Monte Lema
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Per tornare al Lema, dove siamo stati entrambi decenni fa, decidiamo per una salita non diretta ma senz'altro ricca di panorami ed ambienti diversi. Partiamo con tutta calma da casa ed alle 9, dopo aver salito innumerevoli tornanti, parcheggio nei pressi della sbarra che chiude l'accesso alla stradina che porta dapprima all'Alpe Morandi e quindi al rifugio Dumenza. Dieci minuti ed abbiamo gli scarponi ai piedi, ci avviamo lungo la carrareccia che si abbassa di una cinquantina di metri per andare a guadare il Rio Colmegnino. Prima però passiamo per l'Alpe Morandi: tante baite abbandonate ed ormai in via di disfacimento. Una sola è stata ristrutturata con i Fondi Europei, come ci spiegherà il custode del rifugio Dumenza: servirà da laboratorio per lo studio delle muffe, anche altre baite dovrebbero essere ristrutturate. Speriamo: i soldi per la ricerca sono sempre ben spesi.
Guadiamo il torrente, risaliamo l'altro versante poi, poco prima di giungere al rifugio saliamo ad un belvedere con panchine ed una gran vista sul sottostante Lago Maggiore, c'è una notevole foschia ma anche così il panorama è superbo. Proseguiamo ed in un attimo siamo al rifugio Dumenza, l'accoglienza è veramente calorosa, passiamo una buona mezz'ora a parlare della valle, della sua storia, del rifugio e di tanto altro, il caffè ci viene offerto. Matteo, il custode, ci conferma che il giro che intendiamo fare è senz'altro il migliore per salire al Lema da questo versante: più dolce e più panoramico rispetto alla salita dal rifugio Pradecolo.
Ripartiamo, in breve siamo all'Alpe Pra Bernardo i cui prati sono disseminati di narcisi, da qui raggiungiamo l'Alpe Fontana, che pare essere caricata ed è in buone condizioni. I tetti sono in lamiera ma tant'è: meglio una copertura in lamiera che una baita senza alcun tetto.
Da qui si diparte il sentiero che con vari tornanti nel bosco ci porta all'Alpe di Dumenza, questa invece è un rudere ma con una gran vista. Con qualche saliscendi arriviamo a Pian Pulpito dove il bosco lascia spazio al pascolo e da dove si vede anche il sottostante Lago di Lugano, la foschia non permette di vedere molto: il San Salvatore, il Boglia ed i Denti della Vecchia più che vedersi si indovinano.
Saliamo verso il Moncucco, avevo letto della notevole erosione di questo versante ma non pensavo fosse tanto accentuata: un autentico disastro.
Il sentiero contorna la cima del Moncucco sul lato occidentale, vediamo le prime Genziane acaulis, da qui ne incontreremo a centinaia.
Il cielo è solcato da diversi alianti telecomandati, poco sopra infatti ci imbattiamo in un consistente gruppo di aeromodellisti intenti a far volare i loro velivoli.
Eccoci in cima...bisogna dire che fra degrado del suolo, antenne varie, radar, croci enormi e funivie non manca nulla per snaturare l'ambiente. Ammiriamo quel che si può vedere del panorama poi facciamo la nostra sosta per desinare nei pressi del cippo di vetta. Per la fine pranzo scartiamo l'idea di scendere a gustarci un "caffè" svizzero ripromettendoci di prenderne uno al rifugio Campigli al Pradecolo.
Ci avviamo lungo il bel sentiero che percorre la cresta Ovest del Monte Lema, poco sotto la cima incontriamo delle Primule hirsute in gran quantità poi praterie di mirtilli. Entriamo nel bosco e raggiungiamo l'Alpe Pian di Rumo, tante baite diroccate ma una ristrutturata.
Ormai siamo su una stradina forestale ed in breve eccoci ritornati alla civiltà: al Pradecolo ci sono decine di auto e persone schiamazzanti, a giudicare dall'abbigliamento saliti qui solo per mangiare. Vabbè prendiamo i nostri caffè ed usciamo. L'idea di scendere lungo la strada non ci solletica molto per cui, studiata la carta, decidiamo di allungare un po' la strada del ritorno prendendo una strada forestale che va verso Nord Est e poi scende verso Pragaleto senza incrociare l'asfalto.
Sbuchiamo nei pressi della comunità di frati benedettini che ha qui un suo convento e percorriamo su asfalto solo il centinaio di metri che ci separa dalla nostra auto.
Bella gita, questo percorso è senza dubbio quello che offre la maggior varietà di ambienti e panorami. Permette anche di passare dal rifugio Dumenza dove l'accoglienza è veramente calorosa.
A differenza del rifugio Campigli che è solo un ristorante fuori mano, il Dumenza, nonostantante la quota non certo alta, è un vero rifugio.
Guadiamo il torrente, risaliamo l'altro versante poi, poco prima di giungere al rifugio saliamo ad un belvedere con panchine ed una gran vista sul sottostante Lago Maggiore, c'è una notevole foschia ma anche così il panorama è superbo. Proseguiamo ed in un attimo siamo al rifugio Dumenza, l'accoglienza è veramente calorosa, passiamo una buona mezz'ora a parlare della valle, della sua storia, del rifugio e di tanto altro, il caffè ci viene offerto. Matteo, il custode, ci conferma che il giro che intendiamo fare è senz'altro il migliore per salire al Lema da questo versante: più dolce e più panoramico rispetto alla salita dal rifugio Pradecolo.
Ripartiamo, in breve siamo all'Alpe Pra Bernardo i cui prati sono disseminati di narcisi, da qui raggiungiamo l'Alpe Fontana, che pare essere caricata ed è in buone condizioni. I tetti sono in lamiera ma tant'è: meglio una copertura in lamiera che una baita senza alcun tetto.
Da qui si diparte il sentiero che con vari tornanti nel bosco ci porta all'Alpe di Dumenza, questa invece è un rudere ma con una gran vista. Con qualche saliscendi arriviamo a Pian Pulpito dove il bosco lascia spazio al pascolo e da dove si vede anche il sottostante Lago di Lugano, la foschia non permette di vedere molto: il San Salvatore, il Boglia ed i Denti della Vecchia più che vedersi si indovinano.
Saliamo verso il Moncucco, avevo letto della notevole erosione di questo versante ma non pensavo fosse tanto accentuata: un autentico disastro.
Il sentiero contorna la cima del Moncucco sul lato occidentale, vediamo le prime Genziane acaulis, da qui ne incontreremo a centinaia.
Il cielo è solcato da diversi alianti telecomandati, poco sopra infatti ci imbattiamo in un consistente gruppo di aeromodellisti intenti a far volare i loro velivoli.
Eccoci in cima...bisogna dire che fra degrado del suolo, antenne varie, radar, croci enormi e funivie non manca nulla per snaturare l'ambiente. Ammiriamo quel che si può vedere del panorama poi facciamo la nostra sosta per desinare nei pressi del cippo di vetta. Per la fine pranzo scartiamo l'idea di scendere a gustarci un "caffè" svizzero ripromettendoci di prenderne uno al rifugio Campigli al Pradecolo.
Ci avviamo lungo il bel sentiero che percorre la cresta Ovest del Monte Lema, poco sotto la cima incontriamo delle Primule hirsute in gran quantità poi praterie di mirtilli. Entriamo nel bosco e raggiungiamo l'Alpe Pian di Rumo, tante baite diroccate ma una ristrutturata.
Ormai siamo su una stradina forestale ed in breve eccoci ritornati alla civiltà: al Pradecolo ci sono decine di auto e persone schiamazzanti, a giudicare dall'abbigliamento saliti qui solo per mangiare. Vabbè prendiamo i nostri caffè ed usciamo. L'idea di scendere lungo la strada non ci solletica molto per cui, studiata la carta, decidiamo di allungare un po' la strada del ritorno prendendo una strada forestale che va verso Nord Est e poi scende verso Pragaleto senza incrociare l'asfalto.
Sbuchiamo nei pressi della comunità di frati benedettini che ha qui un suo convento e percorriamo su asfalto solo il centinaio di metri che ci separa dalla nostra auto.
Bella gita, questo percorso è senza dubbio quello che offre la maggior varietà di ambienti e panorami. Permette anche di passare dal rifugio Dumenza dove l'accoglienza è veramente calorosa.
A differenza del rifugio Campigli che è solo un ristorante fuori mano, il Dumenza, nonostantante la quota non certo alta, è un vero rifugio.
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