Pizzo Lamè (2792 m) e dintorni - Valle Anzasca
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L'obiettivo di questa escursione, in una zona per me nuova, è molteplice: il poco noto Pizzo Lamè (la CNS riporta due cime con lo stesso nome a poca distanza l'una dall'altra: qui mi riferisco alla quota 2792 m, sulla cresta spartiacque tra Anzasca e Antrona), i Laghetti di Prebianca, il Marigal e l'Alpe Cortenero, sorta di alpeggio-museo dove è possibile ammirare due baite la cui copertura, stando ai pannelli illustrativi presenti a Mondelli e in loco, è stata realizzata (in epoca non precisata) con la tecnica costruttiva protostorica della "falsa volta".
Diciamo subito che il Pizzo Lamè mi ha impegnato più del previsto e alla fine ho rinunciato a salire anche il vicino Marigal per questioni di tempo.
Dal bel paesino di Mondelli mi incammino lungo il sentiero comodo e curato (erba tagliata, segni di vernice freschi) che, con numerose svolte nel bosco, tocca le baite dell'Alpe Motto e porta sul dosso panoramico dell'Alpe Colla, grande agglomerato di baite, in buona parte ristrutturate ed ancora utilizzate.
Dopo un'interessante conversazione con il gentile proprietario di una baita, mi incammino poggiando a sinistra (W) - inizialmente su una labile traccia - sui pendii alle spalle dell'alpe.
Sul colmo della dorsale sovrastante l'alpe trovo dei grossi ometti, quindi un serbatoio dell'acqua in una zona in piano, poi più nulla. Con percorso libero risalgo il pendio, sfruttando le numerose cenge erbose che salgono da sinistra verso destra, fino a raggiungere una zona acquitrinosa dove si trova la presa d'acqua dell'acquedotto dell'Alpe Colla. Sono un centinaio di metri a NE del dosso quota 2374 m CNS. Dopo una sosta per rinfrescarmi e ammirare la fioritura degli eriofori, mi porto sulla sinistra dello stagno e, all'inizio di una rampa erbosa, vedo un lungo muro a secco parallelo alla parete, probabilmente quello che resta di un riparo. La presenza di due vecchie travi a terra, tra il muro e la roccia, sembra indicare che forse in passato era presente anche un tetto ad una falda, ad integrazione della copertura naturale.
Risalgo la rampa e raggiungo un pianoro alla base di una giavina, sovrastata a sua volta dal canale che porta al Passo delle Lonze. Risalgo il fondo del canale, ingombro di sfasciumi instabili e, ad una biforcazione, proseguo in quello di destra, decisamente franoso. Arrivo così all'intaglio del Passo delle Lonze, dove il panorama si apre sulla valle Antrona e i quattromila in secondo piano: Alphubel e Dom.
A questo punto dovrei attaccare la cresta del Pizzo Lamè ma la suole, bagnate dalla rugiada, non mi danno sufficiente garanzia di tenuta tenuta sulle placche lisce che finiscono sul passo. In alto vedo rocce frantumate, appoggiate sul piano inclinato. Non è certo il contesto ideale in cui possa pensare di usare la corda per un'eventuale discesa, nel caso in cui non riesca a proseguire lungo la cresta.
Dopo un'interessante conversazione con il gentile proprietario di una baita, mi incammino poggiando a sinistra (W) - inizialmente su una labile traccia - sui pendii alle spalle dell'alpe.
Sul colmo della dorsale sovrastante l'alpe trovo dei grossi ometti, quindi un serbatoio dell'acqua in una zona in piano, poi più nulla. Con percorso libero risalgo il pendio, sfruttando le numerose cenge erbose che salgono da sinistra verso destra, fino a raggiungere una zona acquitrinosa dove si trova la presa d'acqua dell'acquedotto dell'Alpe Colla. Sono un centinaio di metri a NE del dosso quota 2374 m CNS. Dopo una sosta per rinfrescarmi e ammirare la fioritura degli eriofori, mi porto sulla sinistra dello stagno e, all'inizio di una rampa erbosa, vedo un lungo muro a secco parallelo alla parete, probabilmente quello che resta di un riparo. La presenza di due vecchie travi a terra, tra il muro e la roccia, sembra indicare che forse in passato era presente anche un tetto ad una falda, ad integrazione della copertura naturale.
Risalgo la rampa e raggiungo un pianoro alla base di una giavina, sovrastata a sua volta dal canale che porta al Passo delle Lonze. Risalgo il fondo del canale, ingombro di sfasciumi instabili e, ad una biforcazione, proseguo in quello di destra, decisamente franoso. Arrivo così all'intaglio del Passo delle Lonze, dove il panorama si apre sulla valle Antrona e i quattromila in secondo piano: Alphubel e Dom.
A questo punto dovrei attaccare la cresta del Pizzo Lamè ma la suole, bagnate dalla rugiada, non mi danno sufficiente garanzia di tenuta tenuta sulle placche lisce che finiscono sul passo. In alto vedo rocce frantumate, appoggiate sul piano inclinato. Non è certo il contesto ideale in cui possa pensare di usare la corda per un'eventuale discesa, nel caso in cui non riesca a proseguire lungo la cresta.
Che fare? E' ancora presto e sarebbe un peccato non sfruttare la giornata.
Scendo il canale franoso da cui sono salito e vado ad esplorare il ramo di sinistra, per valutare una possibile salita nella direzione opposta, cioè verso la Cresta delle Lonze. Ancora peggio: un salto verticale, su roccia appigliata ma dall'aria poco solida.
Scendo il canale franoso da cui sono salito e vado ad esplorare il ramo di sinistra, per valutare una possibile salita nella direzione opposta, cioè verso la Cresta delle Lonze. Ancora peggio: un salto verticale, su roccia appigliata ma dall'aria poco solida.
Esco quindi definitivamente dal canale e inizio a seguire una traccia di animali che costeggia la base delle rocce verso destra (E), in leggera salita. Ad un certo punto la parete alla mia sinistra inizia a presentare dei punti deboli: rampe inclinate che salendo si assottigliano fino a divenire impraticabili, poi un canalino dal fondo erboso. Lo risalgo e arrivo sulla cresta ma mi è difficile capire se sono arrivato in cima: verso Ovest (quindi verso il Passo delle Lonze) ci sono altre due sommità, che sembrano tutte all'incirca alla stessa quota. Nel dubbio le salgo tutte e controllo le quote. Su quella più a Ovest c'è un piccolo ometto e il mio altimetro segna la quota più alta, anche se solo per pochi metri, ed è esattamente quella riportata sulla mappa. Posso quindi dire senza ombra di dubbio di essere arrivato in cima al Pizzo Lamè, anche se in un modo poco elegante e molto più tardi del previsto. Breve pausa e riparto in direzione del Passo di Lareccio.
La cresta, pur mediamente pianeggiante, presenta numerosi salti, qualcuno superabile direttamente ( arrampicando in discesa oppure saltando), qualcuno con aggiramenti sulle esposte cenge erbose che caratterizzano il versante Sud. Arrivo all'ometto dell' anticima Est, nodo orografico tra la Conca dei Laghetti di Prebianca, il versante di Cortenero e la Valle Antrona.
Da qui la cresta si abbassa progressivamente verso il Passo di Lareccio, riproponendo sempre la stessa morfologia a salti che caratterizza il tratto pianeggiante. Sotto di me i laghetti, come gocce di zaffiro incastonate nella nuda roccia. Scendo così, tra arrampicate in discesa e traversi esposti, fino ad affacciarmi sopra il Passo di Lareccio, da cui mi separa uno strapiombo di qualche metro.
Non trovando un modo ragionevolmente sicuro per calarmi nell'intaglio, inverto la direzione e, traversando in piano verso Ovest, raggiungo la conca dove si trova il più alto dei Laghetti di Prebianca. E' un ambiente dotato di un fascino quasi irreale. Scendo agli altri laghi, circondati da lisce pietre montonate che fanno pensare a immagini di regioni subpolari e, con percorso libero, risalgo al colle dove passa il sentiero segnalato che porta dall'Alpe Colla verso la zona del Pizzo San Martino.
Qui provo a risalire per un primo tratto la cresta del Marigal ma presto mi rendo conto che, anche in questo caso, bisogna trovare i passaggi più opportuni. Può essere anche un gioco divertente ma ormai si è fatto tardi. Scendo quindi verso l'Alpe Cortenero, in un ambiente suggestivo di nude rocce coricate, dove il calpestio è assente ed è importante non perdere i segni di vernice e gli ometti, soprattutto in caso di nebbia. Arrivo all'Alpe Cortenero, con le baite restaurate a regola d'arte, i massi coppellati e i pannelli illustrativi, ricchi di informazioni su questo interessantissimo alpeggio. Bisognerebbe avere più tempo a disposizione per apprezzare a pieno un posto come questo ma oggi la giornata è andata così. Si tratta di un grande agglomerato di baite, caricato un tempo da famiglie di Borgone, strutturato come un piccolo paese. Al centro c'è anche una sorgente e una rudimentale canalizzazione.
Dopo una breve visita, il tanto che basta per capire dove sono le chiavi (all'interno del Bivacco Longa) e vedere almeno una delle false volte, mi incammino per l'Alpe Colla, dove si chiude questo giro non del tutto riuscito ma comunque molto interessante. Ripercorro quindi il sentiero fatto all'andata e in breve sono di ritorno a Mondelli.
Tourengänger:
atal

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