Ghiacciaio d’Aurona (2600 m) via Alpe Veglia
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Per la mia prima gita da pensionato scelgo il Parco Naturale Alpe Veglia, nel territorio comunale di Varzo, in Val Cairasca (una laterale della Val Divedro) nella provincia del Verbano Cusio Ossola (Piemonte).
Inizio dell’escursione: ore 7:50
Fine dell’escursione: ore 16:50
Pressione atmosferica, ore 9.00: 1021 hPa
Temperatura alla partenza: 16°C
Temperatura al rientro: 23,5°C
Isoterma di 0°C alle 9.00: 4700 m
Velocità media del vento: 8 km/h
Sorgere del sole: 6.40
Tramonto del sole: 20.16
Dopo due ore e venti minuti d’auto arrivo a San Domenico, località Ponte Campo (1319 m), in fondo alla Val Cairasca. Un prato in leggera pendenza funge da parcheggio. Al mio arrivo non ci sono posteggiatori: mi arrangio quindi da solo. Verso 3.- € nell’apposita buca lettere, scrivo su un foglietto il numero di targa dell’auto, lo assicuro con un sasso e mi preparo per l’escursione.
Alle 7:50 parto dal ponte sul Torrente Cairasca imboccando la cosiddetta “gippabile”, una pista che risale le ripide pendici del Pizzo Valgrande; tratti di terra battuta si alternano a tratti lastricati, questi ultimi in corrispondenza dei tornanti più impegnativi per i fuoristrada.
A partire dalla Cappella del Groppallo (1723 m), ubicata su un crinale erboso (da qui ne deriva il nome) la mulattiera si sviluppa, abbarbicata al fianco della montagna, su un impressionante orrido, la Forra del Groppallo, senza la benché minima protezione. Non la percorrerei con l’auto nemmeno se venissi pagato a peso d’oro!
All’ingresso della piana dell’Alpe Veglia, in località Porteia (1710 m) (Purteja), vengo gentilmente accolto da Silke che mi porge sulla lama del coltello un assaggio del suo formaggio stagionato. Mi trovo ad una baita che funge da “Casa del Parco”; qui c’è la possibilità di ristorarsi con limonate fatte in casa, yogurt, ricotta, burro e ovviamente formaggi. L’alpigiana, che svolge anche la funzione di guida escursionistica, nota immediatamente la piccozza fissata al mio zaino: mi interroga e mi dà qualche dritta sul sentiero glaciologico e sul ghiacciaio che desidero visitare.
Superato un ponte in pietra, appena fuori dal lariceto mi ritrovo nella splendida piana: alla destra osservo e fotografo la graziosa chiesetta intitolata a San Giacomo.
Come volgo lo sguardo ad Ovest rimango letteralmente a bocca aperta, strabiliato dal quadro naturale che mi ripaga con gli interessi della trasferta: che meraviglia!!!
È un paesaggio straordinario che non può lasciare indifferenti: alle spalle dell’insediamento di Cianciavero (1753 m) si erge la mole possente ed elegante del Monte Leone (3552 m) la montagna più alta delle Alpi Lepontine.

Monte Leone (3552 m)
È un crescendo di emozioni e di bellezza che aprono il cuore.
Noto che i rigogliosi pascoli sono privi di pietre: è il frutto di meticolosi spietramenti susseguitesi per secoli. Gli estesi pascoli di Veglia sono stati strappati in parte ai larici con periodiche opere di disboscamento, di irrigazioni e canalizzazione delle acque. Gli alpeggi più produttivi furono per secoli contesi con i pastori vallesani del Sempione e probabilmente anche con quelli antigoriani. Le dispute per questi pascoli sono più che comprensibili, se si pensa che nei secoli scorsi all’Alpe Veglia venivano caricati oltre mille bovini. Ancora oggi, benché Veglia appartenga al territorio comunale di Varzo, la proprietà di pascoli e baite è divisa tra Trasquera e Varzo.
Percorro la piana erbosa, il Vaccareccio, in direzione NW, seguendo la sterrata che attraversa il pascolo già ingiallito. Ai bordi dello stesso, ben distribuiti, si contano sei nuclei rurali: Cianciavero, Aione, Ponte, Isola, Cornù e La Balma. Le baite sono costruite con la grigia pietra locale, per cui sono in perfetta armonia sia con i massi erratici sia con le pareti delle montagne che coronano l’alpeggio. Circa 70 m dopo l’Albergo Alpino, trovo il segnavia che mi permette di imboccare il sentiero F 28, in direzione della Bocchetta d’Aurona.
La porzione inferiore del percorso che sale in direzione Ovest e che permette l’accesso al Sempione, fino ai piedi del Ghiacciaio d’Aurona, è stata attrezzata dal Parco come “Sentiero Glaciologico” autoguidato e dedicato alla morfologia glaciale. Alcuni pannelli divulgativi permettono di leggere le trasformazioni naturali del paesaggio alpino.
Lasciata la piana, lo scenario diventa ancora più spettacolare: non ci sono parole che possano descrivere tanta bellezza!
Continuo la salita su pascoli in parte gialli, in parte verdi, soprattutto in prossimità dei fiumiciattoli che alimentano il Rio d’Aurona. Dopo la metà di agosto le praterie alpine ingialliscono perché le piantine di Carice ricurva (Carex curvula) seccano precocemente in punta e curvano le foglie.
Ai Pascoli d’Aurona (2200 m), in un caldo asfissiante, ho la sorpresa di incontrare tre parigini. Sono intenzionati a raggiungere la Forca d’Aurona o Furggubaümlicke (2686 m), un valico alpinistico che porta in Vallese. Su questo passo si trova un piccolo e spartano rifugio; è una casermetta delle guardie confinarie svizzere che può fungere da ricovero d’emergenza.
Io continuo lungo il sentiero F 28. A 2250 m di quota trovo la famosa insegna in legno che recita “Siete 1500 m sopra il Tunnel del Sempione!!”. In verità, secondo la carta topografica, la verticale sul tunnel dovrebbe essere 440 m più avanti, ma va bene lo stesso…
Il sentiero glaciologico svolta a sinistra verso il Rossetto e scende di nuovo in direzione della piana di Veglia. Proseguo su un macereto dominato dalla Sassifraga gialla (Sassifraga aizoides) e da una moltitudine di pietre con striature di diversi colori. Mi trovo ad oltre 2300 m di quota, fra impressionanti morene, ma lo scenario è tutt’altro che desolato; quello che roccia, pietre, acqua, nevai e ghiacciai riescono ad orchestrare mi affascina sia per le forme che per l’intensità dei colori. I segnavia a vernice bianco-rossa si fanno sempre più rari. Il tracciato diventa più impegnativo: devo superare nevai e ripidi pendii ricoperti di sfasciumi e pietre instabili. La lingua del Ghiacciaio d’Aurona si sta frantumando in lembi e presenta delle profonde buche poco raccomandabili. Superato un passaggio infido, ai lati di una cascata, arrivo ad un altro lembo del ghiacciaio, a 2600 m di quota. Qui posso fotografare macigni e rocce con delle bellissime striature multicolori. È un ambiente veramente selvaggio: non c’è in giro anima viva!
Cammino da quasi 5 h ed ho già superato un dislivello di 1400 m: può bastare così!
Il Ghiacciao d’Aurona è agonizzante. Come quello del Leone rientra nel Catasto Ghiacciai del CGI (Comitato Glaciologico Italiano) e in quello WGI (World Glacier Inventory).
Ecco la scheda tecnica.
Numero catasto CGI: 338
Numero catasto WGI: I.4L01214-06001
Quota massima: 3350 m
Quota fronte: 2360 m (rilevamento 2009)
Lunghezza: 2200 m
Larghezza: 700 m
Esposizione: NW e NE
Superficie: 1,5 kmq
Ritornato a quote inferiori, riprendo il Sentiero Glaciologico in direzione di Rossetto, su un sentiero poco evidente, invaso dai cespugli e mal segnalato. In località Ponte riprendo la sterrata che mi riporta a Porteia, dove mi ristoro con i prodotti nostrani di Silke, prima di affrontare la discesa sulla gippabile, fino alla conca di Nembro.
La prima escursione all’Alpe Veglia, in una giornata perfetta, mi ha regalato delle forti sensazioni: dopo la dolcezza del vasto pascolo con l’impareggiabile cartolina del Monte Leone, ho assaporato l’asprezza della gola sul ghiacciaio che precede la Bocchetta d’Aurona.
Percorso in auto
Chiasso Brogeda – Gallarate – Gravellona Toce – uscita Varzo centro – San Domenico (162 km dalla dogana); 7,70 € di pedaggio autostradale; 2 h 20 min dalla dogana di Chiasso Brogeda.
Parcheggio a Ponte Campo: 3.- €.
Tempo di salita: 4 h 45 min
Tempo totale: 9 h
Dislivello in salita: 1397 m
Sviluppo complessivo: 21,2 km
Difficoltà: T2 fino a Pascoli d’Aurona (2200 m), T4 nell’ultimo tratto.
Copertura della rete cellulare: alcune zone senza campo.

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