacevolmente aria e vento in totale solitudine, in consacrazione di un'altrettanto solitaria e suggestiva giornata di montagna.
NB. Cannobio-L'Agher T2 / L'Agher-Faierone-Punta Fronzina-Passo di Percadigine T4- (date le condizioni di bagnato) / Passo di Percadugine-Alpe Pianone-L'Agher T3 / L'Agher-Cannobio T2.
Apro la cartina, sapendo già la direzione cui puntare, e devo solo scegliere la destinazione finale, tenendo conto dei limiti di tempo imposti dagli spostamenti coi mezzi pubblici. Sabato: Valganna, Luino, Cannobio... in macchina non ci sarebbe voluto molto meno in fondo, dovendo "circumnavigare" il lago a nord. Sta di fatto che alle 8,15 sono sulla riva verbanese a me opposta, dove avviso "qualcuno" della mia presenza in loco all'ora in cui dovrò imbarcarmi al ritorno. ;)
Essendo una giornata in cui non so ancora se riuscirò nei miei intenti, poichè i sentieri son letteralmente "da strizzare", la inizio da par mio "perdendomi" a Cannobio, nonostante già sapessi dove parte il sentiero, visto che l'avevo percorso altre volte. :) Vabbè, persa una ventina di minuti al di quà, anzichè al di là, della Cannobina, aggancio la bella e viscida mulattiera per Sant'Agata, deviando poi a destra verso Cinzago. Il settore "a lago" di queste montagne mi manca, dunque perchè non provarlo, viste le mie mete odierne? Giungo in breve a San Bartolomeo, dove finalmente si comincia a salire nel bosco di castagni, quindi betulle, toccando l'Alpe Pizzocca (m.705) e i Prati d'Agro (o L'Agher m.980), da cui si gode di una magnifica vista, nonostante qualche velatura ancora persistente.
Da qui la musica cambia... se fino a San Bartolomeo era stato quasi tutto falsopiano, e la salita era iniziata fondamentalmente da lì, ora ci s'impenna seriamente in un bosco di betulle, con pendenze a tratti molto forti, sino ad uscire allo scoperto sulla dorsale W del Faierone, ormai ben visibile insieme alla dirimpettaia e spigolosa Punta Fronzina. Non manca poi molto, e osservo che la salita non dovrebbe offrire problemi, seppur il sentiero, pur ben marcato, non sia evidentissimo e in gran parte inerbato: qui faccio i miei unici incontri di oggi, due camosci, che poi rivedrò anche in cresta...
Giunto all'ultimo strappo, quando m'aspetterei che il sentiero ci giri intorno invece esso si eleva proprio al centro del ripidissimo sperone roccioso terminale, attrezzato in due punti con catene, non necessarie in salita ma senz'altro utili in discesa data l'esposizione del tratto. Superati i due passaggini non restano che gli ultimi metri su prato per raggiungere la vetta del Faierone, in cui oltre a un ometto si notano i resti di un monumento distrutto. La bella vista di cui ho goduto lungo la salita viene, ovviamente, parzialmente offuscata da nuvolaglie giunte insieme al sottoscritto, per cui dopo un veloce spuntino me ne riparto subito verso la non meno nebbiosa Punta Fronzina, stando attento ai passaggi su roccia bagnata. Alla forcella si deve oltrepassare una breve ganna, solitamente terreno prediletto, ma oggi autentica "saponetta" in cui è assai facile perdere l'equilibrio, finchè si risale in breve (con ausilio di altre catene, qui più utili viste le condizioni del terreno) sulla bella e isolata Punta Fronzina, ove completo il mio pasto prima di pensare al rientro.
Scendo dunque, sempre con attenzione, sul versante opposto (N) giungendo in breve al Passo di Percadugine, alle pendici della parzialmente innevata Cima Cruit, alla cui tentazione resisto: con un'oretta in più, forse... ;) Il mio programma prevede ora la discesa all'Alpe Pianone e a Rescerasca, da cui poter chiudere un anello ai Prati d'Agro: al passo la segnaletica italiana c'è, ma è il sentiero che - francamente - sfugge su questo paglione bagnato in cui ogni solco potrebbe sembrar tale. La cartina mi suggerisce di attraversare sotto Cima Cruit, e non scendere, per l'Alpe Pianone, e così faccio una volta individuata la traccia corretta e i poco visibili segnali biancorossi. In breve, nelle nebbie, trovo le rovine dell'Alpe, mentre purtroppo la fotocamera mi lascia "a piedi" impedendomi di documentare ciò che sto per descrivere... La nebbia m'impedisce innanzitutto di individuare Cortaccio e Rescerasca, verso cui dovrei puntare, e il sentiero si perde nel paglione, senza ch'io trovi più i segnali. Scendo guardandomi intorno, scorgendo una ganna sottostante che raggiungo e attraverso, riconsultando la cartina, la quale mi indica di stare a destra di un torrente, che difatti odo "tuonare" alla mia sinistra e mi aiuterà ad orientarmi per i 350-400 metri successivi di discesa. Discesa presto ravanosa, dapprima su felci "sdraiate" in una miriade di tracce d'animali, poi in boschi e sterpaglie: benchè la discesa sia ripida e sembri da un momento all'altro promettere un "salto" che mi costringerebbe a un brutto dietrofront, son rincuorato nel vedere sotto di me, e nemmeno troppo distanti, Cortaccio e Rescerasca. Il guaio è il torrente alla mia sinistra, che mi urla di stargli lontano e il cui fondo mai riuscirò a scorgere data la ripidità del suo versante: dovrò sempre stargli a destra, senza toccare Rescerasca, da cui vedo il chiaro sentiero attraversare il versante e che prima o poi, tra un ravano e l'altro, spero di raggiungere... Difatti, quando iniziavo a non poterne più, mi ci ritrovo proprio all'altezza delle rovine dell'Alpe Frignago (cartelli). Ora non resta che una lunghissima e fradicia attraversata in falsopiano, solcando innumerevoli vallette e rivoli, tra cui una - davvero bella e suggestiva tra bastioni rocciosi - proprio sotto a un ampio canale proveniente dalla Punta Fronzina, e che effettivamente avevo adocchiato prima di scendere dal Passo. Probabilmente (con cautela e con ravano), ma lo dico con riserva, si può scendere anche da lì. Si tocca anche le rovine dell'Alpe Aurone, finchè giungo al bivio dell'andata proprio sopra i Prati d'Agro, dove si chiude il breve ma tormentato anello. Con le ultime forze, messe a dura prova dal terreno ostico e viscido, scendo a Pizzocca e San Bartolomeo, e in breve sono a Cinzago. Qui, anzichè scendere, attraverso su asfalto a Socragno e Sant'Agata, dove faccio rifornimento d'acqua: e visto che non manca poi molto all'ora dell'imbarco, aumento il passo giungendo alla fine della mulattiera poco dopo le 17. Dieci minuti dopo sono all'imbarcadero, dove mi accoglie il buon Tapio, col quale faccio finalmente conoscenza...
Pochi minuti, con piacevole chiaccherata, e via verso Luino, fendendo piacevolmente aria e vento in totale solitudine, in consacrazione di un'altrettanto solitaria e suggestiva giornata di montagna.
NB. Cannobio-L'Agher T2 / L'Agher-Faierone-Punta Fronzina-Passo di Percadigine T4- (date le condizioni di bagnato) / Passo di Percadugine-Alpe Pianone-L'Agher T3 / L'Agher-Cannobio T2.
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