Pizzo Canariscio (2523 m) e Posmeda (2616 m) con le ciaspole
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Dopo dieci mesi ritorno al Pizzo Canariscio, questa volta da nord e sulla neve. Ieri la giornata è stata condizionata dalla pioggia intensa, oggi le condizioni meteorologiche sono più che accettabili: tempo asciutto, con qualche chiazza di sereno e assenza di vento per tutta la mattina.
Inizio dell’escursione: ore 6:00
Fine dell’escursione: ore 10:45
Pressione atmosferica, ore 9.00: 1015 hPa
Temperatura alla partenza: 3,5°C
Temperatura al rientro: 13,5°C
Isoterma di 0° alle 9:00: 3300 m
Velocità media del vento: 0 km/h
Sorgere del sole: 5:34
Tramonto del sole: 21:15
Per questa domenica ho preparato tre possibili escursioni con partenza dal Passo del San Gottardo: due con gli sci e l’altra con le racchette da neve.
All’arrivo al colle mi imbatto in un bancone di nebbia che mi induce ad optare per la racchettata.
Lascio l’auto nello spiazzo antistante il venditore di formaggi e mi incammino sulla stradina, da poco liberata dalla neve, in direzione del Lago della Sella. Lo raggiungo in 50 min, dopo aver superato alcuni conoidi di neve molto bagnata e dei tratti di strada trasformati in fiumiciattoli. Percorro la corona della diga lanciando degli sguardi al lago, in fase di disgelo, e sulla prima meta dell’escursione. All’estremità sud della corona calzo le racchette e seguo il percorso del sentiero estivo avvalendomi della catena che dà sicurezza sulla cengia ancora innevata. Nella conca che ospita i Laghetti degli Ovi (2363 m) mi soffermo a lungo per immortalare con delle foto il bellissimo e affascinante paesaggio.
Laghetti degli Ovi (2363 m)
Riprendo il cammino nel grande catino innevato puntando a sud verso i rifugi in pietra che precedono la vetta. Un maestoso stambecco mi osserva, immobile, dal crinale. Sembra una statua. Probabilmente è il capo branco, il maschio alfa che ha il compito di lanciare un fischio d’allarme agli altri individui del gruppo quando un intruso si avvicina troppo.
Man mano mi alzo di quota la neve diventa sempre più portate; in meno di mezzora di cammino dai laghetti, senza affaticarmi eccessivamente, pervengo alla palina storta che designa la vetta: Pizzo Canariscio geschafft!
Continuo per altri 50 m, in leggera discesa, fino alla baracca visibile da lontano sia da sud sia da nord. Mi affaccio alla finestra che si apre su una buona parte della Leventina e in particolare sul trafficato fondovalle. Nel silenzio della montagna mi lascio andare a riflessioni filosofiche. A tal proposito calza a pennello un brano estratto da una pubblicazione dello scrittore e geografo Eugenio Turri (Grezzana, 1927 – Verona, 2005):
“Il paesaggio e il silenzio”
Marsilio Editore, Venezia 2004.
Il rumore e il silenzio
Il tempo del paesaggio non è il tempo dell’uomo. Il tempo del paesaggio è il tempo del silenzio, il tempo dell’uomo è quello del rumore.
Osserviamo dall’alto di una vena alpina la vallata sottostante, densa di case, di campi, di traffici, di industrie. Tutto laggiù vive, è dinamismo, lo si avverte anche dal rumore che sale verso l’alto, che si fa sentire anche all’alta quota dove ci troviamo, da cui esala invece il silenzio proprio dell’alta montagna, dei luoghi di natura estranei ad ogni antropizzazione. E allora, constatando la diversità dei piani altitudinali e la crescita del silenzio con l’altitudine, si richiamano i versi di Gotama Buddha (nel Sattanipato): “Ove è rumore ivi è difetto, ciò che è pieno è in sé raccolto. Questo imparate dai flutti dei fiumi, dai rivi dei monti, dalle rumoreggiami cascate: loquaci fluiscono le loro correnti, tacito e grande ondeggia l’oceano…”.
È una metafora, questa del Buddha, o un modello di mondo che ha profonde implicazioni filosofiche. Da un lato, in basso, il brusio del mondo, il rumore, le cose che vivono e bruciano energia (rumore come attrito, attrito che produce calore, dissipazione di energia), dall’altro le cose che principiano e finiscono (il cielo, l’oceano) nei grandi silenzi del tutto e del nulla.
Ammiro, di nuovo, la Val Canariscio, valle che più di una volta ho desiderato percorrere con gli sci, in salita o in discesa: anche per quest’anno la stagione è ormai troppo avanzata.
Dopo le riflessioni indotte dal suggestivo panorama riprendo il cammino seguendo il crinale innevato che separa la Valle del Lago della Sella dalla Val Canariscio. Per ovvi motivi mi tengo a qualche metro di distanza dalle imponenti cornici di neve rivolte a sud. Inevitabilmente arriva il fischio d’allarme dello stambecco di guardia, che mi impedisce di fotografare da vicino il piccolo branco, rifugiatosi in pochi istanti sulle dirupati pareti meridionali, invisibili dal mio percorso. La meta principale di oggi dista esattamente 1000 m, corrispondenti ad un arco con una leggera curvatura, che congiunge le due cime. Cammino sulle impronte degli stambecchi, che si intensificano in prossimità delle rocce emergenti dalla neve. Qui gli animali sostano a lungo per leccare le pietre: sono pochi sali per arricchire la misera dieta invernale – primaverile.
Dopo due ore e quarantacinque minuti di cammino raggiungo per l’ennesima volta il Posmeda (2616 m), cima con il caratteristico omino dalla punta bianca.
Malgrado non ci sia il libro di vetta, non rinuncio alla perla di saggezza odierna:
“Senza dubbio noi dominiamo la natura a un grado mai visto, ma non siamo per niente riusciti a dominare il nostro dominio della natura”.
Marshall Sahlins (Chicago, 27.12.1930), antropologo.
La discesa, particolarmente piacevole, si svolge sugli ampi pendii innevati che digradano con pendenza variabile verso i Laghetti degli Ovi. Mi basta un’ora per raggiungere la testata della diga e ulteriori 40 min per concludere l’escursione al Passo del San Gottardo.
Racchettata di fine stagione nella Valle del Lago della Sella. La vallata offre diversi itinerari con durata e difficoltà crescenti: i più allenati possono spingersi fino al Pizzo Prévat o affrontare la traversata fino ad Andermatt via Wildenmattenhütte.
Agli amanti della fotografia consiglio di portarsi un teleobiettivo per fotografare la colonia di stambecchi stanziata tra il Posmeda e il Pizzo Canariscio.
Tempo di salita: 2 h 45 min
Tempo totale: 4 h 45 min
Tempi parziali
Passo del San Gottardo (2091 m) – Cascina della Bolla (2144 m): 20 min
Cascina della Bolla (2144 m) – Diga del Lago della Sella (2162 m): 31 min
Diga del Lago della Sella (2162 m) – Laghetti degli Ovi (2363 m): 40 min
Laghetti degli Ovi (2363 m) – Pizzo Canariscio (2523 m): 37 min
Pizzo Canariscio (2523 m – Posmeda (2616 m): 37 min
Posmeda (2616 m) – Passo del San Gottardo (2091 m): 1 h 40 min
Coordinate Posmeda: 690.360 / 156.675
Dislivello in salita: 524 m
Sviluppo complessivo: 10,2 km
Difficoltà: WT3
SLF: 1 (debole)
Libro di vetta: no
Copertura della rete cellulare: alcune zone con assenza di segnale
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